20150527

#585 (Le nuove mosche #6)


LAVATO CON VERLAINE

Incontrai McMonica a Venezia, la prima volta, intenta a sistemare la suo nuova bomba nei grandi magazzini, e per dimostrarle il mio interesse le comprai una sciarpa nel reparto invernale, mentre l'ordigno ticchattava.
Quel giorno era il suo compleanno, ma non volle assolutamente dirmi l'ora dell'esplosione.

#584

I tre vasi guardano la strada dalla vetrina dello studio di pittura. Curiosi, i colli sottili e le teste larghe e piatte protese verso la luce come girasoli, vestono righe orizzontali bianche e rosse, uno alto e sottile, un altro basso e grasso, e l'ultimo a cui piace pensarsi normale ma che normale non è.

20150526

#583 (Le nuove mosche #5)


ZIGA BRIEL

Fu un giorno particolare, 21 Settembre, con le nuvole isolate bianche come pecore montate e il cielo pulito come gli occhi di Liv Ullmann.
Ero in un film di Bergman, singolarmente preso dall'impossibilità di essere completo, frammentando il pomeriggio in foto quadrate, limitate come le prospettive dell'architettura moderna.

#582

Le dirò, non avrei mai pensato di diventare un ballerino. Eppure oggi mi sembra la cosa più naturale del mondo, anzi faccio fatica a vedermi fare qualsiasi altra cosa. Mi chiedo come avrei vissuto, se non avessi avuto il coraggio e la sventatezza di seguire questa inclinazione, diciamo, inaspettata. (Sono stato il primo a stupirmi, che lei ci creda o no). Probabilmente sarei stato dietro una scrivania a compilare cartacce o tirare linee, e se qualcuno mi avesse detto che il Royal Ballet era in città avrei fatto una smorfia, così, sa: Royal Ballet? Quella roba da checche? Giusto per risultare socialmente accettabile. E il piede avrebbe continuato a battere sul pavimento sotto la sedia fino all'orario d'uscita.

20150525

#581 (Le nuove mosche #4)


AAICAB

Era convinto, insomma, che la struttura derivasse dalla visione momentanea che aveva degli incastri tra quei tasti. Costruiva geometrie visive prima che uditive, e il risultato scaturiva da quel che si formava mentre costruiva i suoi palazzi di note.
Maestro Schönberg, cosa ne diresti tu? cosa ne penseresti se fossi qui?

20150521

#580

Prima che mia madre decida di abbattere la vecchia locanda accanto alla chiesa sconsacrata sull'isola tra i due fiumi sotto al ponte e a ricostruirla sulla riva opposta, dove il sole batte invece quasi tutto il giorno, faccio un ultimo giro di perlustrazione attraverso le ampie camere piene di macerie, lungo i corridoi dalle pareti crepate e le porte crollate, nelle vecchie enormi cucine dove qualcuno ancora abita. Mi indicano un passaggio nel muro tra i condotti di areazione, e superate le colonne vuote degli ascensori arrivo finalmente nell'antico salone decorato, dove sotto l'altissima volta ancora lo Steinway suona stonato mentre una pioggia di polvere lo ricopre lentamente.

20150520

#579 (Le nuove mosche #3)

(–) IONS

Il mio piacere è infinito come i numeri
naturali.
L'universo, con la sua espansione, è più
limitato della gioia che provo nel conoscerti.

20150519

#578

Dev'essere uno dei posti più fortunati del mondo, perché non ho mai visto tante coccinelle come qua su, e il sole scalda anche se siamo già a metà ottobre, e il tabacco è buono anche se la pipa continua a spegnersi, e i grandi dossi coperti di prato sembrano tumuli di dinosauri, e i cani abbaiano in lontananza proprio sotto la casa del presunto assassino, e la corrente elettrica vibra ed esplode lungo fili di ferro e gli snodi di ceramica sopra il fienile, e l'orizzonte sa di Hunsrück e di altri luoghi della memoria, e il tempo sembra non passare ma fermarsi a prendere fiato, e le lucciole vengono a schiantarsi sul muro alle mie spalle.

