20161222

#1514

La barba non punge
a limite unge
perché a tavola da bavaglio funge
e dal piatto tutto l'olio munge

#1513 (Le ultime mosche #80)


VINICIO IL VINO

Dall'ultima volta che sono venuto è aumentata l'unità di misura del vino.

#1512

Un collo così delicato e sottile che nessuna camicia, nemmeno la più stretta, le stringe mai la gola. Spazio per il desiderio.

20161221

#1511 (Le ultime mosche #79)


RABIT

Non poteva recedere d tutto il bene che le voleva. Ora stava a trasformarlo da amore passionale in amore fraterno. Ma non sarebbe mai potuto diventare né il fratello maggiore che lei non aveva mai avuto, poiché aveva ben poco da insegnarle, né il fratello minore che avrebbe sempre voluto, perché non voleva essere protetto.

#1510

La prima volta che il padre aveva provato a coinvolgerlo nella – o, per meglio dire, a travolgerlo con la – sua esaltazione per lo sport fu a tre anni, gettandolo in una piscina piena di cloro e bambini schiamazzanti, da cui lui scappò urlando a sua volta come per sfuggire a un covo di zombie affamati.
Non pago, una decina di anni dopo il padre lo prelevò dalla sua isola di felice autarchia intellettuale e lo fece atterrare sul linoleum di una scuola di basket piena di ragazzi più bravi e soprattutto più alti di lui. Ricordava ancora con vago orrore la puzza di gomma e acrlico, l'afrore di spogliatoio, perfino l'odore dell'interno dell'auto nelle sere d'inverno sulla strada per la polisportiva.

20161220

#1509 (Le ultime mosche #78)


SHAKEDELIC

E visto che non poteva più mangiarne, fece almeno in modo di avere in camera un deodorante per ambienti al profumo di mela verde.

#1508

Fu così che capì che la levitazione non era un superpotere o una cazzata del genere, ma consisteva in un puro e semplice sovvertimento della più elementare delle leggi fisiche. Basato su una relativa mancanza di peso, più che al volo il suo modo di muoversi somigliava a quello degli astronauti che aveva visto in TV fin da bambino: passi lunghissimi, verso l'alto e in avanti, a superare ostacoli lungo la strada mentre gli altri restavano ancorati indietro.

20161219

#1507 (Le ultime mosche #77)


TETRAPLEX

Cercava un loculo comodo. E non appena trovò una pietra tombale abbastanza liscia, vi si stese sopra e fece il suo buon quarto d'ora di sonno.

#1506

E se ne stava lì ferma in piedi all'incrocio, cinese e addormentata, mentre il verde era già scattato da un pezzo. Non mi era mai capitato di vedere un modo di dire dal vivo.

20161218

#1505 (Le ultime mosche #76)


INCONTRIAMOCI DAI LIBRI

Non si possono nascondere le cose che contano veramente. Non si può mentire su quel che si sente davvero. È per questo che annunciai alla mia auto la data della sua morte. È per questo che ti dissi che ti amavo.

#1504

Preso tra due fuochi, la pace notturna interrotta dall'impietoso attacco bilaterale, sono costretto a uscire dal sonno con le mani alzate, stiracchiandomi rumorosamente. Se almeno le due sveglie suonassero in sincronia...

20161217

#1503 (Le ultime mosche #75)


LA SLIDE DI BEN HARPER

Facemmo l'amore la notte stessa a casa sua.
"Zitta," le sussurrai, "di là c'è tua sorella col suo ragazzo."
"Non m'importa," disse lei, "voglio urlare tutta la notte!"
Il giorno dopo entrando in cucina c'era tutto il gruppetto che m'aspettava sorridendo. Feci colazione sotto i loro sguardi ammiccanti.
"E smettetela," sorrisi, cercando di trattenere la risata.
La sorella rideva pure lei: "Non aveva mai urlato, lo sapevi?"
"Non fate così," risi anch'io, "provavamo la Turandot."
"Sì, sì", in coro.
"Lo giuro, la parte del soprano."

#1502

Ma come fa, mi chiedo, una persona che ha varcato tante porte, non escluse quelle attraverso se stessa, e che si è stesa nuda davanti a tutti su una tavola per dissezioni anatomiche, ad avere problemi col fatto che la porta del bagno non ha la chiave?

20161216

#1501 (Le ultime mosche #74)


THE DEVIL IN THE FLESH

Sai, cercava un'attrice che interpretasse tutti i suoi film. Quando la trovò la sposò. Ma anche lei era una cinefila incallita, e ora passano il tempo a filmarsi l'un l'altra ovunque, sotto la doccia, tra i campi nel vento, a letto o a colazione. Ognuno è diventato l'unico attore dei film dell'altro.

