20141130

#461 (Le mosche #110)


IL QUIETISSIMO

Scende largo
sorpassa il muro
si sposta magro
passo lento nella notte

la pioggia stilla
lo spilla al suolo
non riesce a fare
un movimento buono.

La bufera gli affibbia suoni che non ha commesso,
e il vento fa lo splendido, urla di stupore come
una sirena della pula che sgama gatti e porta
odore di delitto (l'ennesimo) giù nell'angolo
dove un tempo giocavamo, ti ricordi?
io e te a lanciare monetine.

20141129

#460

L'area era stata evacuata e transennata, polizia ed esercito a guardia degli accessi, scienziati bardati di bianco a fare rilevamenti, un intero isolato al centro della città, all'apparenza pronto ad essere abbattuto. E però troppi camionicini e pulmini, per non parlare della auto blu, entrano pieni e ne escono vuoti. Il cittadino a bocca coperta, naso all'insù e mani sulle orecchie, e l'intera zona si stacca dal terreno, abbandona la sua prigione d'asfalto e prende il largo nel cielo profondo e verso lo spazio, lasciando il resto del mondo al suo destino di entropia e oblio.

20141128

#459 (Le mosche #109)


STRATISFACTION

Attesi il treno invano. Poi lo persi. Ma non fu come perdere semplicemente un treno. Per me significava perdere un'occasione insostituibile, perdere la vita. Continuai ad attendere che arrivasse qualcosa a presagire il ritorno, ma ottenni vento e strani incontri. Casa non era mai stata tanto lontana. Non so quanto restai fermo a dondolarmi e a farmi scendere la notte addosso, forse secoli, perché quello che arrivava sul binario 16 era il treno più bello che avessi mai visto. Sbuffò di pulito e aprì silenziosamente le sue porte come bocche mosse dal fiato. Mi inghiottì dolcemente in un clima amniotico, di luci boreali e respiri no-smoking, sedili blu morbidi come mamme e pareti trasparenti (volti allegri, attraverso, calmi, come se avessero spodestato l'ansia e l'insoddisfazione). Le porte scorrevano soffiando e sparendo nel nulla. Tutto era nuovo, perfetto, pulito, sano. Non lo sapevo, ma in quella stazione avevo aspettato trentasette anni.

#458

Cenere alla cenere,
   polvere alla polvere,
      ok, ma anche un osso dello stinco
a quei cani dei miei fedeli.

20141127

#457 (Le mosche #108)


ALSO STARRING ZARATHISTRA

Un uomo altissimo si gettò dal quinto piano di un palazzo del centro e atterrò sull'asfalto un quarto d'ora prima del suo compare più basso ma più nervoso.
Da questo episodio Neal O'Connery, terrorista figlio di terrorista, non trasse alcuna conclusione di riguardo.

#456

Cominciò così, con l'impressione miope e riflessa di un grosso insetto nero che gli zampettava addosso. Lo ritrovarono un mese più tardi in cortile, morto schiantato dopo un volo di cinque piani.

20141126

#455 (Le mosche #107)


GIOTTO NATURALE

Tenevo tutti i risparmi in quella tazzina blu. Se la svuotavo avrei potuto comprarmi un vestito nuovo, ma non avrei avuto più soldi. E se non lo facevo mi restava una tazzina piena ma un vestito vecchio. Il paradosso fatto tazzina.

#454

E un coltello non è un coltello finchè non ottiene il suo taglio.

20141124

#453 (Le mosche #106)


TRAIN DE VIE

Di solito la polizia ferma le auto perché hanno commesso un'infrazione, o solo per un controllo. A noi ci fermavano a priori, per precauzione: ci tenevano in un parcheggio per evitare guai. Ma eravamo a bordo di un'Alfa 33 nera, molto usata e targata Napoli, e quell'anno stupendo avevamo addirittura i fari funzionanti e l'assicurazione pagata. Ci sentivano autorizzati a tutto, liberi e con licenza di uccidere.

20141120

#452

"Come fa il detto?" chiede la signora in coda alle Poste. "C'è più tempo che vita."
E in fondo una speranza non è una speranza finché non è tenuta in vita, una promessa non è una promessa finché non viene mantenuta, e un giuramento non è un giuramento finché non è osservato. Dev'essere per questo che spero, prometto e giuro non hanno l'infinito futuro.