20150518

#577 (Le nuove mosche #2)


RAGTIME

I suoi atti sessuali cominciavano nell'ingresso e, indumento dopo indumento, si protraevano di stanza in stanza fino al letto, cosicché i vestiti restavano seminati lungo il tragitto come le molliche di Pollicino.

#576

Mentre l'uomo riposava, una luce puntiforme dai confini a raggiera cominciò a pulsare in un angolo dei suoi occhi chiusi, come una stella attraverso le nuvole in un cielo notturno. Proprio come all'alba dei tempi, cercava di farsi strada trapassando cumuli dormienti di ignoranza primordiale. Solo al suo risveglio l'uomo si sarebbe reso conto che era il respiro pulsante del suo computer che lo importunava dal comodino col suo sonno luminescente.

20150517

#575 (Le nuove mosche #1)


UN TRANVIA LLAMADO DESEO

Il mio cazzo assomiglia a una penna stilografica, pensò Anton Webern sul bidè al sesto piano di un edificio al centro di Barcellona (costruito da Antoni Gaudì), immaginandosi l'inchiostro col quale avrebbe scritto la sua discenedenza.

20150516

#574

Che cosa ci potevo fare se a dispetto di quasi tutti quelli che conoscevo e frequentavo, non solo capivo le barzellette del New Yorker ma pure mi piacevano?

20150514

#573 (Le mosche #171)


TUTTO TORNÒ ALLEGRO

Credo che non dimenticherò mai il modo con cui la vecchissima signora Vittoria, centouno anni compiuti a settembre, ci intimava di iniziare a cenare: "Sedetevi, o vi si raffredda il culo", così ronzava quasi invisibile dalla sua enorme sedia a dondolo. È morta e non l'ho nemmeno salutata.

#572

A tutte quelle che pensano che Don Draper sia un figo della madonna voglio solo dire: non lamentatevi poi quando vostro marito comincerà a scoparsi la qualunque appena mette piede fuori di casa. E la maggior parte di voi non è bella nemmeno la metà di Betty Draper. Ecco, l'ho detto.

20150512

#571 (Le mosche #170)


JOHANN SEBASTIAN BECK

Crede di essere il Barone Rosso o chissacchì, col suo cappellaccio di pelle da prima guerra consumato, e gli occhiali impolverati nel rally. Guida ancora la sua vecchia R4 bianca, tra le pecore, con lo sguardo famelico e la bava, immaginandole nuvole, che ne so, e sparando idiozie.

#570

Per intendersi: non era il tipo che prima di attraversare la strada si fermava come gli altri ad aspettare sulle strisce che tutte le auto fossero passate, ecco.

20150511

#569 (Le mosche #169)


ARTILENE 444

L'uomo della CIA leggeva Playmen nel bagno del Pentagono, bianco e lucido come gli anni '60. Teneva la coniglietta del mese sulle zone basse, coprendosi per vergogna col paginone centrale e sudando di paura di fronte all'uomo che gli stava davanti, in piedi e con il lungo fucile al suo fianco.

#568

Sono mesi ormai. Ogni notte, nell'interregno tra veglia e sogno, mi vedo giocare a tennis. Più che vedermi: mi sento. Sono dentro di me, è il mio corpo quello che si muove, è con i miei occhi che vedo il braccio destro salire dal basso verso l'alto, la racchetta inclinata che colpisce la pallina in arrivo con l'angolo d'incidenza perfetto, la sua curva studiata per anni e perfezionata partita dopo partita, il miglior top spin dell'intero circuito professionisti.
Ma una volta colpita la pallina è come se il nastro si riavvolgesse e tutto cominciasse da capo. Ripeto questo gesto all'infinito, sempre lo stesso, per colpire sempre la stessa pallina, notte dopo notte. Se solo contassi ogni volta quante volte, forse potrei addormentarmi più in fretta, lasciar partire la pallina per un'ultimo colpo vincente e cadere, stremato e felice, nella terra rossa del sonno più profondo.