#1500

L'ambientazione era perfetta, nell'inquietudine che emanava, per quel genere di trip: un largo corridoio nero, altissimo, con teli scuri al posto delle pareti e un'uscita lontana, là in fondo. E quella locusta (malata? impazzita? in ogni caso evidentemente fuori di sé) continuava a saltare da un punto all'altro, con l'unico apparente scopo di cadermi addosso il più spesso possibile.
Mia sorella, che aveva paura più per me che per altro, faceva di tutto per difendermi da quel martirio, ma non c'era modo ti tenere lontana la bestiaccia, di cui sentivo il pesante tonfo sul corpo ogni volta che mi si gettava contro.
L'ultimo attacco fu il più violento: stramazzato al suolo e impietrito dal terrore, sentivo il mostro colpirmi ripetutamente ma sempre nello stesso punto, le zampe e le ali ticchettarmi e sfarfallarmi nel palmo della mano (prudentemente protetta da un guanto da giardinaggio, che era ormai l'ultimo baluardo contro il mio incubo peggiore).

20161215

#1499 (Le ultime mosche #73)


KO-DO-MONDO

"La supplico, signor Webern, un po' d'armonia... La prego, nemmeno una concessione alla melodia?"
E allora Anton uscì dall'ufficio del suo agente, rigido e intransigente come un quandro di Mondrian.

#1498

Non aveva ancora capito che non si poteva fumare rabbiosamente una pipa, che non era un sostituto delle sigarette ma piuttisto in qualche modo il suo opposto, che ci voleva cura e pazienza per suicidarsi così lentamente.

#1497 (Le ultime mosche #72)


SPARAI A MAUPASSANT

Fu magia, non c'è dubbio, quella invisibile, minuscola e silenziosa magia della sera qualunque, polvere da sparo o di stelle, il mormorio dell'acqua, il volo di piume d'oca, la mia paura da coniglio, circense bilico su un cerchio invisibile. Qualcuno continua a chiamarlo amore.

20161214

#1496

Gennaio sussurra a Febbraio
Febbraio chiacchiera con Marzo
Marzo scrive ad Aprile
Aprile telefona a Maggio
Maggio s'incammina verso Giugno
Giugno bussa alla porta di Luglio
Luglio è parente di Agosto
Agosto caracolla verso Settembre
Settembre inciampa su Ottobre
Ottobre sbatte contro Novembre
Novembre cade adosso a Dicembre
Dicembre viene giù e Gennaio è di nuovo qui

20161213

#1495 (Le ultime mosche #71)


SPARAI EN PASSANT

A Klaus quella pancetta cominciava a dare fastidio. Jeremy, invece, aveva una fisicità tutta sua, nervi e rughe d'attore, e la faceva da padrone in quel rapporto che chi li conosceva aveva odiato fin dal primo momento, ma che li aveva spinti in un vortice d'amore, canzoni e costumi di cabaret.

#1494

Uno dei russi che aiutava mio padre per l'estate entrò in corridoio con la mia bici e mi chiese le chiavi del lucchetto, "per andare in centro," disse. Era grande e muscoloso, mi pare si chiamasse Yuri.
Lo guardai come a dire che lui con quella bicicletta non andava da nessuna parte.
"È la mia bici," si giustificò lui.
"È la mia bici," precisai io.
E dato che il suo sguardo di piombo non desisteva dal proposito, fui costretto a mettere in chiaro alcune cose.
"Dov'era quella bici quando sei arrivato qui in paese? Era già qui. E quando sei arrivato tu? Due anni fa. E io? Io in questa casa ci sono cresciuto. E quando sono tornato dal mio viaggio? Ieri. E il fatto che negli ultimi due anni tu abbia usato la mia bici la rende forse tua? No."
Lo ringraziai per avermela tenuta come nuova e gli feci capire che la sua eventuale insistenza non sarebbe stata ben vista da mio padre, se gliene avessi parlato.
A questa velata minaccia parve rabbonirsi, ma nelle rughe della sua fronte leggevo una contrarietà tutt'altro che sopita e che, lo sapevo, avrebbe continuato a minacciarmi nei giorni successivi.
Qualcosa andava fatto...

20161212

#1493 (Le ultime mosche #70)


SPARAI A UN PASSANT

Se fossi donna mi innamorerei di movimenti così esatti, ma essendo uomo mi innamorai della cameriera, simile a una ballerina di velluto che piroetta tra i clienti, precisa, perfetta, piroetta.

