20120531

#148

Il suo volto compare la prima volta dietro a un finestrino del treno che ho intenzione di prendere; poi è improvvisamente in ogni vagone di ogni treno della stazione in cui aspetto. Il treno comincia a muoversi, e da ogni finestrino di ogni scompartimento l'uomo si affaccia ancora, continuamente nella stessa posizione, ripetutamente davanti a me, indipendentemente dal movimento del treno, come un incubo a ripetizione. Quando corro per saltare di nascosto tra un vagone e l'altro, è ancora lui che mi tende la mano e mi aiuta a salire.
"Con questa stretta" dice accendendo poi due sigarette e porgendomene una, "sei ufficialmente diventato anche tu un viaggiatore acrobata."
Facciamo un lungo tratto di strada assieme senza quasi mai parlare, e ci salutiamo fraternamente quando arriva il mio momento di scendere per tornare a casa.
La villetta sorge presso una curva lungo i binari, il giardino è curato anche se sembra abbandonato, gli attrezzi ancora ammucchiati ordinatamente presso il muretto che abbraccia l'orto. Quando entro in casa mia madre è lì, come l'anno scorso, più vecchia di un anno. È di spalle, e non si volta a guardarmi. E lui è anche lì, accanto a lei, e mia madre si rivolge a lui chiamandolo col mio nome, trattandolo come un figlio, come se fosse suo figlio. Come se fosse me. E capisco che con quella stretta ho dato molto più io a lui di quanto lui abbia dato a me.

20120526

#147

L'auto era una cadillac bianca che ci eravamo procurati pochi giorni prima, di quelle coi sedili di pelle neri messi per lungo e il vetro divisorio tra l'autista e i passeggeri, e le tre signore pesantemente ingioiellate e impellicciate sembravano molto contente del trattamento.
Vladich se ne stava in silenzio a fissare il panorama innevato che scorreva fuori dai finestrini rigati di pioggia, mentre io facevo da cicerone:
"Lassù è la zona dei russi, poi più giù viene quella dei polacchi, e qui siamo in quella degli jugoslavi."
"Ma siamo passati anche per quella dei finlandesi," precisò con una certa premura una delle tre signore. Era quella da cui ero stato colpito fin dal primo momento. Non era attrazione fisica, la mia, ma più come se ci fossimo già incontrati, e in quel momento non potevo nemmeno sospettare che fosse in realtà mia madre.
Quando l'autista (un albanese che avrà avuto a stento sedici anni) cambiò improvvisamente strada, fummo tutti sballottati di qui e di là, e mi ritrovai ingarbiugliato tra pellicce, sottane e grosse porzioni di carne calda e morbida. La cosa aveva preso un po' alla sprovvista anche Vladich e me, pure se conoscevamo bene i pericoli del viaggio e sapevamo che la possiblità di dover deviare senza preavviso per vie più sicure era sempre sietro l'angolo.
Attraversammo di tutta fretta le dischariche, città di rottami d'auto e frigoriferi e resti della civiltà appena passata, abitate dagli ultimi della terra, gente senza patria né religione. Ci fermammo solo per far pisciare le signore; e mentre Vladich teneva aperto lo sportello con un piede, io aiutavo mia madre, accovacciata su un canaletto di scolo accanto alla strada, a non sporcarsi la sua bella gonna di velluto.

20120524

#146 (iQ#13)

Scorrer d'acqua
all'alba.
Il bagno della porta accanto.

#145 (iQ#12)

Cammina
come se tutto le fosse concesso.
E lo è.

20120515

#144

S'alza il fumo da mezzo a una cascina abbandonata, senza tetto, tra i campi di nebbia. Viaggio indietro nel tempo fin prima del tempo di questo magro focolare di probabili barboni, fino al tempo del tetto e delle bestie, quando le macchine non erano coperte dalla ruggine e all'alba s'era già nei campi a sgobbare. Poi mi fermo e torno un po' avanti, fino al tempo dell'ultimo abitante, il tempo esatto in cui chiude la porta per l'ultima volta e se ne va, uscendosene per i campi, verso dove non riesco a vedere. E mi chiedo se sapeva che era l'ultima volta, o se aveva piuttosto l'intenzione di tornare e poi chissà, chissà cosa l'ha tenuto via per sempre, dopo le bestie e dopo le macchine. Lo vedo chiudere la porta a chiave, mettersi le chiavi sotto alla camicia, attaccate per una catenella. Lo vedo lasciare la cascina vuota e ancora ammobbiliata, il tetto ancora in piedi. Tutta legna da bruciare, che brucia, ormai bruciata.