20101228

#101

Questa dannata psoriasi è la cosa più terribile che mi sia mai capitata: è come essere allergici a se stessi.
La cosa peggiore è che grattarsi è sia il metodo più istintivo per far passare il prurito, sia il sistema più sicuro perchè il prurito torni a colpire. Ma la ciliegina sulla torta è che l'alternativa farmaceutica, una terapia a base di medicinali cortisonici, provoca assuefazione, e così anche la soluzione più razionale comporta a lungo andare gli stessi tragici risultati di quella irrazionale.
Ecco: la nostra storia è come la psoriasi, amore mio, più cerchiamo di risolvere le cose e più le cose precipitano inesorabilmente.

20101021

#100

Mani nelle tasche e sguardo tra i piedi la aspettava giù in strada, abbandonato alla mancanza di orgoglio tipica di chi non ha davvero nient'altro da fare se non aspettare che lei esca di casa.

20101019

#99

Ed eccoli qui, fratello e sorella, dopo anni di nuovo insieme sotto lo stesso tetto, sotto le coperte dello stesso letto, a dimostrare se ce ne fosse bisogno ancora una volta le loro differenze, lui in canottiera a leggere la famiglia Winshaw dopo aver appena terminato i racconti di Matheson, e lei con felpa sul pigiama e cuffie sulle orecchie ad aggiornare Facebook e a guardare X Factor.

20101018

#98

Qualunque sia la situazione o il luogo in cui mi trovo, non mi sento mai il maschio dominante. Nemmeno se sono in compagnia di donne o bambini. A volte perfino quando resto solo con me stesso.

20100922

#97

Mi vede in metropolitana e viene a sedersi accanto a me.
"Cosa leggi?"
Più niente adesso, mi verrebbe da rispondergli.
"Ah," fa lui leggendo il nome sulla copertina. "Non lo conosco."
Ovviamente non sopporta Foster Wallace. Ma nemmeno Cormac McCarty, se è per questo. Per lui sono entrambi manieristi. Troviamo un accordo solo su Melville, Stevenson e Conrad. Kipling non piace a nessuno dei due.
Poi mi viene in mente che essere d'accordo con gli altri, se non per puro accidente, non è mai stato tra le mie priorità.

20100906

#96

"Qual è il problema?"
"Quale non è il problema."

20100904

#95

Ha ormai raggiunto quel tipo di fama in cui il nome dell'autore viene scritto a caratteri molto più grandi del titolo del romanzo. Eppure continua ad andare in giro vestito come Ahmadinejad, il volto torvo e la barba di una settimana, un Clint Eastwood invecchiato male.
Mi faccio largo tra la folla e lo raggiungo dietro al banchetto degli autografi. Non è stupito di vedermi, però nei suoi occhi c'è una riconoscenza tutt'altro che scontata.
"Ce l'hai fatta," dice. "Mi dai dieci minuti?"
"Non posso credere che tu non riesca a rinunciare al tuo stile nemmeno per una serata come questa."
Si guarda il giacchino impermeabile, toccando distrattamente il tirante della cerniera con le dita. "Non è il mio stile" dice, "è il modo in cui mi vesto."
"Ti vesti come uno sfigato."
"Il modo in cui mi vesto non ti riguarda, ovviamente. Ma ha i suoi vantaggi, se t'interessa: per esempio mi evita tutte quelle faticosissime discussioni con gli Africani che cercano di venderti libri di poesia o alle brutte di farsi offrire il caffè. Con gli sfigati non ci provano nemmeno. Sai che detesto dover inventare palle per dissuaderli... Se fossi crostretto, piuttosto, li manderei a quel paese. Sarebbe meno ipocrita."
"Papà, loro ci vengono, da quel paese."

20100901

#94 (68/4)

Il Diavolo sono le Falene, che lo aspettano mute, ferme ed inquietanti sulla tenda di casa, e che poi, d'improvviso impazzite all'accendersi delle Luci, vanno forsennatamente in cerca della propria Ombra sbattendovi ripetutamente contro sul soffitto e sulle pareti, in un ticchettante Amplesso che più stupido non si può.

