20141220

#474

È sensato salutare qualcuno che incrociamo tutti i giorni ma che in realtà non conosciamo e che vediamo più spesso di alcuni tra i nostri più cari amici ma con cui in realtà non scambiamo né forse scambieremmo mai nemmeno una parola?

20141219

#473 (Le mosche #116)


CRISIS

Chiusi nel loro Istituto di Igiene Mentale preparavano il macabro rito (disdicevole e scandaloso) dei complimenti reciroci, dovuti, inconsciamente richiesti ma poi non goduti, grossa percentuale di falsità, breve compassione, sottile complesso di superiorità, latente disprezzo, altruismo di benefattori scavati, longilinei, sfumati, fraudolenti, corrosi, corrotti, colpevoli, drammatici malati, subdoli come sotterranei riportati improvvisamente alla luce.

20141218

#472

Come ho sconfitto i tre acerrimi nemici del suonatore di ukulele? Il canzoniere scrivendo canzoni mie, il ritmo avendocelo nel sangue, il cambio di accordi non cambiando mai accordo.

20141216

#471 (Le mosche #115)


JULIUS

"Voglio diventare grasso e con le occhiaie, come Kubrick, capelli lunghi, barba e manie nevrotiche".
E lo diventerai, sembrava dire il mio commensale facendo presa su tutte le mie più inaspettate paure.

20141212

#470 (iQ#37)

Più di cento
feedback positivi
vale il negativo

20141211

#469 (Le mosche #114)


CI

La bambina nacque alle 1722h del 30 gennaio. Tutti gli inquilini dello stabile si presentarono con dei regali, come fossero stati incitati da ingiunzioni di sfratto.
Bella era bella.
Io e i miei due compari ci sentivamo come i tre Magi: dopo aver seguito una conduttura dell'acqua cometa, eravamo finalmente giunti a vedere la figlia di Nostro Signore l'Amministratore.

20141210

#468

Come dare torto a Beethoven? Non è forse l'udito anche per me il senso più caro? Come potrei separarmene? E come, se ciò avvenisse, potrei conservare un animo benevolente? Della vista, ormai, potrei anche fare a meno, ho guardato a lungo il mondo e sono pronto a dichiarare che non v'è null'altro da vedere se non squallore e violenza. Anzi dirò di più, dei cinque sensi quello che attiene agli occhi è il primo che perderei, se dovessi essere costretto a scegliere. Ma di ciò di cui possono ancora fare esperienza le mie orecchie, di questo non potrei mai privarmi. Se non lo si potesse distinguere dal resto, perfino il magnifico e assoluto silenzio non si potrebbe definire tale.

20141209

#467 (Le mosche #113)


KOLME KILL

Dopamine Kraus era ormai abituata a perdere cose. Le dimenticava ovunque, le cadevano, le cose sparivano. Anche Belleville era abituato, ormai. Tutto il quartiere pareva a servizio di Dopamine Kraus, ognuno impiegato a resituirle sciarpe, cappellini di lana e guanti colorati trovati per la strada, a casa propria, sugli autobus o nei negozietti arabi. Per lei Belleville si trasformava in un immenso ufficio oggetti smarriti.

#466

"Oro," aveva detto Babbo Natale mentre se ne tornava tutto indaffarato alla sua slitta, "quella casa è completamente piena d'oro, dalle fondamenta al tetto."
Mia figlia non era mai rimasta tanto delusa, tutta quella strada per del vile oro. Ma al mio socio erano venute le lacrime agli occhi: "Lo sapevo," continuava a ripetere, impalato nel bel mezzo dei nostri bagagli.
Così piantammo ancora una volta le tende al Villaggio, e ci preparammo a scrivere una nuova storia (per la quale non avremmo mai ottenuto la collaborazione di mia figlia, ci pareva alquanto chiaro). Era per questo che conoscere Babbo Natale era così bello, lui sapeva sempre un sacco di storie che la maggior parte della gente nemmeno si sognava. E per la nostra piccola attività letteraria a noi bastava conoscerle.
Ora però bisognava tornare nel mondo a cercare qualcuno disposto a crederci, a quella storia, qualcuno capace di passare la sua intera esistenza a cercare quell'oro.

20141204

#465 (Le mosche #112)


VERTIGO

Sul treno delle 1659h il giovane seminarista rincontra la bella cantante d'oratorio che non l'amava e che fu il motivo della sua vocazione. La gentile giapponese errante chiede il nome della prossima stazione a un serbo-croato che la comprende appena e che poi le domanda se è sposata, se ha figli. Il calvo accanto a me dorme ritto a sedere, ha una valigia piena di lenti a contatto per donare invisibili sogni di contrabbando.

20141202

#464

L'oste se ne viene con un bel bambino appena lessato, un succulento pezzo di mediorientale o magrebino, a giudicare dal colore, e lo sbatte sul tavolaccio senza neanche metterci un piatto sotto.
Quando chiediamo le posate ci guarda come se non avesse capito la domanda, poi stacca un braccio e ce lo propone da spolpare.
"Il bollito è l'ideale," spiega. "Al forno o fritta la pelle diventa troppo dura".

20141201

#463 (Le mosche #111)


IL PREDICATO DEL SOGGETTO

La signorina Querelle, preceduta e preannunciata ovunque dal proprio nome, elargiva crisi imminenti di coscienza e titanici scontri generazionali, rivolgendo la parola al mondo come fosse un profeta scavato nel corpo di bianca donna in fiore.

#462

Nonostante il titolo della collettiva parli chiaro in questa mostra vedo una sola opera d'arte, sei tu il corpo del reato, l'unico per cui una persona ordinaria sarebbe disposto a mettere tutto in discussione e commettere finalmente un crimine.

20141130

#461 (Le mosche #110)


IL QUIETISSIMO

Scende largo
sorpassa il muro
si sposta magro
passo lento nella notte

la pioggia stilla
lo spilla al suolo
non riesce a fare
un movimento buono.

La bufera gli affibbia suoni che non ha commesso,
e il vento fa lo splendido, urla di stupore come
una sirena della pula che sgama gatti e porta
odore di delitto (l'ennesimo) giù nell'angolo
dove un tempo giocavamo, ti ricordi?
io e te a lanciare monetine.

20141129

#460

L'area era stata evacuata e transennata, polizia ed esercito a guardia degli accessi, scienziati bardati di bianco a fare rilevamenti, un intero isolato al centro della città, all'apparenza pronto ad essere abbattuto. E però troppi camionicini e pulmini, per non parlare della auto blu, entrano pieni e ne escono vuoti. Il cittadino a bocca coperta, naso all'insù e mani sulle orecchie, e l'intera zona si stacca dal terreno, abbandona la sua prigione d'asfalto e prende il largo nel cielo profondo e verso lo spazio, lasciando il resto del mondo al suo destino di entropia e oblio.

20141128

#459 (Le mosche #109)


STRATISFACTION

Attesi il treno invano. Poi lo persi. Ma non fu come perdere semplicemente un treno. Per me significava perdere un'occasione insostituibile, perdere la vita. Continuai ad attendere che arrivasse qualcosa a presagire il ritorno, ma ottenni vento e strani incontri. Casa non era mai stata tanto lontana. Non so quanto restai fermo a dondolarmi e a farmi scendere la notte addosso, forse secoli, perché quello che arrivava sul binario 16 era il treno più bello che avessi mai visto. Sbuffò di pulito e aprì silenziosamente le sue porte come bocche mosse dal fiato. Mi inghiottì dolcemente in un clima amniotico, di luci boreali e respiri no-smoking, sedili blu morbidi come mamme e pareti trasparenti (volti allegri, attraverso, calmi, come se avessero spodestato l'ansia e l'insoddisfazione). Le porte scorrevano soffiando e sparendo nel nulla. Tutto era nuovo, perfetto, pulito, sano. Non lo sapevo, ma in quella stazione avevo aspettato trentasette anni.

#458

Cenere alla cenere,
   polvere alla polvere,
      ok, ma anche un osso dello stinco
a quei cani dei miei fedeli.

20141127

#457 (Le mosche #108)


ALSO STARRING ZARATHISTRA

Un uomo altissimo si gettò dal quinto piano di un palazzo del centro e atterrò sull'asfalto un quarto d'ora prima del suo compare più basso ma più nervoso.
Da questo episodio Neal O'Connery, terrorista figlio di terrorista, non trasse alcuna conclusione di riguardo.

#456

Cominciò così, con l'impressione miope e riflessa di un grosso insetto nero che gli zampettava addosso. Lo ritrovarono un mese più tardi in cortile, morto schiantato dopo un volo di cinque piani.

20141126

#455 (Le mosche #107)


GIOTTO NATURALE

Tenevo tutti i risparmi in quella tazzina blu. Se la svuotavo avrei potuto comprarmi un vestito nuovo, ma non avrei avuto più soldi. E se non lo facevo mi restava una tazzina piena ma un vestito vecchio. Il paradosso fatto tazzina.

#454

E un coltello non è un coltello finchè non ottiene il suo taglio.

20141124

#453 (Le mosche #106)


TRAIN DE VIE

Di solito la polizia ferma le auto perché hanno commesso un'infrazione, o solo per un controllo. A noi ci fermavano a priori, per precauzione: ci tenevano in un parcheggio per evitare guai. Ma eravamo a bordo di un'Alfa 33 nera, molto usata e targata Napoli, e quell'anno stupendo avevamo addirittura i fari funzionanti e l'assicurazione pagata. Ci sentivano autorizzati a tutto, liberi e con licenza di uccidere.

20141120

#452

"Come fa il detto?" chiede la signora in coda alle Poste. "C'è più tempo che vita."
E in fondo una speranza non è una speranza finché non è tenuta in vita, una promessa non è una promessa finché non viene mantenuta, e un giuramento non è un giuramento finché non è osservato. Dev'essere per questo che spero, prometto e giuro non hanno l'infinito futuro.

20141119

#451 (Le mosche #105)


IL CONCISO

Yuko è simpaticissima. Appena arriviamo fa un breve inchino e – millenaria tradizione giapponese – ci scatta una foto con la sua ultracompatta avanzatissima. Sorride. Poi mi chiede di suonare qualcosa di John Lennon. Takashi parla in giapponese col suo amico Yoshi (marito di Yuko) e si scusa sorridendo del fatto che non possiamo capirli. Prego, rispondiamo, mentre Yoshi tiene un dito puntato contro il cane (che gli si è abbarbicato contro la gamba) e dice perentorio ma ridendo "No: non mi scopare!"

20141118

#450

Dai diamanti non nasce niente, dai vermi nasce il casu martzu.

20141117

#449 (Le mosche #104)


ATOM BELIVES IN ANYONE

Mi chiese una storia da leggere, ridandomi Big Sur bloccato a metà.
Cercai sul mio pavimento Shakespeare, Nietzsche, Gibran, Miller.
Gli diedi Bukowski."Ti darei Pennac, se non lo stessi leggendo io".
vulcanico, stroboscopico, fantasmagorico, condominiale Pennac.
Mi chiese se domani avrei lavato i piatti.
"Sì," risposi "li laverò col senno di poi."

#448

Appena solcati i trentasei, Orof Surzu si rese improvvisamente conto che se non fosse morto entro l'anno non sarebbe mai diventato nessuno.

20141115

#446/447 (Le mosche #102/103)


AN ANONIMOUS KILLER

Hai aspettato che il sole ti crescesse sui capelli
e sulle spalle
e ora, un giorno, sei diventata grande
e puoi guardarmi con gli occhi negli occhi.
Anzi, sei perfino più alta di me.
Hai aspettato tre anni a farmi sapere di te,
a chiamare e a tornare. Probabilmente hai fatto bene,
come al solito,
e ora sono abbastanza grande per capirlo.


IS AN OMINOUS KILLER

Il nostro rapporto è così improbabile perché
l'unica cosa che abbiamo in comune, tu ed io,
è che entrambi pensiamo esclusivamente a te.