20161211

#1492

Avanti, fa un passo verso la pista e dille qualcosa, qualunque cosa, dille che è bellissima, anzi che così è ancora più bella, nonostante la tuta, dille che ti piace come le sta quella tuta, nonostante sia grigia e bagnata e probabilmente maleodorante, che ti piace come la tuta le sta appiccicata addosso, che ami il grigio, che ami il suo odore, dille qualunque cosa che la faccia smettere di ballare per un momento e ti permetta di essere per quel momento l'unico oggetto della sua attenzione.

#1491 (Le ultime mosche #69)


THE AMERICAN BEAUTY CASE

Il cane se ne sta sdraiato, forse morto, al centro della strada. Allora il pullman rallenta, si ferma, suona. Il cane niente, e un uomo scende. Il cane alza un orecchio. Poi si smuove lentamente, si stiracchia e placidamente si sposta. Tutto questo in un tranquillo pomeriggio di Marzo.

#1490

Ah, è schizzinosa col cibo? Non mangia uova, pesce e riso? Peccato, sembrava simpatica, una ragazza così per bene.

20161210

#1489 (Le ultime mosche #68)


SWINGING YOUR SWING

Discussero allegramente tutta la sera, convinti di narrare l'uno all'altra la propria storia, la vita che credevano di loro proprietà. E invece non facevano altro che parlare delle persone che l'uno e l'altra amavano, e che erano rimaste a casa.

20161207

#1488

E quando l'auto comincia a sbandare troppo, scendiamo e continuiamo a piedi.
I larghi tornanti ghiacciati sono privi di guardrail, il paesaggio in fondo alla valle è bianco e spaventoso come il paradiso.
Ci inerpichiamo su per un sentiero a gradoni, costruito su una struttura di legno che la neve non ha ancora coperto del tutto. Sotto i nostri piedi una sensazione di lana grezza.
Affondiamo sempre di più man mano che ci avviciniamo alla cima del castello...

20161206

#1487 (Le ultime mosche #67)


AMERICAN DUTY

Se esiste l'asparagina, si disse Jost uscito dal bagno, allora esiste anche la rucolina, lo giuro.

#1486

Non sono scappato. Sono solo arrivato in un altro posto.

20161205

#1485 (Le ultime mosche #66)


ASSOLO DI ASSHOLE

Aveva deciso di arrivare dopo e di andarsene prima.
Così si perse l'omelia. Stette sulla porta in disparte, per non essere visto da lei, che stava in piedi accanto alla sorella e alla madre, nella chiesa in cui tutti erano sparsi, dispersi e sparuti.
Decise di sparire prima che lo vedessero, e che lei non avrebbe mai dovuto sapere che lui considerava quello l'unico modo di conoscere suo padre e di chiedergli la mano della figlia.

#1484

Quando arrivai, il sole non aveva ancora illuminato tutto il cantiere, che appariva mezzo vuoto. Chiesi a Roberto dov'erano i miei uomini, e lui mi accompagnò verso il portone.
"Eccoli che tornano dal caffè... ne prendi uno anche tu?"
Quando ci incamminammo nella neve per lo stretto vicolo che portava al paese non riuscii più a trattenermi.
"Te lo chiedo per curiosità," dissi, "tanto ho capito che non potrei farci comunque niente."
Il volto di Roberto era quello di un classico caratterista in un classico poliziesco italiano, che qui in America facava ancora più effetto, come se rispettasse un retaggio a suo modo nobile, da rispettare e temere. "Ma come funziona esattamente questa storia dei no-show jobs?"
Fu allora che l'auto dietro di noi accelerò improvvisamente, sollevando neve come lana in un cuscino. Facemmo appena a tempo a uscire dal vicolo che quella ne sbucò fuori a tutta velocità, andandosi poi a schiantare nel cortile della villa di fronte. Dall'incendio che ne scaturì venne fuori una donna di mezza età con l'aria da stronza, molto attraente ma anche molto sconvolta, e ci chiese aiuto.
Che dato il suo comportamento avremmo dovuto negarle. Ma il sangue italiano di Roberto fu più forte, e corremmo verso di lei. Che però scappò dentro casa (che si rivelò quindi di sua proprietà) guardandosi indietro come se fosse seguita. Ma non da noi. Che, non vedendo nessuno, la seguimmo nel garage. Dove trovai un estintore e, la prima cosa che mi venne in mente, spensi il focolaio.
L'interno della villa era enorme e lussuoso – una cosa inimmaginabile se valutata dall'esterno: grandi scale salivano ma soprattutto scendevano un ampie hall ricoperte di marmo. Un lavoro pacchiano ma molto ben fatto.
Intanto però gli uomini che seguivano la donna erano entrati in casa e si erano sparpagliati, e fu chiaro allora che dovevamo scappare anche noi. E la donna? I domestici? Ora non vedevo più nemmeno Roberto, ed erano già partiti i primi colpi. Quando mi trovai davanti al mio primo morto presi da terra la sua pistola e la puntai contro il primo uomo che mi venne incontro. Era un signore molto ben vestito, un po' avanti con l'età e con l'aria smarrita. Non aspettai di sapere se era armato, e gli sparai nel petto senza esitare.
Il colpo fece poco rumore ma l'uomo si accasciò. Era come se un gioco fosse finalmente finito, perché tutti smisero di sparare e non dissero niente.