#93 (68/3)

Il Diavolo è l'Herpes oculare e il pruriginoso Rossore che si porta minacciosamente dietro, di cui ha fatto la Conoscenza da bambino e che ancora adesso viene a trovarlo almeno un paio di volte all'anno.

#92

La vita supera talmente la letteratura per complessità e bellezza che a parità di banalità è meglio vivere che scrivere. Sarebbe una vera disdetta passare l'intera esistenza provando ad imparare a scrivere bene ma di una vita mal vissuta.

20100830

#91

"Questo è il tuo volto" dice. "Questo è il tuo naso storto, questa la tua bocca sottile, e questo il tuo mento troppo piccolo. Questi sono i tuoi capelli senza colore, e questi i tuoi occhi senza personalità."
"Bene," rispondono i suoi mille riflessi nello specchio rotto, "finalmente ci conosciamo."

#90

Con la città non si rivolgono più la parola. Preferisce la provincia, il bordolago, le vecchie mulattiere, i rifugi di montagna. È una questione di resistenza: lontano dai luoghi di potere aspetta il nuovo che avanza, e se lo immagina come la foresta in marcia contro Macbeth. Il suo è un complotto contro il dominio della bruttezza.

#89

Cosa pensano gli insetti quando sono fermi? Valutano la situazione? E che idea possono farsi, di qualsiasi sia la loro situazione? Stanno forse dormendo? O sono semplicemente paralizzati dalla paura? Vivono in una condizione di costante e totale incoscienza, o piuttosto di perenne e insanabile tensione? L'adalia bipunctata persiste a trattenersi sul bordo della finestra aperta, nè dentro casa nè nel resto del mondo.

20100827

#88 (68/2)

Il Diavolo zono le Zanzare Tigre Affamate, che sferrano i loro ultimi disperati attacchi nelle prime Ore del Giorno ormai fatto.

20100811

#87

Mi viene incontro sul pianerottolo dell'ufficio, ci divide una porta a vetri, lui per entrare ha bisogno di passare un badge su una fotocellula, a me per uscire basta spingere un maniglione del tipo antipanico. Lavora qui da molto più tempo di me. Deve entrare, devo uscire. Mi avvicino alla porta. Mi vede. Mette una mano in tasca. Mi guarda. Metto la mano sul maniglione. Tira fuori il portafogli. Apro la porta. Tira fuori il badge. Mi sta guardando. Spingo la porta, esco, mi scosto per farlo passare. Lui è ancora fermo accanto alla fotocellula, ci passa sopra il badge. La porta gli sfiora la testa. Non ci si può ridurre così. Rimette il badge nel portafogli, il portafogli in tasca. Entra. Non mi vede più. Non ci si può ridurre così.

20100809

#86

Attorniato dalle montagne (e dalle vacche) di Segantini, circondato da uomini e donne in perfetta forma, assediato dalla parola del Signore, che qui pare essere ovunque.
Ogni discesa è una salita, se vista dal verso sbagliato, e così è dal mio punto di vista: come sempre incapace di superarmi, sono io il mio unico ostacolo.

20100711

#85

Le larghe tende sporche attaccate alla ringhiera del balcone con mollette di legno sono gonfiate violentemente dalla brezza che lotta contro l'afa del luglio metropolitano.
Se questa casa fosse una barca, per quanto ingovernabile mi avrebbe già portato lontano, chissà dove.
Ho tutto, ma mi manca ogni altra cosa.

20100703

#84

Ogni volta che sale su un aereo gli parte dentro quella che chiama 'lostfobia', una paranoia da naufragio su isole sperdute: non è tanto
la banale paura di precipitare e banalmente morire, quanto quella,
in caso di incidente, di sopravvivere e di dover poi però condividere
i mesi successivi con quelle persone, proprio quelle, che in questo momento stanno salendo con lui la scaletta che li porterà al loro personale serial televisivo.
Chi sarà il loro capo? A chi affiderà la sua vita? Di chi si innamorerà perdutamente? Chi lo tradirà? E chi sarà il primo a morire per sua mano?