20141114

#445

Cadeva come cade la pioggia nei pomeriggi alterati di Luglio, al rallentatore, una goccia accanto all'altra, una dopo l'altra.

#444 (Le mosche #101)


MUTATIONS

I miei amici seduti in gruppo sparso confabulando
stanchi e soddisfatti del lavoro appena finito
mi sembravano un principio d'incendio, diffuso e
scricchiolante. Da quant'è che avevamo scoperto
che la priromania era un mestiere molto più sicuro
ed eccitante che difendere la natura?

20141113

#443

Si allontanava come si allontanano gli aerei nei sogni, rimpicciolendosi pian piano ma senza mai muoversi davvero.

20141111

#442 (Le mosche #100)


MATINÉE JAAS

Per lui la vita non aveva senso se non veniva accompagnata dall'adeguata colonna sonora. Tutto ci sembra così banale, pensava, perché le nostre azioni non sono sottolineate della musica (come nei film, in cui tutto sembra essere più vero e interessante della vita reale). Aveva chiesto a tutti gli amici, mentre lo salutavano e gli lanciavano i loro addii, di intonare il tema di 8 e 1/2 e nella nebbia, sciarpa al collo, sparì oltre l'angolo della strada.

20141110

#441

Indossavo un berretto dei Redskins per non diventare un redneck.

20141106

#440 (Le mosche #99)


SHAKESPEARE LO FACEVA

Nella sera il pallido Miyura, di cui abbiamo già fatto la conoscenza, si sottopose in religioso silenzio al rito del taglio delle unghie, che indicava il suo passaggio al mondo degli adulti.
Non condivideva la propria cultura, fatta di zen, karaoke, videogame e formalità: riteneva quel gesto l'ultimo atto dovuto alla società dei padri.

20141104

#439

Capì molto presto che se voleva sopravvivere in Sardegna doveva combattere la sua stessa generosità.

20141103

#438 (Le mosche #98)


REDSNAPPER

La sporcizia e il disordine colonizzavano giorno dopo giorno la casa dei due artisti, andati a vivere a Parigi per imitare Henry Miller e i grandi contemporanei. In quelle stanze, fecondate da quadri sterminati, pile di pagine incompiute e ammassi di foto appese alle pareti, la purezza era entrata in prescrizione.

20141101

#437

Quella sì che era vita. Peccato dovesse finire.

20141031

#436 (Le mosche #97)


JET CLUB

Lo chiamavano Biela (il bianco) perché dicevano che la madre lo aveva concepito con uno del nord, non con uno zingaro. Le donne impazzivano, si scaldavano e crollavano al suolo nel campo di terra addobbato per il suo ritorno. Ballava come Rodolfo Valentino, col coltello in bocca e quel suo strano cappello straniero. L'unica che gli tenesse testa era Ivna, rossa in faccia come un papavero, capelli d'erba e profumo d'oriente, che danzava come per fare l'amore col diavolo. Biela se ne innamorò, ma il destino l'aveva già promessa a una morte prematura.

20141030

#435

Una volta forse, ora certo non più, c'era un paese dove viveva un solo artigiano per ogni arte e un solo negoziante per ogni negozio, cosicché non c'era da sbagliarsi: chi voleva il pane andava dal panettiere e chi cercava un fiore andava dalla fioraria. E così via per tutti i commerci: un solo ciabattino, un solo fabbro, un solo macellaio e un solo verziere. Maledetto il giorno in cui arrivò un nuovo falegname, e aprì la sua bottega due strade più in là del vecchio. Da allora fu tutto doppio, se non triplo, quadruplo o quintuplo, e la gente non seppe più dove andare e di chi fidarsi, e il mondo divenne una gran confusione.

#434 (Le mosche #96)


D'HO

Dei due fratelli a uno piaceva scendere dagli autobus in corsa, all'altro salirci al volo. Questo la diceva lunga sui loro rapporti con la vita.

20141029

#433

Ora ho finito tutti i nonni.

20141028

#432 (Le mosche #95)


CALL ME JOYCE

Fottersi l'Americana, certo, chiavarsela sul letto a due piazze infilandola dall'alto mentre lei, cosce all'aria, s'incunea tra i due materassi e sprofonda sempre di più a ogni sussulto, sgaurdo all'aria e capelli sul cuscino, guardarle la bocca aperta che fiata violenta, e tenersi le sue cosce bianche e fredde sopra le spalle, le gambe che ballano sulla schiena, i talloni che sbattono sui fianchi, col corpo, il collo e tutta la testa in mezzo, la lingua tra le tette, e infilarle il cazzo bagnato e intanto con le mani tenerle il culo tra i materassi e spingere dentro fino a scoppiare e urlare, a questo pensava Chris Isaak, fottersi la straniera per tutta la settimana, un'americana del tipo capelli rossi e alquanto stronza, piercing e bancomat, non ci poteva pensare, lentiggini e una fica rossa che sarebbe ripartita il sabato seguente, ma a che gli sarebbe servito? a tirare un po' avanti vantandosi del ricordo?

20141027

#431

È possibile sentire la fame nella pancia e contemporaneamente nella stessa pancia provare la netta sensazione di pienezza assoluta? Dev'essere una tipica facoltà contemporanea in questa ricca e costantemente insoddisfatta parte di emisfero, si disse Sergio Atzeni.

#430 (Le mosche #94)


BLUES

Il signor Honer Harp (di Hersel, Holland) non fumava e non aveva mai fumato. Ma possedeva tre cigarillos cubani avuti in regalo non si ricordava da chi, e cinque fiammiferi bordò nella loro elegante confezione sottile e in tinta dell'Hotel Royal Di Lussemburgo (al 12 di Boulevard Royal).
I sigari, brevi e sottili, odoravano della casa che aveva avuto in Italia anni prima, e i fiammiferi erano lunghi sei o sette centimetri. Si ripromise di usare quei suoi piccoli segreti per fumare, un giorno, quando non ci sarebbe stato più niente da fare.

20141020

#429

E poi avvenne quello che tutti temevamo: entrò nella stanza e vide che quel coglione stava suonando la sua chitarra. In un attimo gliel'aveva strappata di mano e aveva cominciato a tempestarlo di pugni sulla faccia, mentre quella testa di cazzo cercava rifugio nella camicia di flanella tirandosi il colletto fin sopra gli occhi.

#428 (Le mosche #93)


CAMILLA EXPRESS

La gente si chiedeva cosa ci facesse lui sul suo balcone all'una e un quarto di notte chino con la schiena nella pallida luce al tungsteno del muro. E si rispondeva che metteva ordine e che, in qualunque caso, era pazzo.
Invece lui non faceva altro che eliminare gli scarafaggi da quel posto, che per lui rappresentava l'unico contatto con l'infinito.

20141018

#427

Questo mondo è una merda.
Sperava nell'altro.

20141017

#426 (Le mosche #92)


ORIENT EXPRESS

Le scarpe erano il suo principale problema. Erano nuove, comprate coi risparmi di sei mesi di lavoro. Le scarpe più belle che avesse mai avuto. Sembravano rubate, sotto quei pantaloni sporchi e rattoppati. Ma gli facevano male, perché erano dure e per nulla usate. Faceva finta di niente, per darsi la dignità necessaria a portarle.

20141016

#425

Nei composti panni della dottoressa Bylge, entro le elezioni e con i suoi soliti sotterfugi il diavolo doveva accaparrarsi almeno il 51 per cento della popolazione di N.
Quando fu giunto a trecento decise che poteva tirare il fiato e prendersi una pausa. Ma proprio alla vigilia del voto scoprì che in paese c'era un nuovo nato, frutto di un incesto che del suo diabolico operato era nient'altro che uno tra i tanti effetti collaterali.
Non essendoci altro tempo per luciferine raffinatezze dovette saltare addosso al fornaio e a sua figlia, che erano lì a portata di mano, e farli suoi nella peggiore delle vecchie maniere.

20141015

#424 (Le mosche #91)


CAFÉ EXPRESS

Quattro volte si lavò i capelli quella sera, e per quattro volte rimase fermo davanti allo specchio con le forbici in mano. Ma quale atto di umiltà?! si disse, lui che non aveva nessun motivo per essere umile, e quindi nessun motivo per rasarsi.
Si accorse di tenere immensamente ai suoi capelli e, guardatosi un'ultima volta allo specchio, uscì per compiere il delitto che gli era stato commissionato.

20141013

#423

Il papa suo padre, non trovando nessun erede degno quanto lei, e non avendo putroppo avuto alcun figlio maschio, all'età di tredici anni la fece venire in città dal luogo segreto in cui era vissuta; la costrinse allora a tagliarsi i capelli e indossare una toga, e la fece ammettere al noviziato, pronto a guidarla attraverso un privilegiato e fruttuoso futuro. Non sapeva però che ogni notte la bambina incontrava un pastorello suo coetaneo, che l'aveva seguita dalla campagna fino alla capitale e che per nulla al mondo l'avrebbe lasciata andare. E così fu, anche dopo che ella ebbe seduto sul trono di Pietro.

20141012

#422 (Le mosche #90)


FRANçOISE THREE-FOUR

Non c'è tanto onore nella virtù, né tanta colpa nell'errore. Così pensavano i due giovani sposi, lei profumata di bianco, lui con gli occhi arrossati di deserto, entrambi affamati del banchetto nuziale da cui erano scappati.

20141009

#421

Le notizie vanno dove le telecamere stanno.

20141008

#420 (Le mosche #89)


12% VOL. (750 ml E)

Era soprannominato da tutti "King Size" perché era un'enorme forma camminante nei sobborghi (temuto più che rispettato). In verità, sotto la giacca portava confezioni di cibo per cani, da distribuire di nitte tra i suoi unici amici.

20141007

#419

Il resto del pubblico prese pian piano posto negli enormi spazi della chiesa decaduta, sedendo nell'erba tra i resti di colonne e statue là dove mille anni prima tre navate avevano accolto viaggiatori affatto diversi. Parlò il primo, e la seconda parola che pronunciò fu Mosè. Io, che proprio questo temevo, mi alzai quanto più rumorosamente potevo e annunciai che dovevo andare a pisciare. Cosa potevo aspettarmi da loro, in fondo? La feci alla base di quello che doveva essere stato il piedistallo in marmo di una grande statua, scomparsa come il resto della nostra civiltà.

20141003

#418 (Le mosche #88)


THE BOMBERS

Teo il monello ingegnava
la sua scarsa sera bruna
nella ricerca della giusta
combinazione. I parenti
stretti gli avevano insegnato
a non affidarsi né al caso né
al destino, ma in quel momento
sentiva che la fortuna stava
togliendosi la benda per lui.

20141002

#417

Non è una lolita, almeno non cosciamente. Quando ci scontriamo durante la festa prima fa finta di nulla, poi cerca la mia attenzione con lo sguardo e io, senza nemmeno badare al doppio senso, mi scuso per esserle venuto addosso. Si allontana sorridendo senza parlare, la seguo lungo i filari di lampioncini illuminati tra i tavoli imbanditi. Quanti anni potrà avere, mi chiedo. L'ho sentita parlare di cresima: massimo quindici, mi rispondo. Attraversiamo la strada, rientriamo in albergo. Un lungo corridoio ci separa da dove non pensavamo nemmeno di voler arrivare. Una donna, in ritardo per il taglio della torta, sbuca dall'ascensore e ci supera senza nemmeno vederci. Entriamo in una stanza rossa e poco illuminata. La metto con le spalle contro il muro damascato e mi rendo conto che è di una bellezza strana, vagamente animalesca, ma tenuta a bada da un'educazione ferrea e da un paio di occhiali da secchiona. Come si addice alle ultime fasi dei festeggiamenti, i capelli rossi sono sciolti, in un disordine che odora di adolescenza. Sotto al pantalone ha un paio di mutandine di cotone a fiori colorati. Tiro un po' l'elastico verso di me e le bacio la pancia. Che sia o meno un sogno, sospetto che sia arrivato il momento di avere paura.

