20080731

#33

La prima macchia era venuta presumibilmente dal nulla, comparsa chissà come all'altezza del ginocchio sinistro in forma di irremovibile striscia di ruggine. Poi era venuto il confetto verde di una promessa di matrimonio che in tasca, bagnato della prima pioggia estiva raccoltasi sul paraurti posteriore dell'auto di suo padre mentre lui caricava la valigia della partenza, aveva rilasciato tutto il colorante in una mezzaluna di zucchero umidificato. E ancora frasche e cespugli su colline artificiali appena innaffiate in Agosto, a ordire la loro trama scura come ricordi su di una sindone. Le spille, poi, si sa, lasciano il segno, così come il rossetto altrui la traccia del suo passaggio. E gli schizzi di vernice blu e quelli di acquaragia, e gli acidi da camera oscura, e le pesche sciroppate, la confettura di ciliegia, il trascorrere del tempo a congiurare contro l'illibatezza dei suoi costosissimi pantaloni di lino bianco.

#32

Il problema estivo della signora L. era, come ogni estate da cinque estati, a chi lasciare il canarino Ulisse - detto Killer da quando aveva ucciso a beccate Penelope, la sua metà, per avere il doppio dello spazio nella gabbietta.
Il problema estivo della signorina G. - conosciuta anche come l'Ammazzanimali dopo che il suo canarino Morticia era morto come da copione d'inedia, e il suo gatto si era suicidato, e le sue due tartarughine d'acqua erano state mangiate dal cane (morto poi per soffocamento) - era diventato quell'estate come mai nessun estate prima, di tenere dunque il canarino del suo capo.

20080716

#31

“E poi,” riprese il professor Sirgundottir dopo una lunga pausa non necessariamente voluta, “tra il 2007 e il 2008 dev’essere successo qualcosa che ha cambiato totalmente le cose.”
Alle sue spalle ricostruzioni tridimensionali e abbastanza plausibili dell’Islanda del XXI secolo venivano proiettate a velocità supersonica, in modo che tutti i partecipanti al convegno potessero memorizzarle senza difficoltà. Erano immagini di un paese sconosciuto e primitivo, eppure di una bellezza sconvolgente, quasi terrificante. Nessuno di certo le avrebbe più dimenticate.
“Vorrei dunque sottoporre alla vostra attenzione alcuni componimenti di musica indigena registrati proprio in quei due anni. I supporti originali erano digitali, per cui un certo deterioramento è stato inevitabile e mi scuso per la qualità dell’audio. Ascolteremo ora di seguito Libraries dei Seabear, Rhuubarbidoo dei Mùm e Gobbledigook dei Sigur Ròs.”