#83

E' strano esser finiti a parlare d'amore,
ma forse è una cosa che tra amici succede.
Grazie di far la parte dell'amica del cuore,
è solo una parte ma qualcuno la deve pur fare.

20100701

#82

C'è questo grande vuoto, dentro.
E più dentro, poi, in un angolo,
ci sono io.

20100407

#81

Dalla mia carrozza mi sposto verso il vagone ristorante. E' una lenta traversata, in bilico lungo la colonna vertebrale del treno. Stupida illusione, quella di trovare al mio arrivo, dal finestrino un panorama diverso.

20100322

#80

Il ritardo,
come il sonno perduto,
non si può recuperare,
bensì solo accumulare.

#79

Academy Awards: Zimmerman ne combina un'altra delle sue

REGALO L'OSCAR A OBAMA SE LUI RESTITUISCE IL NOBEL

Allan Zimmerman ci ha ormai abituati alle sue dichiarazioni politically uncorrect, e già in occasione della nomination come
miglior attore aveva commentato: "Assurdo! E' come candidare Ratzinger al Nobel per la pace."
Il popolare regista e attore attacca ora nientemeno che Barack Obama, e lo fa durante la serata di premiazione, dopo aver ricevuto l'ultimo dei tre Oscar per il suo Oedipus Redux (che ha strappato anche i premi come miglior film e miglior regia).
"Voglio regalare questa statuetta al presidente degli Stati Uniti d'America" ha detto a sorpresa il 42enne showman newyorkese, subito dopo aver finito di leggere il suo discorso di ringraziamento. "Certo anch'io sono bello e carismatico, ma come attore è molto più bravo lui." Poi, tra fischi e qualche applauso, Zimmerman ha proseguito: "Ma in cambio vorrei che Obama restituisse il suo Nobel per la pace ai leggittimi proprietari," e ha citato i nomi di Piedad Cordoba, Sima Samar, Wei Jingsheng, Malalai Joya, Denis Mukwege, Gazi Bin Muhammad e Greg Mortenson. La Universus, che ha distribuito gli ultimi sette film di Zimmerman, si è detta sconcertata dalle sue parole, e ha preso drasticamente le distanze: un portavoce ha fatto sapere che il contratto, che prevederebbe altri tre lungometraggi, è ora da considerarsi in discussione.

20100312

#78

Torna a casa a piedi, come al solito da qualche giorno ad oggi. Non sa perchè lo fa (salutismo non è, le polveri sottili non permettendo), ma sa che è stata una decisione, che non sta semplicemente capitando.
Si ferma al Delicatessen (pane di segale con semi di lino e succo di mela non filtrato) e sulla strada decide di fermarsi da Lo's.
Mentre aspetta di scottarsi le dita con i toast di gamberetti fritti lungo il resto della strada, legge l'introduzione ad un saggio di mitologia greca, e contemporaneamente osserva i gesti precisi di Lo (come fa ad esser sempre così sorridente?) e lo stile impeccabile del suo discepolo ed unico possibile erede (il figlio? un nipote spedito in Italia dalla Cina per ravvedersi di una vita dissoluta?). E' comunque certo che se avesse una qualsiasi attività economica da mandare avanti, sarebbe a lei e a lui che affiderebbe la gestione delle sue finanze.
Poi paga e se ne va con l'acquolina in bocca. Forse è per stupidi piccoli apparentemente insignificanti motivi come questo che lo fa: per un pezzetto di felicità al costo di appena due euro e venti.