20141001

#416 (Le mosche #89)


MR SAMSON

Il signor Theodorus Niemeyes (nato a Groening-Holland, 1819) era convinto di essere la reincarnazione di un paladino di Carlo Magno. Nelle sue mirabili imprese accompagnava inconsapevoli donzelle,
ma anche, ottimamente: insaccati, bruschette, formaggi robusti,
minestre con verdure, pastasciutte con salse rosse, brodetti di pesce, vitello, pollame, maiale, carni arrosto, bolliti, grigliate, selvaggina, piatti unici a base di verdure e carni, timballi.
Servire a temperatura ambiante.

#415

Le monete che ti allungo non servono ad alleviare il senso di colpa per essere benestante, perché in questo non c'è colpa. Né tentomeno quello di non far nulla per alleviare le pene degli altri, perché non bastano certo gli spiccioli. Forse il loro scopo è solo di evitarmi il fastidio di evitarti: è proprio questo, che la tua povertà sia solo un fastidio, a provocarmi il senso di colpa.

20140930

#413/414 (Le mosche #87/88)


THE CAPPUCCINO COLLECTION

Lo definirono il più grande scrittore vivente. La verità è che lui pensava di non essere bravo con le parole quanto avrebbe voluto (quanto era necessario): non riuscì a spiegarle nemmeno la decima parte di tutto quel che provava per lei.


THE CAFFÈ CORRECTION

Veronique Vial ha il brutto vizio di svegliarsi prestissimo, fare il suo lavoro frettolosamente e poi tornarsene a casa a dormire. Ma nessuno, compreso me, riesce a non considerare arte quel che esce fuori da quelle mattine assonnate.

20140927

#412

Quello dell'urina sulla porcellana del water non era, nel suo caso,
un indistinto seppur cristallino rumore, ma una melodia ben definita, acuta e melliflua, che veniva di volta in volta improvvisata e suggerita direttamente dall'interno delle sue viscere.

20140925

#411 (Le mosche #86)


THE CANTERVILLE CULTURE CLUB

L'alba non accede, signor Carlo Emilio Gadda, non accede per nulla, signor Alessandro Baricco, con rispetto e umiltà. Tutt'al più l'alba incede, e nella smania di parer belal brucia i tempi (li brucia di luce) ed eccede. L'alba incede ed eccede. Non accede a nessun luogo. Nessuno le ha aperto la porta. Non io, che vorrei restar nascosto nella notte. Né tantomeno il gallo che, preso di sorpresa, strozza come al solito l'ultima nota nel timore reverenziale di quest'eccesso, di quest'incendio di luce.

20140923

#410

Tra tutti, in quella scommessa Dio era quello che se l'era cavata meglio.
Tipico.

#406/407/408/409 (Le mosche #82/83/84/85)


CORNETTI BAI NAIT

Era cambiata, un'altra persona, ma altrettanto bella, e visto che senza ricordarmelo l'avevo già amata, non mi fu difficile innamorarmene di nuovo.


CORNETTI BUY NIGHT

Aver lasciato la macchina fotografica così, puntata su di sé che dormiva, di notte, lo metteva a disagio, disteso in sottili lenzuoli d'angoscia. Quando la mattina si svegliò trovò il tappo dell'obbiettivo a terra, e lo rimise al suo posto senza sospettare che di lì a qualche giorno, in quel rullino sviluppato, avrebbe trovato una foto che lo ritraeva disteso, inerme, scoperto e nudo mentre dormiva.


CORNETTI BYE NIGHT

Si girava spesso, atterrito e inseguito da suoni di cani elettronici. Aveva corso tutta la notte cercando rifugio nel passato. Nessuno lo aveva avvertito (e in mezzo a quel bosco innevato niente glielo avrebbe rivelato), ma il mondo che cercava non esisteva più, era scomparso durante la sua prigionia.


CORNETTI BY NIGHT

Quella sveglia a forma di uovo (un aggeggio che annuncia l'ora con voce telefonica) aveva iniziato a programmarsi da sola e a suonare indecentemente durante la notte. Così Caterina decise di estrarne le pile, e per lei fu come toglierle e gettarle via l'anima.



20140922

#405

Non mi stupiva he avesse deciso di seguire sua figlia fino in classe, quanto che nonostante l'età avanzata, i capelli di un biondo svedese e l'accento evidentemente straniero, fosse riuscita a spacciarsi per una studentessa spagnola.
"Gorgeous," le dissi nella lingua comune.
"Gorgeous mi piace," concesse lei.

20140917

#403/404 (Le mosche #80/81)


KODEST LIBR

Un lord poco inglese, come poche abitudini
della sera, preghiere inginocchiato accanto
al letto, Henry Miller sulla mensola, chili
di carte scarabocchiate e pile di libri
accatastati, iniziati e mai finiti. L'arte, per
quest'uomo, non era cosa che s'imparasse.
Continuava a cercarla nella polvere, tra le
pieghe dei lenzuoli, e nelle crepe dei muri.


KODEL LIBR

Ora dormi. Ma tu fosti la donna che dicendo
"non è come ce lo aspettavamo" mi convinse
senza volontà a non leggere Milan Kundera.

20140915

#402

Non ho mai fatto fatica a guardarmi lo specchio la mattina. Superando il banale equivoco storico per cui starei "solo eseguendo degli ordini", mi ricordo ogni mattina che partecipo a una grande illusione di massa: quella per cui prendere posizione, denunciare, raccontare la verità e combattere il potere sia effettivamente una scelta e non semplicemente una una parte in scena, un ruolo come un altro nell'abbacinante spettacolo della società contemporanea.

20140912

#401 (Le mosche #79)


IL RE DELLA PIOGGIA

Quel viaggio le regalò una mattina stupenda, raggiante, lunga e rassicurante. Cimiteri, valli coltivate, ripetitori, strade e case diroccate avanzavano dietro la staccionata, a lato delle rotaie, mentre il sole sovraesposto e saturo schiacciava il finestrino, come una carezza calda di madre, come un bacio innamorato della vita.

20140911

#400

Troppo facile fare film così eleganti quando Prada ci mette i vestiti: tutte quelle scene di massa diventavano nient'altro che enormi sfilate di moda. Adesso Roman Schwob voleva cimentarsi con qualcosa di nuovo, un lavoro in cui la classe venisse fuori esclusivamente dal mestiere degli attori. Ecco cosa ci voleva, decise: un bel porno.

20140910

#399 (Le mosche #78)


THE NOISEMAKER

Donna di vera fede
leggeva oroscopo egiziano
sperando finalmente in un anno
sereno.
In Egitto sarebbe un falco, lei, e non
un cancro.
Nel momento in cui la fissavo
si stava chiedendo perché non fosse bella come
un uccello,
perché non potesse anche lei spiccare come un falco
il volo.

20140908

#398

Maglione rosso da sherpa, camicia artisticamente scolorita da fricchettone indiano, pantaloni da astronauta e calzettoni natalizi islandesi antiscivolo: era questa la divisa che aveva deciso di indossare per quella notte difficile.

20140906

#397 (Le mosche #77)


LO STRATAGEMMA

È come per le sigarette, che un giorno smetto
e il giorno dopo sto di nuovo a fumare: io
questa donna la amo un giorno sì e un giorno no.

20140905

#396

L'idea era venuta a qualcuno di noi nessuno si ricorda più quando, ma da allora era diventata abitudine. Il venerdi dopo pranzo la compagnia si ritrovava al bar dei cinesi proprio accanto al cantiere, e uno a caso chiedeva un caffé shakerato. La bella Li, che iniziava a ridere e arrossire appena entravamo, non poteva fare allora a meno di regalarci venti magici secondi di su e giù delle sue olimpiche tette.

20140904

#395 (Le mosche #76)


LE MECCANISMICHE

Se fosse ogni giorno domenica, pensava Julian,
non apprezzerei più l'odore del pane fresco,
il silenzio dei viali in primavera, il cigolio
delle biciclette, e l'assenza della svegia.

20140903

#394

Sfinito e sfiduciato, partecipo dunque per l'ennesima volta alla Grande Farsa Elettorale. Quelli che votiamo non sono partiti ma trasmissioni televisive. Le elezioni non sono una dimostrazione di democrazia ma l'ultima prova, in ordine di tempo, della dittatura dello spettacolo. Il paranoico timore di partecipare a uno show da sempre in onda non mi dà tregua: mi sento braccato da un'oppressiva sensazione di dipendenza dalla mia stessa cultura, che mi vuole a tal punto civilizzato da non riconoscere quando vengo narcotizzato, e che mi costringe a muovere riluttante i mie passi, a vergare controvoglia la scheda.

20140901

#393 (Le mosche #75)


SIAMO SANTI

Quei ragazzi, ribelli, contraddittori ed esaltanti, seppur così diversi tra loro erano accomunati perché insieme rappresentavano la cosa più nuova, inaudita, incomprensibile e sconvolgente che tutti in paese avessero mai visto.

#392

Ma fu solo nel 1956 che Anders Van der Meere prese la decisione dastinata a renderlo uno dei più celebri pallanuotisti della sua epoca: quella di tirare a rete senza mai guardare la porta. Se la probabilità di segnare diminuiva sensibilmente, crebbe infatti di parecchio la spettacolarità dei tentativi che andavano a buon fine.

#391 (Le mosche #74)


MALOX

Lo chiamavano tutti Joyce, perché era labirintico, contorto e complesso, perché era geniale ma incomprensibile, perché era un naufrago e un viaggiatore, perché veniva dal passato ma parlava al futuro. Avrebbe potuto scrivere un libro intero su una sola giornata, o descrivere con una singola parola un'intera vita.

20140829

#390

Una piccola casa vecchia e dimessa piena di libri e oggetti di recupero, un grande loft quasi vuoto dotato dei più moderni comfort in cui ascoltare musica classica, in cui ascoltare musica elettronica, dove poter suonare rockabilly, dove poter suonare folk acustico e rinchiudersi in una solitudine quasi ascetica ma anche serena, da cui uscire per partecipare alla confusione inebriante della mondanità, da dividere con una donna semplice e dolce, con una vamp festaiola e disinibita, in cui accogliere un gatto mammone, da cui partire con un cane impavido, con una bici claudicante ma dal disegno classico, una bici all'ultima moda minimale e leggerissima, un motorino utilitario, una moto d'epoca, un'auto imparcheggiabile, i mezzi pubblici, il treno, i piedi. Anonimato e dandismo, fedeltà e libertinaggio, amore e libertà, salutismo ed entropia, pieno e vuoto, accumulazione ed estinzione, ozio e dinamismo, evoluzione e regressione, pensiero e azione. Tra tutti questi ed altri estremi di teneva in bilico la vita di Sandor Kozma.

#389 (Le mosche #73)


SMOOKY

Negli anni '40 Hanson & Patterson non vendevano semplicemente scarpe. Loro ti vendevano un sogno. Ben confezionato e lussuoso, quindi a caro prezzo. Stava a te decidere qunto spendere per smettere di sognare.

20140827

#388

L'estremo piacere che provo quando esercito lentamente il mio diritto alla precedenza pedonale e in questo modo costringo un'automobilista a scalare in prima.

#386/387 (Le mosche #71/72)


THE TRAIN

Teneva tanto alla sua vita che non mancava, ogni notte, di chiudersi in una cassaforte di cui solo lui e il suo cane conoscevano la combinazione. Lo fece per l'ultima volta la notte che il suo cane morì (senza latrati), e da quella cassaforte non è ancora uscito.


THE ARTIST

Temeva tanto la sua vita che non mancava, ogni notte, di chiuderla in una cassaforte di cui solo lui e il suo cane conoscevano la combinazione. Lo fece per l'ultima volta la notte che il suo cane l'aprì (senza cigolii), e da quella cassaforte la vita per sempre è uscita.