20141119

#451 (Le mosche #105)


IL CONCISO

Yuko è simpaticissima. Appena arriviamo fa un breve inchino e – millenaria tradizione giapponese – ci scatta una foto con la sua ultracompatta avanzatissima. Sorride. Poi mi chiede di suonare qualcosa di John Lennon. Takashi parla in giapponese col suo amico Yoshi (marito di Yuko) e si scusa sorridendo del fatto che non possiamo capirli. Prego, rispondiamo, mentre Yoshi tiene un dito puntato contro il cane (che gli si è abbarbicato contro la gamba) e dice perentorio ma ridendo "No: non mi scopare!"

20141118

#450

Dai diamanti non nasce niente, dai vermi nasce il casu martzu.

20141117

#449 (Le mosche #104)


ATOM BELIVES IN ANYONE

Mi chiese una storia da leggere, ridandomi Big Sur bloccato a metà.
Cercai sul mio pavimento Shakespeare, Nietzsche, Gibran, Miller.
Gli diedi Bukowski."Ti darei Pennac, se non lo stessi leggendo io".
vulcanico, stroboscopico, fantasmagorico, condominiale Pennac.
Mi chiese se domani avrei lavato i piatti.
"Sì," risposi "li laverò col senno di poi."

#448

Appena solcati i trentasei, Orof Surzu si rese improvvisamente conto che se non fosse morto entro l'anno non sarebbe mai diventato nessuno.

20141115

#446/447 (Le mosche #102/103)


AN ANONIMOUS KILLER

Hai aspettato che il sole ti crescesse sui capelli
e sulle spalle
e ora, un giorno, sei diventata grande
e puoi guardarmi con gli occhi negli occhi.
Anzi, sei perfino più alta di me.
Hai aspettato tre anni a farmi sapere di te,
a chiamare e a tornare. Probabilmente hai fatto bene,
come al solito,
e ora sono abbastanza grande per capirlo.


IS AN OMINOUS KILLER

Il nostro rapporto è così improbabile perché
l'unica cosa che abbiamo in comune, tu ed io,
è che entrambi pensiamo esclusivamente a te.

20141114

#445

Cadeva come cade la pioggia nei pomeriggi alterati di Luglio, al rallentatore, una goccia accanto all'altra, una dopo l'altra.

#444 (Le mosche #101)


MUTATIONS

I miei amici seduti in gruppo sparso confabulando
stanchi e soddisfatti del lavoro appena finito
mi sembravano un principio d'incendio, diffuso e
scricchiolante. Da quant'è che avevamo scoperto
che la priromania era un mestiere molto più sicuro
ed eccitante che difendere la natura?

20141113

#443

Si allontanava come si allontanano gli aerei nei sogni, rimpicciolendosi pian piano ma senza mai muoversi davvero.

20141111

#442 (Le mosche #100)


MATINÉE JAAS

Per lui la vita non aveva senso se non veniva accompagnata dall'adeguata colonna sonora. Tutto ci sembra così banale, pensava, perché le nostre azioni non sono sottolineate della musica (come nei film, in cui tutto sembra essere più vero e interessante della vita reale). Aveva chiesto a tutti gli amici, mentre lo salutavano e gli lanciavano i loro addii, di intonare il tema di 8 e 1/2 e nella nebbia, sciarpa al collo, sparì oltre l'angolo della strada.

20141110

#441

Indossavo un berretto dei Redskins per non diventare un redneck.

20141106

#440 (Le mosche #99)


SHAKESPEARE LO FACEVA

Nella sera il pallido Miyura, di cui abbiamo già fatto la conoscenza, si sottopose in religioso silenzio al rito del taglio delle unghie, che indicava il suo passaggio al mondo degli adulti.
Non condivideva la propria cultura, fatta di zen, karaoke, videogame e formalità: riteneva quel gesto l'ultimo atto dovuto alla società dei padri.

20141104

#439

Capì molto presto che se voleva sopravvivere in Sardegna doveva combattere la sua stessa generosità.

20141103

#438 (Le mosche #98)


REDSNAPPER

La sporcizia e il disordine colonizzavano giorno dopo giorno la casa dei due artisti, andati a vivere a Parigi per imitare Henry Miller e i grandi contemporanei. In quelle stanze, fecondate da quadri sterminati, pile di pagine incompiute e ammassi di foto appese alle pareti, la purezza era entrata in prescrizione.

20141101

#437

Quella sì che era vita. Peccato dovesse finire.