#567 (Le mosche #163)


GARZA

Aveva finalmente raggiunto la sua meta, con la bandiera americana, la tuta spaziale bianca e tutto il resto. Piantà l'asta tra due tegole rosse, sul tetto di casa, al quinto piano di un condominio in centro.

20150509

#566

Il motivo dei suoi famigerati ritardi non stava, come pensavano banalmente tutti, nella lentezza di ognuna delle azioni che componevano la sua mattina, che erano anzi rapide e funzionali, ma piuttosto nelle pause che scorrevao larghe e placide tra un'azione e l'altra.

#565 (Le mosche #162)


GIUNGLA DI BASILICO

Pensavo che tutte fossero vecchie vestite di nero nerissimo e avessero i capelli d'argento, bianchi come fili di seta. La suora che camminava vaporosa, invece, vestiva da angelo silenzioso, come una nuvola in cui contrastavano solo i capelli neri nerissimi, un corvo scuro apollaiato sotto il velo.

20150507

#564

L'odore di cipolla lo perseguitava. Era in ogni stanza, su ogni oggetto, nelle pieghe di ogni vestito, perfino tra gli ascuigamani appesi in bagno e le lenzuola riposte nell'armadio.
Non essendoci cipolle in casa, delle due l'una: o trasudava solfossidi o aveva la puzza sotto al naso.

20150506

#563 (Le mosche #161)


IL TRASUDANTE

La signora ondeggiava lentamente avanti e indietro stando seduta e dondolandosi sui piccoli piedi con le punte colorate a terra, silenziosa come le balene trasparenti dal cuore luminoso.

20150505

#561/562

Ho avuto un incubo: portavo mocassini di cuoio.

Ho fatto un sogno: ero il presidente degli Stati Uniti e una ragazza mi faceva un pompino.

20150504

#560 (Le mosche #160)


CHOPIN SENZA FILTRO

Todd Solondz non riesce a dormire. È più forte di lui, le sue camicie di lino bianco appese alle grucce come malati bendati gli sembrano prendere vita. È inevitabile: ogni notte aspetta la notte giusta per scappare.

#559

L'ultima intera notte senza mai svegliarsi Anton Korda non se la ricordava più: che fossero sogni o incubi, rumori dall'esterno o dall'interno, bisogno di bere o di urinare, ragionamenti sull'amore o sulla morte, pensieri di sicurezza o di evasione, un motivo o l'altro gli impedivano di dormire come un qualsiasi bambino dovrebbe.

20150503

#558 (Le mosche #159)


CICÀTI SHEEP

Lei non aveva avuto pietà di lui e aveva sferrato il suo attacco mortale senza esitare. L'eroe corazzato, privo ormai dei suoi poteri, uscì allora dalla propria armatura blu e si abbandonò sulla rena. Prima dello scontro le aveva urlato di lasciar perdere ogni pretesa, poiché l'unghia del suo indice era dotata di veleno micidiale: se solo lei si fosse ora controllata la ferita, avrebbe notato non quattro ma solo tre solchi sanguinanti, assolutamente non mortali.

20150501

#557

Quando i lupi lo circondarono, il Capitano si vide costretto a sacrificare il suo bracco, che intendendo sua missione quella di salvare il padrone, finì sbranato da quelle belve selvatiche.
Da dove arrivava invece il mastino che piombò ringhiando sul branco e riuscì così a disperderlo? Il Capitano non l'avrebbe mai saputo, ma ritenne giusto portarlo con sé al circolo ufficiali, là dove era certo di trovargli un buon padrone (lui non volendo tenerlo, giacché gli avrebbe ricordato per sempre il suo amato bracco).
"Dallo al Colonnello," disse il Maggiore ridendo, "ha proprio bisogno di un buon cana da caccia."
Il mastino parve allora sinceramente preoccupato dall'eventualità.
"Vi prego, no," disse, "ho fatto voto di non cacciare più, l'atto di braccare prede essendomi ormai affatto odioso."
Al che il Maggiore scoppiò di nuovo a ridere.
"Noi preoccuparti," disse, "puoi star sicuro che seguendo il Colonnello non correrai rischio di cacciare alcunché."