20140826

#385

Molto difficile, quasi impossibile, per Mathurin Ti-Bouch, salvarsi dalla tradizione popolare che voleva tutti tatuati. Anni prima aveva dovuto cedere, troppo piccolo per opporsi, alla foratura dei lobi, ma ora avrebbe dovuto combattere anche con i denti per impedire che la sua carne venisse ancora violata.

20140825

#384 (Le mosche #70)


HO FATTO LA COSA GIUSTA

Se sputassi per beccarti in un occhio
sta pur certo che c'azzeccherei.
Se cadessi per baciarti in un occhio
sta pur certo che ti mancherei.

#383

Tu mi fai girar,
tu mi fai girar,
come fossi una trottola.

20140823

#382 (Le mosche #69)


MONDADORI SELECTION

Sul marciapiedi le scarpe ticchettando
come un orologio. Le sue bambe scandivano
il mio tempo, che la seguivo rubato.

20140822

#381

Più capelli hai meglio è, pensa il givane Takashi mentre sfoltisce il suo ennesimo cliente: più capelli da tagliare più tempo per concentrarsi sui capelli, ovvero più tempo per occupare il tempo.

20140821

#380 (Le mosche #68)


MR. BHO!

Mr. Norton, professione antivirus, col famelico
culto dei baci perduti, aspettava le vacanze;
un viaggio a Lisbona, un incontro casuale,
gestacci dal finestrino, sbornie con gli amici
e auto spinte fino allo spasimo, per poi riposarsi
sul ciglio della strada e ridere dei giorni andati.

20140813

#379

"Quei miserabili," disse, "trovano fantastico godersi i piccoli piaceri quotidiani solo perché non possono permettersi quelli più grandi."

#378 (Le mosche #67)


LE FESTE DEGLI ALTRI

Facendo segni astratti come scie di api su fogli trovati in giro, capì non solo il valore del supplizio, ma anche quali sono le penne migliori. Le più fedeli, sicure, liscie e nere sono quelle vecchie, recuperate in strada, rubate a qualcuno, mai conosciute prima.

20140812

#377

La riunione di redazione è un conciliabolo di camicie bianche e azzurre, come a un funerale di buone notizie. E mentre si decide la prima pagina di domani, oltre i vetri e giù in strada un carnevale di vecchi claudicanti, tra cui spicca il vecchio negro in scarpe da ginnastica, che cammina rimbalzando e fa gli scalini tre a tre. Sono zombie o cosa? Mi sa che la rivolta è iniziata.

20140811

#376 (Le mosche #65)


THANK YOU GIRL

"Ho un po' di piatti da lavare," pensò Robert Frank, filosofo dell'improvvisazione, poetà della casualità, "ma stanotte piove e si dormirà bene."

20140808

#375

Si leggeva una volta nei fondi di caffé che il Vulcano avrebbe eruttato il Dio Calamaro (o lo spirito del, non era ben chiaro), e seduti ai tavolini di ferro battuto e marmo del bar ancora oggi aspettiamo, un occhio al bicchiere colmo di rum agricolo, zucchero e lime, e un altro alla vetta del monte, perché non c'è verità qui sull'Isola che non sia prima passata per una tazzina incrostata.

#374 (Le mosche #64)


9 (NOVE)

Stesa e Raggomitolata
come Luna Bianca avvolta dal Buio
di Sera, se dura
mi fissa con Occhi di Luce
lasciandomi Sveglio per Sempre.

20140807

#373

Inimicatosi già da tempo le alte sfere della polizia a causa delle sue indagini sulla connivenza tra istituzioni e malvivenza, e indurito dall'abitudine a ritorsioni e ricatti d'ogni ordine e grado, con quest'ultimo passo falso il commissario Carapace aveva pestato una merda troppo grossa perfino per lui. La pena da scontare fu il degrado a ispettore e l'esilio in una piccola isola senza conto. Ma è proprio da laggiù che la provvidenza gli diede in sorte l'occasione di sferrare il suo attacco più deflagrante.

20140805

#372 (Le mosche #63)


PLASTILINA CONNECTION

È una donna che usa mezze ore
nel bagno per lavarsi i denti
con la carica sensuale
di un gioco cinese, semplice
ma continuamente da scoprire.

20140801

#371

Quella mattina in hotel finirono quasi per caso a fare colazione allo stesso tavolo. Scoprirono così di avere molto in comune, non da ultime alcune piccole manie (come quella di mangiare per primi i biscotti rotti, ad esempio). Espletati i convenevoli di rito, decisero di visitare assieme la città e dopo un po', apparentemente senza nemmeno accorgersene, si ritrovarono a tenersi per mano.

#370 (Le mosche #62)


11:40

E così il mio compare prese ada attaccare post-it per la casa, sugli oggetti e sui muri, sopra ogni mobile e in ogni posto dando a ciascuna cosa il suo nome perché, diceva "bisogna stare attenti a non scordarsi come si chiamano, né scabiarle per altre cose. A ogni cosa il suo nome perché è dimenticandosi di fare questo che rischiamo, per esempio, di chiamare amici quelli che non lo sono, e amore quel che amore non è."

20140730

#369 (iQ#36)

Di notte,
quello che ho mangiato
lentamente mi mangia.

20140726

#368 (Le mosche #61)


ZEBRA ZEBBRA

La sottile differenza
che divide, io credo, i santi e i pazzi
attutiva ogni giorno la realizzazione
dei suoi piani
la rendeva morbida come il pane bianco
impraticabile come un budino alla frutta
e senza speranza
come un dolce fatto di sale e pianto.

20140725

#367

Abbiamo mandato continuamente esploratori, ma non sono quasi mai tornati. L'unico modo di uscire senza essere visti era durante la notte, ma anche lì accadeva a volte di essere improvvisamente abbagliati da una luce fortissima, che ci gettava nella più completa confusione. Seguiva la solita ecatombe che cala dal cielo. I più non ce la facevano. Abbiamo riportato i cadaveri schiacciati per nutrire i nostri piccoli, ma era chiaro che non si poteva andare avanti così. Un giorno un esploratore è tornato con la notizia di un luogo in cui c'era cibo in abbondanza. Ne aveva rubato un po' per dimostrarci che non era stata un'allucinazione. Ne abbiamo preso ancora in abbondanza, l'abbiamo dato ai vecchi e agli infermi, ce ne siamo nutriti tutti a sazietà. Il male è arrivato poco tempo dopo, si è diffuso molto velocemente, nessuno è scampato. Scrivo queste poche righe nella speranza che qualcuno le trovi e ne faccia tesoro. Bisogna trovare altre strade, qui c'è solo morte e devastazione.

20140724

#366 (Le mosche #60)


WHEN YOU DON'T LOVE TOO MUCH YOU DON'T LOVE ENOUGH

Non appena le dissi che le sue scarpe non mi piacevano lei attaccò a dire che volevo cambiarla, e io a ripeterle che non avevo detto questo ma solo che il mio tipo ideale portava gli anfibi anche sotto all'abito da sera, e comunque che non le avevo mai detto neppure che lei era il mio tipo.
Da allora le cose andarono per il verso giusto: io le buttai le scarpe e lei non se ne comprò mai un paio di nuove. Fu così che prese l'abitudine di girare scalza.

20140723

#365

Come coniugare correttamente quel verbo, e la maestra è veramente un tipino da baci, e perso il treno della gita corre a più non posso per ricongiungersi coi compagni alla fermata successiva. Sovrappensiero.

20140722

#364 (Le mosche #59)


NEMO CAPITANO IN PATRIA

Un videogioco suonava il Peter Gunn theme ad ogni jackpot e le coltellate di Psycho ogni volta che la pallina cadeva dentro. Ero solo quando scattarono le 11:15. La cameriera dell'est mi guardava incredula e mestissima mentre pagavo il conto: mi ci erano voluti due caffè forti, un tè e un cornetto per smaltire la notte appena passata, una di quelle notti da bruciare che ti si spaccano addosso come un vetro rotto e i pezzi ti rimangono conficcati nei palmi delle mani per tutto il giorno dopo. Uscii sul finale di trombe, come un eroe metropolitano, camminando sul bordo della mattina.

#363

Prendeva quei vecchi e risolveva tutti i loro problemi: si addormentavano dolcemente, e quando si risvegliavano erano diventati degli ultras ai suoi comandi, finalmente liberi dal peso di dover prendere decisioni.

20140721

#362 (Le mosche #58)


DINAMIK OZONO

Perciò l'idraulico dovette lasciarci aperto quel buco nelle mattonelle del pavimento, proprio accanto alla doccia. Il giorno dopo ne venne fuori uno strano animale, metà topo metà scarafaggio. Lo uccidemmo col trapano.
Ma l'amore aveva già fatto il suo corso, e la femmina rimasta nel buco aveva dato alla luce una piccola pianta che, uscita dalla tana, durante la notte iniziò a produrre animaletti scuri e pelosi che si staccarono dai rami e invasero la casa.

20140719

#361

Ho finalmente mantenuto una promessa fatta un quarto di secolo fa a un undicenne solitario: sono andato a vedere, da solo, la quinta di Beethoven dal vivo. Quel bambino ora è contento, lo so per certo.

20140718

#360 (Le mosche #57)


IL SILENZIO FUNZIONA PIÙ DI UN URLO

Dopo averlo fatto per tanti anni in un lettino singolo, passare di colpo a dormire in un matrimoniale fu un trauma. Mi svegliai all'alba con una sensazione vuota di non appartenenza, con un'angoscia fredda e sibilante. Dove mi trovavo? Non nel mio mondo. Avere tutto quello spazio costringe all'agorafobia. Paura del vuoto chiuso in una camera d'albergo.
Se in un lettino tutto lo spazio si riscalda automaticamente con la presenza di chi ci dorme, in un letto doppio un lato resta sempre inesorabilmente freddo, tanto che è preferibile starsene in un angolo. Ci si dovrebbe continuamente spostare da un lato all'altro, o continuamente avere qualcuno accanto.

20140717

#359

Torniamo a casa dopo aver attraversato il fiume a bordo di una chiatta spostata a mano mediante un sistema di cavi e tiranti. Abbiamo oltrepassato l'ora dell'ultimo treno, e non ci resta che una cena in cucina d'altri e una notte in una soffitta polverosa. Dopo mangiato e prima di dormire, il vecchio si siede allora al tavolo e racconta una storia che ha per protagonisti un trattore, un medico, una madre e un figlio malato di polmonite, e il trattore — prima prodotto per la vendita, poi mezzo di trasporto, poi ancora assassino e infine ricompensa — è sia l'inizio che la fine della storia. Quel trattore, conutinua il vecchio, adesso è nel mio garage.

#358 (Le mosche #56)


LA SPINTA

Restare soli in casa
(finestra oblunga, odore del buio, slittare di passi)
Restare soli in un deserto
(orizzonte ondulato, fuga di lucertole, il suono del vento)
Restare soli in città
(riflesso delle vetrine, calore dell'asfalto, luci in silenzio)
Restare soli sui binari
(punti di fuga, richiami di tunnel, distanze in arrivo)
Restare soli sull'orlo
(sguardo di dopo, respiro di ora, abbandono di prima)
Restare soli su una barca
(mai successo)

20140716

#357

Una volta forse, ora certo non più, i principi e le principesse avevano tutti gli occhi blu. Poi un po' il sole, un po' l'aria cattiva, anche loro cominciarono a venire fuori con gli occhi di tutti i colori. A qualcuno, poi, in definitiva piacevano più i ragazzi e le ragazze dei ceti inferiori, del tutto uguali a loro tranne che per gli occhi, appunto, e dopo un po' finirono per sposarne alcuni. Allora i figli, privi di quel tratto distintivo, non avavano più nulla che ne indicasse la nobiltà; e del resto vergognandosi in fondo delle loro origini e dei torti che i loro antenati avevano perpetrato ai danni del resto del mondo, cancellarono perfino il titolo dalla carta d'identità.

