20190827

#1975/1976

Di musica classica sapeva e capiva molto poco, ma Mozart le risultava a tal punto noioso ed irritante che ogni qual volta s'imbatteva in un suo brano alla radio, anche se non l'aveva mai sentito prima lo riconosceva all'istante e, sbuffando infastidita, si vedeva costretta a cambiare canale.

Per un po' avevo sperato che prima o poi Mozart mi sarebbe piaciuto, per lo meno in quanto figura di riferimento per Beethoven. Ovviamente non conoscevo ancora Haydn.

#1974

Delle diverse forme di tortura inflitteci per evitare che facessimo ulteriori danni, pensavo che i continui tagli su nocche e ginocchia fossero la più dolorosa. Ma ora qualcosa mi fa pensare che non sia nulla a paragone di quel che potrebbe farmi il Nano: in questo momento è alle prese con uno dei gemelli giganti, e per l'energumeno — biondo, quasi cieco ma potenzialmente letale — la situazione s'è messa davvero molto male.

#1973

La casa di Mick Jagger è una specie di castello, con un ampio giardino a pian terreno, circondato da mura diroccate e chiuso da un alto cancello, su cui si affacciano le stanze del palazzo principale.
Dalla finestra della cucina riesco a vedere gli ospiti che si incamminano lentamente verso la piscina, dove Mick siede su una sdraio, e fin dove la mia curiosità riesce ad arrivare. Non a tutti è dato di arrivare così lontano, aver varcato il cancello del castello non vuol dire necessariamente che si sarà poi anche ammessi a vedere la luce di Jagger, e in un modo o nell'altro non sono nemmeno riuscito a scattare una foto, neanche un segno del mio passaggio in questo luogo magico a beneficio dei miei followers su Instagram.

#1972

Tra le varie cose che caddero dalla borsa della nonna c'era un rullino, facemmo appena in tempo a vederlo prima che si infilasse sotto al mobile del soggiorno, da dove nessuno sarebbe stato più in grado di tirarlo fuori.
E così gli ultimi ricordi della nonna sarebbero rimasi in quella casa, dove lei aveva vissuto le sue gioie e i suoi dolori.

#1971

Juri non è contento della mia soluzione, ma a mio avviso ora la posizione della doccia funziona molto meglio. E pazienza se adesso dall'esterno tutti vedono le ragazze mentre si lavano: lasciarsi guardare non è il loro lavoro, dopo tutto?
Me ne resto dietro la nuova tenda, simile a un teepee, per dimostrare la validità della mia posizione, e intanto ne approfitto per toccare il culo a una delle ragazze, che per altro ridono di gusto. Ma Juri non è convinto, non è convinto per niente, e prima di andar via mi guarda torvo come per dire questa partita è tua ma so dove vuoi arrivare e ti terrò gli occhi addosso.

20190810

#1970 (Wódka Szymborska #17)

Buonanotte.
È facile dire buonanotte. Vediamo quante volte dovrò alzarmi prima di poter chiamare questa notte una buona notte.
Anch'io spero di non dovermi alzare.
E invece...
Spegni la luce?
La lascio accesa ancora un po', per guardarti ancora un po'.
Per leggere un po'?
No, per guardarti ancora un po'.
Come sono fortunata. Ora proviamo a dormire?
Buonanotte.

#1968

Ora lavoravo il doppio per guadagnare la metà.
Ma siccome fino ad allora avevo lavorato la metà di quel che avrei dovuto guadagnando il doppio di quel che avrei meritato, mi sentivo tutto sommato fortunato: la vita continuava ad essere ingiusta.

#1967

Sulla pronuncia terrona, già condizionata dalla deviazione del setto nasale, s'innestava ora il raffreddore, col risultato di una voce d'oltretomba ma priva di riverbero, lugubre e al contempo comica come quella di un caratterista da commedia dell'arte morto, la cui carriera era sempre stata in sordina.

#1966

Quella della scelta del posto in treno è una dinamica molto delicata, e tra le più complesse. Dev'essere quello accanto al finestrino, ovviamente, altrettanto ovviamente posizionato in direzione di marcia e, un'ovvietà da non sottovalutare, non esposto al sole ma, possibilmente, con vista sul lato più interessante del panorama. (Inutile forse dire che sia il posto accanto che i due di fronte devono essere preferibilmente liberi).
Lo si può individuare già prima di salire sul vagone prescelto (uno dei centrali) e, ammesso sia disponibile, si tratterà poi o di scegliere quello contornato da altri gruppi di quattro sedili vuoti o di selezionare il compagno di viaggio ideale, chiaramente salito prima di noi, e che ci guarderà potenzialmente per tutto il tragitto dall'omologo del nostro posto.
Ma a condizionare questa fase subentra quella della comparsa dei nuovi arrivati, che a loro volta valuteranno i vecchi, ovvero noi. Se non si viene scelti come compagni di viaggio ideali si proietterà sui coloro che sopraggiungeranno successivamente l'idea di essere sfigati, ma del resto se si viene opzionati da personaggi particolarmente sfigati si finirà per vivere del loro riflesso per tutto il resto del viaggio.
Del resto, scegliere il posto accanto o di fronte a passeggeri particolarmente stilosi o disinvolti da un lato ci ammanterà della loro aura, ma dall'altro ci costringerà per tutto il tempo che passeremo al loro cospetto a mantenere un profilo adeguato, all'altezza delle aspettative che noi stesso avremo creato ardendo di sedersi esattamente lì.

20190809

#1965

Torna a casa a giorno fatto, dopo aver passato la notte fuori.
“A dormire non riesco,” dice. “Ormai sono le 0630h, tornare a letto non ha senso.”
Indossa il suo solito trench verde e un berretto di lana rossa che non le avevo mai visto.

#1964

Il rumore era diventato insopportabile: un cicalio metallico intermittente ma interminabile, come di maniglia poco oliata, un animale meccanico che si lamentava dall'interno dei muri del bagno.
Bussai quindi alla cinese della porta accanto, che gestiva una mensa clandestina, e le chiesi se lo sentiva anche lei, se anche per lei era un problema o se era piuttosto qualcosa che non la disturbava, causata magari da qualche entità che lei conosceva, rispettava o temeva, e che abitava le intercapedini tra i nostri appartamenti, qualcuno che aveva evocato con gli odori o le esalazioni della sua cucina, deciso a restare finché ci fosse stata disponibilità nel cuore della sua ospite.

#1963

Non sono qui per risolvere problemi ma per suggerire nuove strade. Non ho del resto il potere contrattuale perché le mie idee equivalgano a decisioni: esprimerò quindi solo delle opinioni, che argomenterò quando me lo chiederete e che difenderò quando invece lo riterrò necessario.

#1962

Un buon Art Director non ha bisogno di confrontarsi con il Photo Editor per “risolvere” una pagina. Un grande Art Director, invece, comprende la necessità di dialogare con i suoi comprimari, il Photo Editor in primis, per ottenere il risultato migliore.