20161204

#1483 (Le ultime mosche #65)


DEFIGHT WITHOUT FIGHTING

Con il treno fermo così, e il finestrino aperto su questo campo di, cosa, cedri? peschi? (non ci avevo mai capito niente, di botanica) potrei calarmi anche adesso, disse Salvatore Ortese assaggiando con la lingua il freddo della campagna acuminato come una spina, e restare qui, anche per sempre, su questo marciapiede al bordo della rotaia.
La mente non m'aiuta, è per questo che non camperò a lungo.

#1482

A quanto pare nel futuro, per quanto distopico, esisteranno ancora le felpe, per fortuna.

20161203

#1481 (Le ultime mosche #64)


MISS M

Fui svegliato indubbiamente dalla luce che bagnava le pareti, completamente bianche e vuote, entrando dal finestrone alto e lungo proiettato direttamente su Harper VAlley, PTA.
Un nuovo giorno in Oklahoma, un nuovo giorno buono per morire.

#1480

Topanga. Topanga. È tutto ciò che aveva da dirmi la bellissima donna nera, costume a fiori sul piroscafo del magnate. Topanga. Non so nemmeno se fosse il suo nome, quello di un luogo o una parola in codice. Non so nemmeno se fu davvero tutto ciò che mi disse, perché intanto cominciai a sentirmi male, lo sguardo offuscato, l'equilibrio precario. Quel che avvenne poi si mescola al sopore indotto del sonno artificiale.

20161202

#1479 (Le ultime mosche #63)


COTTI DALLA LUCE AMERICANA

L'America è una grande piscina: non puoi entrarci se non hai fatto prima la doccia, e quando ne sei uscito ti devi lavare di nuovo.

#1478

A Los Angeles lo sanno tutti: è una casa in legno su tre piani alla fine del Miracle Mile verso Fairfax, e al suo interno sono ancora gli anni '50. Non solo ogni oggetto, ogni mobile e ogni altro arredo, né semplicemente ciò che è contenuto in ogni cassetto, credenza o scansia, ma tutto: l'aria, le persone che vengono in visita e il tempo che vi strascorrono all'interno. Qui dentro il 2016 si interrompe, ed è un anno imprecisato tra il 1950 e il 1959, il fatto è noto a tutti.
Quello che non sappiamo è se sia possibile acquistare qualcosa, come sembrerebbe logico a L.A., oppure tutto debba essere lasciato lì dove lo troviamo. Nel dubbio prendo quattro pacchetti di sigarette, anche se, malgrado i miei dollari siano adesso validi per l'anno in corso qui dentro, non so a chi pagarle.
Quando scendiamo lo scalone verso la strada, il tempo riprende a scorrere più velocemente, tanto che i nostri volti impallidiscono e smagriscono per il cambio epocale fino a sembrare una maschera di Halloween. Sarà per questo che tutti ci guardano male? O è per la storia delle sigarette?
Meno spiegabile è perché tutti impallidiscano come noi, e soprattutto perché si muovano tutti in coppia e, simili a gemelli e altrettanto identicamente tra loro vestiti, imitino i nostri movimenti, in un gioco di specchi infinito e alquanto macabro.
Quando svoltiamo sul boulevard tutti svoltano con noi, quando allunghiamo il passo tutti lo allungano come noi, e quando scappiano scappano anche loro. O piuttosto ci inseguono?

20161201

#1477 (Le ultime mosche #62)


HO PAURA DEL VELENO

Tutta la spontaneità che i critici evincono dalle sue poesie è una balla immonda. Io la conoscevo. Scriveva una serie di parole che in francese iniziano per V e poi mi chiedeva: "Quale ti fa più paura?" o "Quale ti piace di più" e poi se ne andava col suo elenco chiedendosi che effetto avrebbe fatto quella parola nel resto della poesia.

#1476

Come può non capire di essere così sensuale stesa sul letto bianco con quel vestito rosso e tutta bagnata? Il seno nudo nel corpetto troppo largo, il clitoride puntato sotto al velo reso aderente dall'acqua, i capelli neri, ricci e lunghi e umidi sparsi sul cuscino, praticamente un'unica enorme vulva eccitata mentre digita indolente al cellulare frasi che hanno senso solo per lei, una provocazione bella e buona.