#356 (Le mosche #55)


UNA NOTA SUONATA SUL PIANO DEL LAVORO

No, non è perché beveva.
C'è quel fruscio nella voce, ad ogni registrazione,
perché lui appoggiava la bocca al microfono.
È perché aveva la barba, ecco perché. Tutti quei
peli che frusciavano mentre cantava Be My Love.
È per via della barba.

20140715

#355

Una volta forse, ora certo non più, gli arieti parlavano, e camminavano su due zampe. Ma tanta era la fatica, con quelle corna enormi, di tenersi in piedi e non cadere, che a un certo punto preferirono di fare come tutti gli altri animali e diventare quadrupedi. La nuova posizione aveva i suoi vantaggi: l'erba era più vicina, e si poteva correre più voloce, per non dire di quanto fosse più facile scalare montagne e montare le pecore. Erano così felici che dopo un po' non sentirono nemmeno più il bisogno di parlare, a limite qualche borbottio di vicendevole dissenso o un breve monosillabo di approvazione.

20140714

#354 (Le mosche #54)


JOYCE

Ventaglia bene
la tua isola di proposte,
Corvo Rosso.

#353

Sapevo con non avevi capito nulla di me: io non voglio un'auto, voglio un autista.

#352 (Le mosche #53)


SACCHETTI DI MERDA

Meno di 12 ore fa
s'era trovato a camminare a lungo
tra enormi distese
di panorami orizzontali
case abbandonate
linee d'orizzonte cadenti
e pali obliqui del telefono.
Ora era in un appartamento
a centinaia di chilometri di distanza
steso in una linea cadente
che non aveva orizzonte.
"Quanto è grande il mondo"
pensò prima di addormentarsi.

20140713

#351

Temevo che il cielo se ne andasse.

#350 (Le mosche #52)


FAX GENERATION

Mel mio paese, quando arriva qualcuno di cui si stava parlano, si dice "he's coming down fast". Succede quando lo si vede sbucare dall'angolo della strada, ma anche solo se arriva da lontano, oppure se sta venendo giù dalle scale del suo appartamento. O addirittura se le scale le sta salendo per raggiungerci. Non importa insomma se stia scendendo o stia salendo, di lui si dice comunque "coming down fast". Chissà se per l'idea di decadenza comune e generale o se perché siamo tutti convinti, al mio paese, che un giorno anche Dio in persona scenderà velocemente per venirci a dire cosa diavolo ha intenzione di combinare. Ma anche se si trattasse del demonio che viene su direttamente dall'inferno, anche di lui diremmo "he's coming down fast".
Il mio paese è solo un grande paese, e qualcuno si ostina a chiamarlo città.

20140710

#349

Toccava a noi Castigatori intervenire, poiché nella Società Nuova eravamo gli unici autorizzati a punire gli Dei. Dovemmo dimenticarci la vita come l'avevamo sempre vissuta, lasciare le nostre normali attività quotidiane, abbandonare la nostra casa e i nostri cari, perfino i nostri vestiti abituali. Eravamo preparati a quest'evenienza fin da bambini, la Società Nuova ci aveva addestrati a questo scopo, ma pochi di noi avevano già avuto l'occasione di provare, e la novità ci eccitava e assieme ci atterriva.
Come una massa gotica ci muovevamo compatti, riconoscendoci tra vecchi colleghi, incontrati ogni giorno o forse una volta sola, con cui non ci si era magari mai salutati. Ognuno di noi era tenuto a scegliersi un compagno, con cui avremmo vissuto e perfino avuto intercorsi sessuali durante tutto il periodo della Punizione.
La Punizione si svolgeva in un'aula universitaria. Qui i figli degli Dei venivano interrogati, una scarpa sì e una no, in ginocchio su un piedistallo di legno levigato che da secoli aveva servito questo unico proposito. Se necessario venivano torturati, e poi eventualmente condannati. Per molti c'era la morte: la maggior parte venivano direttamente giustiziati davanti agli occhi dei loro genitori, mentre per i più duri era prevista l'autocombustione, che avveniva durante un corpo a corpo con uno dei Castigatori. Questa opzione prevedeva anche la morte del Castigatore stesso, e quindi veniva scelta solo come extrema ratio.
Chi di noi era restato in vita festeggiava con un'orgia lunga un giorno e una notte: gli Eletti aspettavano che i subordinati si denudassero e si lasciassero scegliere dopo un'attenta ispezione. Ogni Eletto poteva scegliere fino a tre subordinati, per poi magari scambiarli con quelli di altri Eletti.
Dopo di che tornammo tutti alle vite che la Società Nuova aveva scelto fin dalla nascita per noi.

20140709

#348 (Le mosche #51)


PALL MALL AND THE GREAT BALLS OF FIRE

Indagavano sullo stesso omicidio ma Stefan Zweig,
da bravo discepolo dell'ispettore Derrik, era sempre
un passo più avanti.
A Joe Orton questo importava poco: Stefan era un
pistacchiodipendente e non riusciva mai ad evitare
di lasciare una pista di scorzette vuote che Joe seguiva
diligentemente per non perdere il fluire delle indagini.

20140708

#347

E si è svegliato anche l'uccellino
che rompe il cazzo ogni mattino.

#346 (Le mosche #50)


SEZ. GENITORI IN MOVIMENTO

È un treno spento
come un'anguria senza spina
e senza semi
elettrica
e piena di gusto per l'assurdo
ferma sul binario
che porta dappernulla
sgocciolante di nonsenso
per nulal angosciosa,
buona come appena colta.

#345 (iQ#35)

Aprile
sulla scrivania
un altro mese vola via.

20140706

#344 (Le mosche #49)


SMALIZIA

Steso sul letto cinese
della casa in cui l'accesso a nessuno
è vietato
amici
parenti
amanti
nemici
latori di morte
postini
& malviventi.

20140613

#343

All'occorrenza il letto a baldacchino diventava di volta in volta tenda ottomana, ospedale da campo, cassero di poppa, accampamento medioevale, yurta nomade, tendone da circo, baracca ghiacciata, segreta sotterranea, torre d'avorio, castello in aria, costruzione della fantasia pronta a difendere, a salvare, a restare, a resistere, a salpare.

20140612

#342 (Le mosche #48)


SUPPERGIÙ GIUSTA

Pall Mall
i miei occhiali dissestati
oh, Pall Mall, i miei occhiali dissennati
cosa racconterebbero, se potessero, i miei occhiali dissociati.

#341

Vivevamo costantemente connessi col resto del mondo, ma scollegati tra noi.

20140611

#340 (Le mosche #47)


WE DO EVIL BECAUSE WE ARE THE EVIL

perché so bene che divento vecchio
la pancia mi si gonfia
e perdo i capelli
ma mi lascio andare lo stesso
cerco appigli, appoggi, approdi
una donna che mi contenga
e che mi renda felice.
È questo il vostro beato lasciarsi
trascinare dal fiume?

#339 (Le mosche #46)


WE ARE NOT EIL FOR THE EVIL WE DO

Cercavo appigli
posti per appoggiare le cose che depongo
fogli su cui apporre ricordi
orecchie che sentissero i ronzii della mia bocca
e che un giorno parlassero di me
una gonna che mi contenga
e che mi renda felice

20140610

#338

The future is a burning tan.

20140609

#337 (Le mosche #45)


IL SACRIFICIO DELLE OMBRE

Si scontrò col semaforo dipinto di
fresco
e la cosa la urtò.
Non fu tanto per il giallo
sulle mani, la maglia e il pantalone,
ma perché avrebbe voluto avere una scelta,
un cartello che l'avvertisse:
"wet paint".

#336

Ci sono tre modi di fare le cose: sapendo di saperle fare, sperando di saperle fare, sapendo di non saperle fare. In tutti e tre i casi la vera discriminante è volerle o non volerle fare, e l'incognita è capirlo.

20140605

#335 (Le mosche #44)


BLANC ET NOIR

Non credo ci sia giustiza
né pace
per gli innocenti diavoli come noi.
Del resto, che sono traditore
ormai lo capisco anch'io.

#334

Una delle cose in cui sembravano credere più fermamente è che lo spirito di quel che mangiamo resti improgionato nel corpo, almeno fino al momento di riespellerlo in forma di escrementi. Una difficile digestione era segno che lo spirito rifiutava l'idea di abbandonare l'ospite, e così il mondo, e quanto più l'alimento ingerito era indigeribile, tanto più voleva dire che lo spirito in esso fino ad allora contenuto era forte. E gli incubi che ne derivavano erano ovviamente messaggi diretti di quello spirito. In questo senso l'indigestione dava vita a una forma di divinazione, e come altre popolazioni assumevano allucinogeni e stupefacenti per giungere allo stato di trance e interagire con gli spiriti, così gli scamani di queste tribù mangiavano quanto più potevano per entrarvi in contatto quando questi erano ancora bloccati tra questo mondo e quell'altro, ed erano quindi più disposti a parlare. Facevano addirittura a gara a chi mangiava di più, perché più forte era l'uomo che riusciva a contenere lo spirito più forte. Rutti e flatulenze, va da sé, erano visti come forme di incontinenza, e quindi testimoniavano una certa inesperienza o incapacità dello sciamano. D'altro canto quelli più esperti erano capaci di trattenere lo spirito per giorni e giorni, e di liberarsi non prima di qualche settimana, se non di qualche mese. Durante il periodo di possessione tutti, anche gli uomini più comuni, assumevano atteggiamenti peculiari degli animali (ma anche dei vegetali) ingeriti, e fu su questa specifica caratteristica della credenza, così facilmente assoggettabile a una possibile capacità attoriale, che decidemmo di concentrare i nostri studi sul campo.

20140601

#333 (Le mosche #43)


THE THINGS I NEVER TOLD YOU

Odiava la sua cenere nel bidè,
l'aveva sempre odiata e la odia ancora,
come il passare di una domenica,
come il ronzio delle zanzare,
come i ritardi degli altri.

20140530

#332

È indiscussa campionessa di aerobic data insertion. Ma è molto brava anche nel lancio della smartbox.

#331 (Le mosche #42)


THE ADDICTION

Il dubbio lo assaliva innocentemente
anche nel cuore del giorno:
"Con chi passerò quest'altro capodanno?
Quale sarà la mano che stringerò
per attraversare quest'altro confine?"
E un velo azzurro gli calava sugli occhi.

20140529

#330

Il barbiere è come un confessore:
anche lui ha bisogno del tonsore.

#329 (Le mosche #41)


ADOLF WOLFLI

Una giornata produttiva per Greta,
bellissima ventenne che conosco già.
Questo nome mi gira per la mente, vorticoso,
scritto casualmente sul muro che guardo
appena mi sveglio.

20140526

#328

La chiamavano la ragazza del venerdì, perché era l'unico giorno in cui era possibile avvistarla. Compariva al campo quasi dal nulla, aveva un sorriro per tutti, a qualcuno rivolgeva perfino
una parola, e quello di sentiva scelto, privilegiato, e se ne vantava con gli altri. Poi, così com'era venuta, spariva, lasciando in giro il suo profumo di libertà per le grandi stanze piene di uomini, e una settimana di inconsolabili sospiri.

#327 (Le mosche #40)


MATTER OF FACTS

Viaggiavo sempre con una piccola macchina
fotografica e un solo rullino. Ogni volta che
finivo i dodici scatti rimettevo tutto indietro
e cominciavo a scattare di nuovo sullo stesso
rullo, e così per tre o quattro volte. Persone,
strade, camere d'albergo, insegne e bar si
accumulavano sovrapponendosi in un unico
diario di viaggio, fatto di sole dodici pagine.

20140523

#326

E siamo dunque arrivati al momento in cui per ogmi nuova tazza che arriva, una vecchia tazza è costretta all'esilio.