20100310

#77

È mia. Contro tutte le previsioni avverse. Contro tutti quelli che mi dicevano "sei un illuso". Contro il fragoroso ritardo con cui l'ho cercata (certo come tutti di non trovarla), è mia. E' andata così.
Per un buon quarto d'ora indeciso tra Daria e Natalia, ma cercando in realtà lei (in una sfida suicida alla logica e al buon senso), mi volto ormai rassegnato e Kate è lì, dietro di me, in fondo alla grande sala zeppa di riviste e clienti, lei è lì. E' sui tacchi alti, come tutte le altre, e come tutte le altre è praticamente nuda, altissima e bellissima. Precede l'amore di un passo, come, mi dico, è logico che sia.
La guardo dal basso in alto, come un servo, o forse come un bambino. E' allora che mi rendo conto di aver sempre saputo quanto l'altezza sarebbe stata un problema tra noi, l'insormontabile ostacolo che mi avrebbe impedito di averla.
Valuto quindi l'idea di mettermi a saltare, di rendermi ridicolo di fronte a tutti per lei. Alla fine mi abbasso a chiedere aiuto ad un commesso, abbastanza alto per raggiungerla ma troppo stupido per vederla.
"Ce n'erano altre sette quaggiù," mormora contrariato. "Perchè vuole proprio questa?" E poi, verificandone con mano tecnica lo stato davanti e dietro, senza alcuna lascivia: "E' integra." (Senza comprendere che l'avrei presa comunque, anche se rovinata, anche se corrotta).
La stringo al petto, cerco di nasconderla agli sguardi degli altri, certo che tutti me l'avrebbero voluta togliere, che tutti l'avrebbero voluta per sé. Ma io solo l'ho vista, tra tutte io l'ho voluta, e per questo io solo tra tutti l'ho avuta.
Pago per poterla portar via, e il prezzo mi pare irrisorio. Poi, nuda sotto la fine pioggia municipale, la conduco finalmente a casa.

20100304

#76

Certo che ricordo tutto, come potrei dimenticare? Carla era davvero molto carina, ma era a Roberta che io puntavo, anche se era di un paio d'anni più grande sia di me che della sorella. Quel giorno come al solito io e Carla tornammo da scuola insieme, ma quando arrivammo davanti casa mia lei si sedette sul muretto che divide la strada dal giardino ed io la baciai. Mi si avvinghiò addosso stringendomi le gambe attorno ai fianchi, e danzammo per un po' così, goffamente, continuando a baciarci e a ridere. Una decina di minuti dopo passò Roberta, che come ogni giorno tornava in auto dal lavoro. Accostò e ci fece salire, io davanti e Carla dietro. Si accese uno spinello e lo fece girare. Ricordo perfettamente quando fummo superati da un'auto della polizia e allora scivolammo tutti e tre sui sedili tentando di nasconderci; quando riemergemmo la volante stava facendo inversione - ma solo per seguire, chissà perchè, un carrattrezzi che veniva in senso contrario. Sghignazzammo per un po'. Allora presi il coraggio a due mani e le invitai su da me, dato che i miei non sarebbero tornati prima di sera. La cosa odorava di trasgressione, così iniziammo a ridere di quella risata ebete e senza fine che accompagna sempre i momenti come quelli, e Carla e Roberta restarono in auto mentre salivo ad assicurarmi che il campo fosse libero. Un'auto sportiva arancione con i finestrini oscurati percorse molto lentamente la strada mentre attraversavo il giardino.
Contro ogni previsione mia madre era rientrata più presto ed era già a casa, così mi ci volle un po' prima di poter scendere con una scusa ad avvertire Carla e Roberta (non esistevano ancora i telefoni cellulari). A quel punto erano state già ammazzate. Roberta era seduta al suo posto, la testa riversa sul sedile, il volto sporco di sangue ed un grande foro nero al centro della fronte. Carla invece aveva provato a scappare, ed era stesa a terra sulla schiena in una posizione scomposta ma elegante, lo sportello aperto, una gamba ancora nell'abitacolo, il vestito bianco appiccicato addosso per via del sangue, che la ricopriva interamente come un lungo lenzuolo rosso.

20100222

#75

Tilda Swinton dorme abbracciata ad un'altra donna, ed ha i capelli rossi.
Quando si scopre alzandosi dal letto rivela un corpo di manichino, la pelle di plastica lucida, il taglio di ogni giuntura segnato fino in profondità.
Si muove fino al bagno, dove si spoglia completamente. I suoi seni sono piccoli ma molto belli, da adolescente.
Poi si sfila via la pelle delle braccia, come lunghi guanti trasparenti. Non sono membra umane adesso le sue, ma enormi e muscolose zampe di mostro, i peli drizzati, le vene in rilievo.
Quando la muta è completata l'essere orribile esce di casa e si unisce alla lugubre processione al monte, un carnevale osceno di deformità assortite in cerca di redenzione.
O, in alternativa, di bestiale soddisfazione.