20140522

#325 (Le mosche #39)


TAIJIQUAN

Mi girai dall'altra parte
e la sveglia si chiese perché non fosse
riuscita a distogliermi dal sonno.
Non sapeva che avevo verdsato del veleno
nei suoi circuiti.

#324

Nel suo lungo e inconsapevole tentativo di diventare un personaggio, ora ha anche un ciuffo ribelle che gli cade sulla fronte, quasi fosse disegnato, come in uno di quei cartoni animati giapponesi.

20140521

#323 (Le mosche #38)


OBLOMOV

Una città senza balconi, sole e panni stesi,
fatta di fretta.
Brigida Ochain
si sentiva spoglia come l'autunno
in attesa che il cielo la coprisse.

20140516

#322

È una parte della periferia che non avevo mai visto, per metà antico borgo ormai praticamente annesso alla città, e per metà metropoli a venire ancora in costruzione. Mio padre e mia sorella tentano di prendere il sole restando seduti nel monovolume, ma io preferisco sentirmi l'aria sulla faccia. Scendo sul selciato di sassi e cemento e faccio qualche passo nel vecchio quartiere abbandonato, mentre gli abitanti di quello in espansione già si sporgono attraverso gli infissi nuovi delle loro finestre al dodicesimo piano. Sulla piccola collina che cresce in un angolo del cimitero sconsacrato un gruppo di ragazzi si riposa all'ombra dei fichi centenari, e quella tipa sembra del tutto decisa a farmi vedere cosa c'è sotto le sue mutandine fuchsia.

20140515

#321 (Le mosche #37)


LOIE FULLER

Questi frigoriferi che ronzano nella domenica
mattina, la ventola prende il vento tonda nel
vetro della finestra mentre l'uomo aspetta
facendo scricchiolare il cucchiaino nel caffè
come un cancello oleato male.
Chi è la donna che lo fissa silenziosa
e nascosta dietro quella finestra del terzo piano?

20140513

#320

Era chiaro a entrambi che non ce l'avrebbe fatta, glielo leggevo negli occhi anche se non parlava. E il fatto che fossimo al quinto piano di un edificio pericolante non aiutava: sì, la strada era stata completamente abbandonata e mucchi di macerie la rendevano un posto perfetto per un'imboscata, ma l'aria era ormai irrespirabile e sapevamo che quelle creature stavano comunque per arrivare. Nonostante sapessi benissimo che lasciargli la pistola era un errore (al mio rientro il capitano mi avrebbe degradato per quell'attimo di umanità), tolsi tutti i proiettili tranne uno e lo costrinsi a tenerla per sé.

20140510

#319 (Le mosche #36)


ENTRACT

Bel corpicino elettrico a ore nove e un quarto
tutta fatta brulica nell'erba si accende e si
spegne inarcandosi come bisce d'acqua, come
anguille angeliche morte nell'alcool e nel
sospetto che si è spento come sigarette fradice
come giovani ribelli perse tra i gerani.

20140509

#318

Seguivano tornanti in salita per quarantasei chilometri, tra pozze di fango scivoloso da un lato e pareti di roccia pericolante dall'altra. Ogni volta che c'era una curva io e mio padre scendevamo dal pick-up con gli altri braccianti e spingevamo, mentre mia madre alla guida cercava di tenere il mezzo in carreggiata. Quello che veniva adesso però era un ponte, cioé due lunghe assi su cui bisognava far sfilare gli pneumatici in perfetta linea retta. Mentre affrontava l'ennesima prova, mia madre pensava a cosa sarebbe successo se non ce l'avesse fatta: si giocava non solo la vita (la nostra e la sua), ma anche e sopratutto la reputazione.

#317 (Le mosche #35)


NUMBER 9

Balla il Nemico ascoltando Shostakovich.
Balla ancorato a un attaccapanni che
considera sua moglie
pieno di vestiti di guerra,
una sirena gialla al posto della testa
e il lamento di un soprano che pronuncia la
sua bocca. L'acuto dei violini nevrotici
lo porta alla tomba, una campana e un corvo
sulla campana, la luna dietro al campanile
e il campanile durante la notte.

20140508

#316

La canottiera era stanca di sentirsi appesantita sempre dallo stesso uomo.

20140507

#315 (Le mosche #34)


LATITUDINI

Ragazza bruna
che profuma di Big Babol alla fragola
sorride come una bambina
calze spesse strette
nelle vecchie scarpe da tennis bianche anni '80
belle gambe
strano crocefisso
e legge Čechov in pullman
masticando la sua gomma rosa.
"Il giardino dei ciliegi".

20140506

#314

Raccolgo la spilla sulle scale della metropolitana. È d'oro, a forma di chicco di caffé. Cosa ne faccio? La metto in tasca e la porto a casa, come faccio con tutti gli oggetti strani che trovo? O la lascio al gabbiotto della fermata, perché il legittimo proprietario la ritrovi? Sarà sicuramente di un ricco magnate del caffé, mi dico, se ne farà fare un'altra. E la mano va già alla tasca. O apparterrà forse a un commesso viaggiatore a cui l'azienda ha fatto dono di un segno di riconoscimento, la cui perdita sarà vista come un disonore? E il piede torna sui suoi passi. Ma quello speculatore miliardario campa di certo sulla pelle di poveri operai sottopagati nel Sud del mondo. E la sottrazione diventa un gesto politico. O non si tratterà piuttosto di un pover'uomo che l'industria del caffé ha salvato dall'indigenza, e che in quel piccolo oggetto devozionale ha riversato il dispari dello stipendio pazientemente accumulato negli anni? Faccio ammenda ed evito il sacrilegio. Un attimo: e le migliaia di indigeni che sono dovuti morire perché la civilissima Europa avesse la sua droga nera e bollente? Il gesto politico diventa un atto morale. Ma se fosse invece un nonno, magari prossimo alla fine, il cui unico piacere sia riandare ai felici anni passati in ditta, che i suoi colleghi hanno racchiuso in quel regalo per la pensione? Non posso derubarlo dei suoi migliori ricordi. Eppure ora quella spilla è in una scatolina di latta, ben chiusa in uno dei miei numerosi cassetti, a far compagnia ad altre decine di piccole cose perse, frammenti di vite altrui coscenziosamente raccolti, catalogati e conservati.

20140502

#313 (Le mosche #33)


IL PIEDE E LA SPALLA

1.
Mi sanguinano le gengive, quando fa freddo,
e le unghie delle mani quando discuto col
mio pianoforte o con le macchine per scrivere
degli altri.

2.
E so benissimo che mi cadranno tutti i capelli.
Dunque non mi importano le torture
a cui li sottopongo, né dei cappelli
che porto sempre per tenere assieme la testa.

20140430

#312

La moda vi va tutte belle, fortuna vostra, ma sotto sotto non siete niente di che.

20140429

#311 (Le mosche #32)


INDIPENDEMENT

Camminava in quel luogo percuotendo un viaggio
come fino alla fine del mondo, portandosi dietro
la musica di voci basse, una colonna sonora continua
come se ogni suo gesto le fosse stato in effetti
comandato da una poesia scritta tra le insegne
nelle strade e su quelle pietre rosse.

#310

Ritornare alla veglia dal sogno era come riemergere da una profondità marina: un atto fisico, difficile, perfino doloroso, da cui si veniva fuori spossati, ansimando, cercando l'aria come dopo un'apnea forzata.

20140427

#309 (Le mosche #31)


LO SPAZIO CIECO

La famiglia Ansel Adams abita la grande casa
sulla collina, quella col cancello alto e il drago
verde che esce dalal finestra della soffitta.
Qualunque tempo faccia, sul tetto di quella casa
splende sempre il sole, e le nuvole sono ampie
e bianche, gonfie come pecore in primavera.

20140424

#308

Che strana sensazione dormire da solo. Libertà, certo, ma anche
fin troppo spazio a disposizione.

20140423

#307 (Le mosche #30)


LO SPAZIO-CIELO

Stavolta è la sua sottana nera presa dal vento
nel Ballo d'Inverno, appesa nel sole come una
vecchia in lutto al funerale della persona che
più odiava, danzando come col diavolo in corpo,
e senza corpo che aria e tempo.

20140415

#306

La pazienza è l'ultima a morire.

20140413

#305 (Le mosche #29)


YERAKINA

Perfino troppo bionda, come se portasse in testa
un campo di grano in giro per la città.
Ma coltivare le sue idee ha un che di suicida
(del resto amore, furore e rancore fanno tutti
e tre rima con errore).

20140410

#304

Chi era Gesù, in realtà? E cosa vuole ora da me?
Perché continua a bussare alla mia porta?

20140408

#303 (Le mosche #28)


LO SCULTORE DI SALE

Un cane che latra con l'eco, divertente e lancinante,
e ogni urlo si espande nella piazza come un
riverbero allucinato che cerca comprensione.

#302

Il Papa segue Dio su Twitter.
Nessuno in Vaticano ha il coraggio di dirgli che è un fake.

20140407

#301 (Le mosche #27)


SOLEIL

Lei correrà nel deserto, poco lontano dalle ultime
grandi città sepolte dal vento, seguita da uccelli
al titanio con gli occhi rossi e le ali di metallo.
Poi riposerà presso questa fonte, bevendo acqua
impolverata e, guardato l'orizzonte, penserà alla
migliore direzione da prendere.

#300 (a R.W.)

Niente interessa a nessuno meno dei sogni degli altri. L'incapacità
di immedesimarsi è nulla, oggi, e quel che per uno è una favola meravigliosa non è che nebbia e freddo buio per tutti gli altri, nessuno escluso. Non c'è più neanche una persona disposta ad ascoltare, a meno che il sogno non venga riscritto in forma di commerciale vaneggiamento.

20140404

#299 (Le mosche #26)

Teresa ha una voce che percuote l'anima in lungo e in largo,
facendo quasi soffrire
e chi ha bagnato il piede nello specchio della sua acqua
non è poi voluto mai più tornare indietro.

#298

Sprizzi saggezza da tutti i pori.

20140403

#297 (Le mosche #25)

Quella mattina non s'era guardata allo specchio,
come di solito fanno tutti prima di uscire. Perciò
avrebbe benissimo potuto aver cambiato faccia,
senza saperlo e senza che nessuno, sconosciuto
o conosciuto che fosse, avesse potuto avvertirla.

20140402

#296

Mio figlio è un topolino, nato e cresciuto nell'acqua che si è accumulata sul pavimento dopo l'ultimo acquazzone. Poi s'è trasformato in un bambino, piccino come una fiaba: gli ho comprato il più piccolo ukulele, e gli stava come un chitarrone. Alla fine è diventato un bimbo vero, uguale a me ma in miniatura, e finalmente tutti gli vogliono bene. Ora passa di braccia in braccia, a rischio di farsi male, ma col sorriso sempre in faccia.

20140331

#295 (Le mosche #24)


ZION TRAIN

Marta Kauffman sapeva perfettamente
che abbaiare non voleva dire mordere.
In quel momento mi ricordava
un'altra persona, una persona
che avevo conosciuto e amato
e tra i cui capelli avevo viaggiato.

20140330

#294

Alla forza incontrovertibile dei dati, un muro solidissimo e secolare, opponeva il senso oscuro che sta dietro ai dati, come una goccia millenaria. Non era contro la storia, perché la storia non esiste, ma faceva essa stessa parte della storia, vi scorreva all'interno, parallelamente agli altri eventi, e scavava con pazienza un solco verso la realtà.

#293 (Le mosche #23)


TUNISIA

Questo pullman
è come un servizio
a domicilio
come una colazione
in camera
come un risveglio
con un bacio.

20140328

#292

Siamo arrivati stanotte al giardino segreto, nascosto sul tetto di un edificio di sei piani in un quartiere periferico di una delle più grandi città del vecchio mondo. È illuminato solo dalla luna, e il suo guardiano ci fissa scoraggiato mentre raccogliamo carote e finocchi. Il resto della truppa ci aspetta in strada, e non saprà mai cosa si prova a stare dopo tanti anni in mezzo alla terra tra gli alberi.

#291 (Le mosche #22)


LA LANTERNA

La sua camicia da notte, appesa fuori alla finestra,
era gonfia come se il vento l'avesse messa incinta,
come un fantasma grasso.
I panni bianchi stesi sul terrazzo sembravano
bandiere scosse per avvisare il cielo che lì
si poteva atterrare.

20140327

#290 (iQ#34)

Ricorda.
Origami
agli angoli delle pagine.

20140326

#289 (Le mosche #21)


VERTIGO

Il vino della Borgogna si fa strada,
davanti a noi, a passi decisi nell'ombra
del porto, e ha una voce che ricorda casa.

Ho il diritto di non parlare:
qualsiasi cosa dica (contro di me)
potrà essere usata in tribunale (contro di me).

#288

Già di giorno subisco l'inconoscibile fisica delle lenzuola, per cui ogni regola della geometria è sovvertita a favore di incontrollabili risultati. Però mai, ripeto mai, provare a rifare il letto durante un sogno.

20140322

#287 (Le mosche #20)


IL BOLERO DELLE 2:29 P.M.

Lasciò il suo odore
tra le pieghe delle lenzuola
appeso ai muri
posato leggero ovunque
come una tempesta che porta fiori.

#286

Mio padre non era mai stato tanto elusivo come quel giorno: guardava fuori dal finestrino, indeciso se quel cielo gli ispirava gioia o preoccupazione, cambiando idea sul suo stato d'animo, incapace di scegliere se proseguire o tornare indietro.
"La soluzione in questi casi" lo provocai, "è mettersi a letto e coprirsi la testa con un cusino."
Lui mi giardò con un'espressione vaga, e poi disse: "Ma per farlo bisogna quantomeno decidere di tornare a casa."

20140320

#285 (Le mosche #19)


LE PETIT BALOC

Se Dizzie Gillespie
avesse avuto altri due centimetri di spazio
nelle sue guance
ci avrei costruito una casa galleggiante
per peregrinare sulla Senna
dipingendo come Monet
e invitando i miei amici
a una limonata in festa
tra le luci sfocate
della città che fonde.

#284

Abbiamo fatto colazione alla libreria del Mondo Offeso, siemo entrati per la prima volta nel negozio di modernariato, abbiamo cucinato tonno tiepido marinato con sesamo, alghe, daikon e riso giapponese, ho recuperato tre vasi di terracotta, piazzato alla portinaia la serie completa dei libri di cucina, abbiamo impastato la pizza, siamo andati a trovare mia sorella, abbiamo visto una casa in vendita, abbiamo portato i libri al bookcrossing e siamo tornati con più libri ancora, abbiamo fatto la spesa, abbiamo mangiato la pizza, siamo usciti a bere quattro cocktail al Morna. Tutto in un solo giorno, quasi perfetto.

20140318

#283 (Le mosche #18)


ZWOBODA

Una serie di fotografie messe insieme come a
formare i quattro settori di una nuova foto
davano, secondo me, il risultato di una moltipli-
cazione e non di un'addizione, come un montaggio
delle attrazioni.
Quella casa acquistava così dei rimandi, delle
evocazioni di argomenti che si per sé non
comparivano in nessuna delle singole foto.
Era la casa stessa a dare il significato di
tutte quelle immagini.

#282

Ricordo molto bene la sensazione che ho provato la prima volta che mi sono collegato a internet: mi sembrava di aver lanciato un sasso e di non averlo mai sentito atterrare. Pensai di aver mandato quel sasso in orbita, nel vuoto che si estendeva all'infinito oltre il mio schermo. Non potevo scrivere a nessuno che non conoscessi già, e la maggior parte delle persone che conoscevo non avevano ancora una casella di posta elettronica. E non potevo cercare praticamente nulla, perché non c'era ancora nulla da cercare. Era come una grande festa a cui non si fosse presentato nessuno.

20140317

#281 (Le mosche #17)


LA RAGAZZA DI JOHN FANTE

Con una scarpa sfondata, una linea netta e profonda
che taglia la suola sinistra in due, come una bocca
che sorride e che, quando piove, si riempie di pianto.
Ma che ci sarà poi da ridere?

#280

In piedi davanti ai fuochi, le voci spuntate da una ricetta, il grembiule addosso e gli strumenti disposti, ne sono certo: cucinare è come eseguire In C di Terry Riley: gli ingredienti sono sempre gli stessi ma il risultato cambia a seconda dell'interpretazione.

20140315

#279 (Le mosche #16)


THE DEVIL

L'acqua scorreva lenta, il gas era strozzato
e dovevamo attendere ore per le comuni
faccende da sbrigare. Lo zen e l'arte di aspettare
entrarono così nella nostra casa,
di soppiatto e lentamente.

#278

È molto liberatorio, ma anche un po' inquietante: quando ti apri al caos, il caos guarda dentro di te.

20140314

#277 (Le mosche #15)


QUARTOMOVIMENTO

L'amico, che è un imperscrutabile poeta
di candele rosse, si abbandona al flusso inevitabile
indeciso e soffuso, confessando perfino
a se stesso di non aver più paura
di restare con la fame per coperta.

20140312

#276

Saldare con l'oro, e con l'oro riparare al torto inflitto. Così la tazza ritrovata vale ancora più di quella perduta. Non fosse così giapponese, sarebbe da farne una pratica di vita.

#275 (Le mosche #14)


NOTTE A DOMICILIO

Ascoltando Thelonious Monk
steso sul cesso cercava,
fissando il termosifone,
di spiegare all'amico
i problemi dell'idealizzazione
(e dell'assuefazione)
ma poi, spinto dall'ardore emorroidale,
decise di desistere.
Se non altro qualcuno, per un po',
sarebbe rimasto contento.

20140311

#274

Il mio lavoro è stare sopra, dietro, accanto, davanti e sotto ai fotografi. Sopra perché li dirigo, dietro perché li sospingo, accanto perché li consiglio, davanti perché gli preparo la strada e sotto perché dipendo da loro.

20140309

#273 (Le mosche #13)


14

Beethoven aveva strutture proprie da seguire,
percorsi personali, strade private.
Dal canto suo trema la finestra, piccola
e bianca, scintillante come il riflesso
del sole sulla neve.

20140307

#272

Ci ha messo anni a capire che l'espressione che si usava in famiglia quando andavano a trovare la nonna era più di un semplice modo di dire. Ma ora si è svegliato all'improvviso durante la notte e tutto gli è chiaro: molto tempo prima di lasciare questo mondo la madre di sua madre aveva smesso di essere una persona ed era diventata un luogo. È per questo che quella frase ha ancora senso. Si alza più presto del solito ed esce di casa: oggi si va da nonna.

#271 (Le mosche #12)

Contemporaneamente l'uomo bruno
e barbuto seguiva con gli occhi
la traettoria di una mosca,
ascoltando musica sperimentale.

20140305

#270

Le due cugine, figlie di due fratelli che non si sono sposati lo stesso giorno e nemmeno lo stesso anno, sono nate lo stesso giorno dello stesso anno, e nessuna delle due ha vinto la sfida (tessuta tra i loro genitori prima ancora che quello di avere figli fosse un progetto concreto) a chi dovesse per diritto di primogenitura portare il nome della nonna. Oggi una vive nella città in decadenza e l'altra nella campagna in rapida ascesa, ed entrambe portano lo stesso nome.

20140304

#269

Sono stato molte volte lì lì per superare il Circolo Polare Artico, ma non l'ho mai fatto. Sono prigioniero di una griglia di meridiami e paralleli, oltre la quale non mi è dato di andare.

20140303

#268

Mi serve la tua palpebra, gli dico. Lui non ci pensa nemmeno un momento, prende un paio di forbici da carta e comincia a tagliarsela, soffiando poi a bocca e naso chiusi per farla saltar via.

#267 (Le mosche #11)


MAI O PER SEMPRE 

Se Cyrano non avesse avuto la letteratura
dalla sua, nemmeno in punto di morte la
sua bellezza sarebbe stata svelata.
Questo pensava alle 0208h p.m. Marcel,
poeta ospite e amator senza conquiste,
che fu tutto e lo fu inutilmente.

20140301

#266 (Le mosche #10)


UNTIL THE END OF THE WORLD

I due compari ballavano la danza delle spade
come Dada in vacanza nella città indistriale
provando a fare teatro senza ricompensa per
il vicinato, che li spiava e aveva cose da dire.
Ma pensavano ai viaggi, a come rompere gli
oggetti e ricavarne qualcosa di totalmente
diverso, a come gettarsi dalla finestra e
ritrovarsi direttamente in un'altra parte
del mondo.

20140228

#265

Seduta in metrò, una donna sui sessanta, vaga somiglianza con
Angela Merkel, seria al limite dell'accigliato, vestita di nero, elegante, accessori costosi e di classe. E, pochi metri più in là,
in piedi, una seconda donna, sui sessanta, vaga somiglianza con
Angela Merkel, seria con note di apprensione, vestita di nero, casual, accessori costosi e sportivi, per il resto perfettamente e indubbiamente identica alla prima donna. Entrambe dimostrano assoluta e totale inconsapevolezza della presenza se non
dell' esistenza dell'altra.

20140227

#264 (Le mosche #9)


STUFA E POVERISSIMA

Stavamo nella piccola casa, a dipingere e
fotografare, stesi sul letto disfatto a righe,
e rannicchiati per il freddo.

#263

Morivano dalla voglia di sputtanarsi a vicenda, ma dire a qualcuno di aver incrociato l'altro in quel posto avrebbe significato sputtanare prima di tutto se stessi.

20140226

#262 (Le mosche #8)


LA LEGGENDA DEL RE FOTOGRAFO

W. Eugene Smith aveva un cane palese.
A nessuno di quelli che lo conoscevano
sarebbe mai venuto in mente che quell'
animale fosse un'altra cosa.
Tutti sapevano che era un cane perchè
lui non era capace di far nulla per
sembrare qualcosa che non era.

20140225

#261

La mia domanda è: come può il dottor Carracci, dopo aver passato gli ultimi anni eseguendo azioni non funzionali che, anche se possono essere considerate artistiche, lui definisce inutili, fini a se stesse, e nonostante veda questa pratica come il modo migliore per l'uomo di realizzare se stesso allontanandosi dalle false seduzioni e rifiutando la volontà di potenza del mondo occidentale, e malgrado sia indubbiamente forte e comprensibile la tentazione di condividere le sue conclusioni, col rischio però congenito che l'eventuale utilità di questi insegnamenti acquisti quindi un finora eluso scopo oltre che un inevitabile effetto, come può, dicevo, pubblicare adesso questo  
"Fino a se stessi, — leggo testualmente — ovvero l'arte dell'autorealizzazione attraverso le azioni non funzionali"?

20140224

#260 (Le mosche #7)


CHINESE EXPRESS

Gruppo di intellettuali cinesi
mangiano manciuria restando
fermi e aspettando wonton
fritti. Il giovane Miyura li
osserva pulendosi gli occhiali
sporchi di fabbrica, macinando
sigarette e desiderando una
moglie giapponese.

#259

Dopo aver passato l'intera vita a cercare di evitare il dolore, come risolversi al suicidio? Anche nei momenti peggiori, l'estremo cambiamento gli sembrava comunque la scelta più dolorosa possibile.

20140223

#258 (Le mosche #6)


MAUDE CALLEN

Forse non ho il prezzo giusto
forse non ne vale la pena, il prezzo non
vale l'acquisto, l'acquisto non
vale il mantenimento.
Ma il girotondo praticato intorno
al cerchio attorno a noi
a tem in partixolare, e ai tuoi capelli
e a questa mano
che ti attraversa la testa come strade
in un prato del vento
(brughiera, cime tempestose, erba, cieli ecc.)
val la ricerca
il viaggio
il sapore
il sorriso
il saluto
e tutta la carovana.