#74

Niente da fare, non c'è verso di andare avanti in modo pulito, non c'è modo di concludere questa cosa in maniera elegante. Da me si vuole ignoranza e cattiveria, a me si chiede di gestire la situazione con barbara determinazione, di mettere da parte grazia e delicatezza e di perseguire l'obbiettivo con selvaggia ottusità.
Spiattello allora due cucchiaiate di crauti e senape all'interno di ognuno dei quattro paninetti e poi, incurante delle loro dimensioni incompatibili, ci sistemo sopra mezzo wurstel meraner ciascuno. Impossibile ingollare il tutto senza versarsi brodo di crauti caldo sulla barba o spargere pezzetti di carne bruciacchiata sul tavolo; i panini inzuppati si sfaldano, i wurstel arroventati mi bruciano le dita, la senape irrita le pellicine attorno alle mie unghie, nondimeno continuo a mangiare. E' ormai una questione di principio.

#73

Il suo collega lo stava letteralmente squadrando, come del resto ogni mattina.
L'uomo che in passato aveva confermato i suoi sospetti con dichiarazioni del tipo "che se ne tornino a casa loro sui cammelli" e "se vi dò l'impressione di star diventando frocio sparatemi nella nuca" lo stava fissando, presumibilmente chiedendosi come fosse possibile che lavorassero per la stessa azienda, nello stesso edificio. Nonostante la stima per il suo lavoro e la sua cultura, l'uomo che votava Forza Italia, l'amico dei primari e dei costruttori, il collega che ogni pausa pranzo usciva a giocare a tennis con gli imprenditori ed i politici stava fissando il suo piercing di metallo, che gli perforava il lobo sinistro.
"L'ho fatto come segno di appartenenza," stava cercando di spiegargli lui. Ma il collega continuava ad osservarlo senza capire, come se lui fosse una brutta strana pianta da balcone.
"Mettiamola così," riprese allora lui. "L'ho fatto come gesto di non appartenenza."
E poi, vedendo che l'altro era sempre più confuso: "Perchè sia chiaro che non appartengo alla tua categoria, che non sono della tua gente, che non vengo dallo stesso posto da cui vieni tu e che certamente non vado nella stessa direzione. Sono molto più vicino ad una tribù pagana che al tuo popolo."

20100217

#72

Ci sono due tipi di persone.
Quelle che pensano che ci siano due tipi di persone,
e quelle che non lo pensano.

20100202

#71

Scoprire che ero un bassista (e non, per dire, il chitarrista che avevo sempe sognato d'essere) fu uno shock terribile. Eppure successe un po' alla volta, non fu una di quelle intuizioni folgoranti che colgono le persone mentre mangiano un acino d'uva o guardano qualcuno parcheggiare un'auto. Quando però ne fui assolutamente convinto (una mattina, mentre andavo come ogni giorno a lavoro) mi parve come di averlo saputo da tutta la vita. Ora finalmente tutto quadrava: mi erano sempre piaciuti il suo suono e le frequenze delle sue vibrazioni, di ogni pezzo seguivo ogni volta la linea dell'accompagnamento più che quella della melodia, e perfino quando canticchiavo erano le note del basso quelle che intonavo.
Immaginai che dovesse essere un po' come scoprire di essere gay, e il fatto che il basso fosse, come noto a tutti, l'unico strumento di una band comunemente suonato anche dalle donne, non fece che acuire il senso di pericolo nascosto in quella rivelazione.

20100131

#70

Il fatto che per l'ennesimo anno consecuitivo avesse scelto un'agenda da una pagina al giorno invece che una da due pegine a settimana testimoniava che era ancora un inguaribile ottimista. Inspiegabilmente.