20140222

#257 (Le mosche #5)


ALTE LUCI

Mio nonno cercava sempre di convincermi
a bere il vino a tavola, ma io niente, ero
il tipo a cui bastava intingere il pane
nel pentolone dove mia madre cuoceva il
sugo.
Chissà cosa penserebbe mio nonno di me
adesso.

20140220

#256

L'eterno ritorno non è una teoria filosofica. Esiste davvero. Solo che l'amico Friedrich ha sbagliato i calcoli: ogni mattina gli stessi orari, gli stessi gesti, gli stessi abiti, le stesse frasi, gli stessi biscotti, la stessa casa, in definitiva la stessa vita. Il ritorno è eterno ogni giorno che passa.

20140219

#255 (Le mosche #4)


INCIDENTI DI PERCORSO

Parlando in giro di questo Signor K.
Kafka, insomma, e del suo inseparabile
Joseph K. trovai per terra una carta
da gioco francese, nemmeno a dirlo un
K di quadri. La prima domanda che mi
posi fu come si fa a a perdere per strada
uan carta da gioco. La sconda cosa
volevano dirmi quei quadri.

#254

Non erano semplicemente bravi e belli, erano bravi perché belli. Era questo che mi affascinava di loro. Se nel primo caso avrei solo provato ividia e rabbia, il secondo mi lasciava infatti esterrefatto per la sua logica limpida e però irrazionale. Ecco perché da quel momento ogni volta che incrociavo una bella donna mormoravo tra me "è un genio".

20140218

#253 (Le mosche #3)


TEST PILE

1
Decidemmo di imbrogliare la natura
e convincere quelle piantine, destinate
al clima tropicale, che fosse ancora
estate.

2
Le tenevamo chiuse in un armadio
con dentro la luce continuamente accesa,
abiti umidi appesi e fuori i termosifoni
sempre al massimo.

20140217

#252 (Le mosche #2)


CARTIER-BRESSON

Singolarmente preso
dal problema di stato in luogo
inutilmente descrivo descrivo
e a volte indago.
È importante che abbia
qualcosa da dire?
Denunciare e prendere posizione
fanno l'uomo ladro
della propria sincerità.

20140216

#251 (Le mosche #1)


BOKU

Era un armadio femmina
discretamente pesante,
ma un armadio di gomma.
Morbido, insomma.

20140212

#250

Il bambino compare in salotto poco dopo la mezzanotte, mentre dovrebbe essere già a dormire. Tiene il pollice in bocca, è bianco in volto, suda.
"Tobias," dice la madre, "non dormi?"
Ma Tobias non risponde. La madre gli fa cenno di avvicinarsi, e quando lo accarezza si accorge che ha il pelo drizzato sulla nuca.
"Hai fatto un brutto sogno?"
"C'è un altro bambino nel mio letto."
Ora è lei che sbianca, perché certa di non aver mai detto al figlio che il suo gemello è morto alla nascita.

20140211

#249

E così Herr Mozart ha intrappolato nel suo incantesimo anche mia moglie, e ora è tutto un Papageno qui e una Papagena lì. La povera donna se ne va in giro per casa come un'indemoniata emettendo suoni sconci e balbettando versi animaleschi. E da quando quel diavolo di un bavarese s'è inimicato i potenti e viene regolarmente rappresentato al Wiedner qui in periferia, non posso nemmeno trincerarmi dietro la scusa della nostra indigenza, e sono costretto a portarla a teatro quasi ogni sera. Immagino che anche sperare in una prematura dipartita di Mozart non servirebbe a molto, perché malgrado la mia scarsa inclinazione alla musica nemmeno io fatico a capire che le sue opere gli sopravviveranno in eterno.

20140210

#248

Cosa voleva dalla vita? Semplice: godere dell'arte degli altri, e contribuire nel suo piccolo.

20140209

#247

Si trasformavano lentamente in pietre, ma continuando a stillare sangue.

20140206

#246

Ipocondriaco benestante cerca ragazza sana con sindrome dell'infermiera.

20140205

#245 (a H.L.)

Molti anni dopo ricordò quel che lui le aveva detto la sera in cui gli aveva confessato il suo amore, cioè che essendo appena arrivato in paese dalla città, e a differenza di tutti gli altri avendo studiato, era troppo facile scambiarlo per qualcosa d'altro, per un grand uomo, ma là nel gran mondo ce n'erano molti come lui, e appena se ne fosse andata via li lì e avesse cominciato a viaggiare avrebbe potuto anche scegliere di chi innamorarsi per davvero. Ma ora che aveva vissuto nel gran mondo e aveva conosciuto tanti uomini dopo lui, ne era certa: non ce n'erano molti, in quel gran mondo, di persone come lui.

20140204

#244

Odio il pianoforte, così completo, così saccente, così pieno di sé. E schiavi del suo incanto i musicisti, compositori o esecutori che siano, diventano commessi viaggiatori impegnati a spiegare porta a porta il catalogo cromatico delle sue infinite possibilità.

20140203

#243 (to W.A.)

I believed you could be the brother I've never had.
You turn out to be the father I'd have never wanted.

20140131

#242

Per questo non sopportava il dottor Fleischman, perché si riconosceva troppo nel personaggio.

20140130

#241

È da tantisismo tempo il primo suono del giorno che sente, il mellifluo e imperturbabile bip intermittente che lo rapisce alla notte ogni settimana dal lunedi al venerdi appena scattano le 0630h: per l'ennesima edizione consecutiva vinche anche quest'anno il titolo di Miss Sveglia del Mattino.

20140129

#240

L'amore (era quel che aveva idea di scrivere) non esiste: usiamo la parola amore quando il desiderio sessuale si sovrappone a quello intellettuale, a sua volta composto da atteggiamenti come stima, affetto, rispetto. Ma se possiamo scomporre il desiderio intellettuale nei suoi minimi termini, questo non si può farlo col desiderio sessuale, a meno che non si voglia specificare le singole parti del corpo verso cui questo desiderio sia eventualmente indirizzato. Ma in questo caso la riduzione sarebbe solo ai singoli oggetti del desiderio, e non a differenti atteggiamenti – o attributi – del desiderio stesso. In ultima analisi (era proprio quel che aveva tutta l'intenzione di scrivere) si può dire che quando il desiderio sessuale finisce, o mancando quello intellettuale, l'amore – che è tutto sommato un'invenzione relativamente recente – non sussiste.

20140126

#239

Quindi, dopo aver sognato che mi dava il suo numero, la chiamai per scoprire se esisteva davvero. "Pronto," dissi quando rispose, "ho ricevuto una telefonata da questo numero stanotte in sogno..."

20140123

#238

Per esempio quando andava a mangiare alla mensa aziendale prendeva due di tutto, compresi piatti e posate, impilando un bicchiere nell'altro per non farsi notare, solo per portare qualcosa a casa. In questo e altri modi cercava di tenere nascosto il fatto di avere un figlio, soprattutto dopo essere stato lasciato dalla moglie.

20140122

#237

E gli abitanti di quella terra sudavano dalla fronte piccoli minerali preziosi, che lasciavano cadere a terra come pietre di nessun valore tra lo stupore di tutta la nostra spedizione. Se ci fossimo chinati a raccoglierli avremmo perso ovviamente tutta la loro considerazione, così provvidenzialmente ottenuta.

20140120

#236

"Cosa farai oggi?"
"Non so, dipende dal Fato: sono in balia degli elementi."
"Ma scusa, non aspetti quella risposta da Wes Anderson?"
"È vero."
"Che strano che quel che farai oggi dipende da Wes Anderson, neh?"
"Sì. Ma tutto sommato meglio lui che il Fato."

20140116

#235

Molti e diversi sono i Motivi che possono giustificare i Rumori della Notte passata in una Vecchia Casa: gli Infissi delle Finestre che tornano a contrarsi per il Freddo dopo essersi espansi nel Caldo del Giorno, i Tubi nelle Pareti che lasciano trasmigrare qualche Goccia d'Acqua intermittente tra i Mattoni, Pentole e Bicchieri che cercano requie dopo essere stati messi ad asciugare sul Lavello in Posizioni instabili, Libri indignati per essere stati anche oggi solo sfogliati che trovano un loro Ordine sugli Scaffali della Biblioteca, il Pavimento che complici i Tappeti tesse un nuovo Motivo a dispetto di Piastrellisti e Storici delle Decorazioni, gli Abiti che provano nuove Combinazioni per imbrogliare il Tempo e le Tarme, le Tarme stesse che si nutrono del loro stesso Viaggio, della loro stessa Abitazione. Non da ultimi Scarafaggi, Topi o peggio, Animali di una certa Entità tra le Intercapedini, se non Qualcosa o Qualcun altro di scientificamente inclassibifabile, percepibile solo per mezzo della Fede o della Paura, che dimora ancora qui, nella Soffitta o nella Stanza accanto sempre chiusa a Chiave, in barba agli Affitti, fedele a Contratti che neanche la Morte può più rescindere.

20140115

#234

Inutile chiedere intercessioni, specie ai defunti di fresco: il Signore ha un mucchio tecnicamente infinito di pratiche da sbrigare... Proprio ieri è arrivato a quelle del 936 d.C., e il ritmo è in costante rallentamento.

20140114

#233

Nessuno può sapere se gli sia stata già scattata la foto che un giorno finirà sulla sua lapide.

20140113

#232

A chi mi accusa di vivere nel passato, di restare attaccato a inutili ricordi, di accumulare tutto, vorrei far presente che dopotutto sono nato in una terra che conserva perfino i propri morti.

20140110

#231

Ogni volta che la salutavo prima di andar via temevo sarebbe stata l'ultima, ma in realtà sapevo che la volta successiva l'avrei ritrovata lì, al solito posto nella grande cucina accanto al camino ormai sempre spento, ancorata alla sua poltrona come una pianta malata ma millenaria. L'esperienza inganna.

20140109

#230 (iQ#33)

In attesa
alla finestra.
Piove come se piovesse.

20140108

#229

Ritorno una volta di più nella città
da cui sono partito la prima volta
dicendo sotto voce, per non farmi
sentire nemmeno da me stesso,
non ritornerò mai più. Attraverso
il parco dello spaccio, dove sempre
ho avuto paura di entrare, e ne
assaporo così la bellezza triste
e malconcia, passando accanto
al centro estetico dove una volta
c'era il mio asilo. Percorro la strada
che dal liceo mi portava a casa
e cerco tra i citofoni i nomi delle
persone per cui ho provato qualcosa,
trovandone ben pochi, tanto da
dubitare del mio passato, della
possibilità che io abbia davvero
vissuto qui. In auto per strade mille
volte percorse, è un viaggio nel tempo.
Il consorzio agrario che una volta
sfoggiava trattori John Deere ora è
un museo di archeologia georgica.
Il carcere allarga i suoi confini,
i cimiteri rinnovano i propri orizzonti
e centri abitati appena costruiti
colonizzano gli spazi vuoti, del tutto
simili a campi di concentramento.
Conosco ogni curva, ma questa
carreggiata è più malmessa di quanto
ricordassi. Tutto invecchia ma i miei
parenti e quelli dei miei amici
invecchiano più lentamente, graziati
dal tempo, in moto contrario,
procedono per paradosso e
inversamente proporzionali. Poi li
rivedo, i vecchi amici, tutti per uno,
come fosse stato ieri l'ultima volta,
ne incontro i figli, e intanto recupero
ricordi, un libro da cui tutto è nato
e tutto continua a nascere, comprese
queste parole. Da solo, una volta
a casa, sfoglio il primo romanzo che
ho provato a leggere, ventimila leghe,
ferma più o meno a dodicimila.
Sarà l'ultima storia che leggerò,
e in questo modo il cerchio verrà
chiuso una volta per tutte.

20140104

#228

"Perché mangi prima tutte quelle marce?"
"Per non doverle poi buttare."
"E così facendo non ne mangi mai una buona."