20100122

#69

"Whoa!"
"What?"
"You."
"Oh."

20100121

#68

E' sempre stato convinto di dover incontrare il Diavolo, prima o poi. Il fatto che non sia ancora successo non prova nulla, è un dettaglio che non gli concede alcuna tranquillità.
Si aspetta di vederlo comparire un po' ovunque, soprattutto la mattina mentre fa la doccia, in forma di Arto Aggettante che sposta la tendina traslucida, o, finito di lavarsi, come Spettro senz'Ombra, o anche come Vampiro senza Riflesso, o, al contrario, come Presenza alle sue spalle ma solo nello specchio, o ancora come Bambina Giapponese in divisa scolastica, che accosta le scarpette lucide ai suoi piedi nudi sotto il largo telo di lino grezzo mentre guarda in basso asciugandosi i capelli.
Anche se non vuole spesso si ritrova addirittura ad invocarlo, chiedendo tre volte che venga ma poi per altrettante volte supplicando che non lo faccia, come se questo bastasse davvero a farlo materializzare o ancor peggio a farlo poi sparire.
Ad ogni modo non si aspetta nulla di umanamente sopportabile. Non crede alle Rappresentazioni Cinematografiche del Male, uomini d'affari in giacca e cravatta, bellissime donne in abiti discinti. E' certo che quando il Diavolo si presenterà non sarà affatto piacevole, nemmeno per un attimo: s'immagina qualcosa di talmente spaventoso da portarlo immediatamente alla demenza, e questo solo nel migliore dei casi.
(Certe mattine, sempre in bagno, si sente puzza di zolfo, ma è solo perchè qualcuno gli ha detto che accendere un fiammifero è un metodo infallibile per eliminare i cattivi odori).
Però col tempo ha capito che in verità il Diavolo lo accompagna ormai da anni.
Il Diavolo sono i Peli sulle Mattonelle del bagno, che vengono fuori appena si gira.
Il Diavolo è la Polvere, che si accumula e che aumenta se non la si elimina, ma che in fin dei conti c'è anche dopo le pulizie.
Il Diavolo è il Mal di Denti che l'ha tenuto sveglio stanotte, è la Lombosciatalgia che l'ha costretto a rigirarsi nel letto, è l'Angina Pectoris (o era solo cattiva digestione?) che l'ha svegliato stamane, è la Psoriasi Semplice che lo tormenta la sera e quella Guttata che lo tortura la mattina.
Il Diavolo sono i Bambini al Piano di Sopra, che piangono e urlano tutto (l'intero) giorno mentre spostano e trascinano Oggetti Rumorosi sul pavimento, ed è la loro Mamma che gli urla di rimando maledicendoli e bestemmiando.
Il Diavolo sono i Parcheggiatori Animaleschi in cortile, che sbraitano tra di loro e ascoltano musica hip-hop mentre provano il rombo delle auto che hanno in custodia.
Il Diavolo è la Padrona di Casa, che non porta via le sue cose, non fa ridipingere il soffitto, non fa riparare quella perdita tra le tubature del bagno.
Il Diavolo è la Portinaia Introvabile, di cui si può avere esperienza solo attraverso la lettura dei cartoncini prestampati che lascia sulla sua porta a vetri: Sono in cortile - Sono sulle scale - Sono ammalata - Sono fuori - Torno subito. (E questo solo per restare all'interno del Perimetro Domestico. Spaziando in lungo e in largo sia in senso geografico che storico, il Diavolo è un sacco di Altre Cose, Altra Gente ed Altri Luoghi a lui perfettamente conosciuti, a ben vedere nemmeno così insospettabili).
Ultimamente si chiede perchè credere nel Diavolo se non crede in Dio, e si risponde che allora, forse forse Quei Due sono la stessa persona.

20100108

#67

Da questa città scappano perfino i Babbi Natale, che evadono dalle case calandosi con le corde giù per i balconi illuminati a festa.
Li seguo a ritroso con lo sguardo, fino al tetto e ancora più su.
Il cielo è ovunque.