20180427

#1903 (Wódka Szymborska #9)

Scrivere una poesia 
oggi come oggi non è affatto difficile,
basta seguire poche semplici regole:

parla solo di quello che conosci
o di quello che vorresti conoscere
o di quello che pensi non conoscerai mai.

Fallo solo con parole tue
o con quelle già usate dagli altri
o con quelle suggerite dal vocabolario.

Usa frasi molto brevi
o di media lunghezza
oppure infinite, senza punteggiatura.

La metrica? Non è un problema:
scrivi a tempo di musica
o vai a capo quando finisce il rigo.

Le rime sono superate
ma il verso sciolto è da pigri
e le vie di mezzo poco avventurose.

Scrivi solo quando ne hai voglia,
se non ne hai desiderio sforzati,
e se non vuoi costringerti, sfidati.

In alternativa esci a passeggiare
canta una canzone
bevi un bicchiere di vino

preserva il mondo dall'ennesima poesia
e goditi la poesia del mondo:
alla fine ci avrete guadagnato entrambi.

20180426

#1902 (Wódka Szymborska #8)

Quante cose ci aspettano domani?
Molte, e aspettano al varco,
nascoste dietro gli angoli,
nei dettagli di mobili e soprammobili,
sotto i tappeti, nelle lavatrici,
in cucina e sul balcone.
Sono tante e sono le solite
le conosciamo a menadito
sono noiose e sono ripetitive
potremmo farle ad occhi chiusi.
Eppure non c'è in questo
qualcosa di rassicurante?
Non ritroviamo forse nelle cose da fare
un po' di noi, un po' ogni giorno?
Le cose da fare ci aspettano al varco,
ma non è per saltarci addosso
vivere alla nostre spalle
seppellirci con il loro peso.
Sono come folletti,
un po' dispettosi, certo,
ma tutto sommato amichevoli,
parte della casa, della famiglia.
Senza le solite cose da fare
saremmo ogni giorno diversi,
faremmo fatica a riconoscerci
guardandoci allo specchio.
E cos'è quella macchia di sapone?
Una passata di spugna e via,
la macchia non c'è più
ma noi siamo ancora qui
un po' più noi ogni giorno che passa.

20180424

#1901 (Wódka Szymborska #7)

A meno che non stia salendo
o scendendo le scale,
quando cammino sono in grado
di fare molte cose.
Riesco a leggere un libro
e a rimetterlo in borsa.
Riesco ad ascoltare musica
a volte solo nella mia testa,
e nella mia testa 
altra musica riesco a comporre.
Riesco anche ad annusare la città,
respirare i rumori fino ad ubriacarmi,
e riesco a notare i particolari
di una scena in generale.
Della gente, 
riesco a indovinare i pensieri
a volte le direzioni
quasi sempre le provenienze.
Ai monumenti riesco a guardare
le punte dei piedi
sotto le gonne
le acconciature antiquate
le parole in calce.
Riesco a guardare le vetrine,
quel che mostrano,
quel che riflettono.
Riesco a stare attento al semaforo
e a urlare contro le auto
che non si fermano sulle strisce pedonali.
Riesco anche a restare in vita,
ma solo qualche volta.
E riesco a pensare alla spesa,
a quel che mangerò
e ai piatti da lavare
e al sabato di pulizie
e alla domenica di delizie
e alla settimana che verrà,
i mesi, gli anni,
un'altra vita e questa.
Se mi concentro riesco perfino
a vedere cose che non ci sono
che sono vere solo perché le penso
che sono belle solo perché le penso così.
E riesco a ricordarmi impegni,
ricorrenze e anniversari,
gli amici da vedere e quelli andati,
le cose da fare e quelle da non fare più.
Le bollette, l'affitto,
i piccoli debiti col mondo,
di tutto questo riesco a tener conto,
e di quel che scordo
riesco a perdonarmi,
perché mentre si cammina
è bene stare attenti ai propri passi,
a non dimenticare la strada di casa
le promesse chiuse dietro la porta
gli abbracci di stasera
i baci prima di dormire
le parole che ti leggerò.

20180423

#1900 (Wódka Szymborska #6)

È bello tossire nelle chiese,
ci si sente più grandi,
perché la chiesa è un posto grande
pieno di un grande silenzio.

Con le scarpe giuste
si può correre in una chiesa 
senza essere sentiti dai genitori
e nemmeno dal Signore.

Ci si sente al sicuro nelle chiese,
forse perché ci si può riposare,
tirare il fiato dopo un giorno di sole.
Domenica risorgo anch'io.

20180419

#1899 (Wódka Szymborska #5)

Non riesce a fare a meno di crescere,
il prezzemolo sul mio balcone,
foglia dopo foglia, ramo dopo ramo,
nonostante io sia pronto a reciderlo, 
foglia dopo foglia, ramo dopo ramo,
come se il motivo della sua esistenza
non fossi io, il mio risotto ai funghi,
ma qualcosa di più grande
che alberga oltre il mio balcone.

Così come il sole e la luna non riescono 
a fare a meno di sorgere e tramontare,
giorno dopo giorno, notte dopo notte,
nonostante i poeti siano pronti a cantarli,
giorno dopo giorno, notte dopo notte,
come se il motivo della loro esistenza
non fosse la poesia, questa mia poesia,
ma qualcosa di più eterno
che sorge e tramonta oltre il mio balcone.

20180418

#1898 (Wódka Szymborska #4)

Alle sei di mattina giunge una tregua
il respiro si placa, il naso è libero,
la battaglia per stanotte è terminata
giusto in tempo per il suono della sveglia.

Giusto in tempo per il giorno in arrivo
siamo in piedi sulle nostre gambe
ci salutiamo tra le nostre braccia
occhi negli occhi, baci sulla bocca.

Con i piedi andiamo in bagno
con le mani facciamo colazione
ma nel petto resta il livido di un pugno
che qualcuno ci ha sferrato nottetempo.

Siamo vestiti, fuori piove di nuovo,
di nuovo cappello, scarpe pesanti e ombrello.
Sulla porta ci auguriamo una buona giornata
ma la testa ci fa male come se avessimo bevuto.

20180417

#1897 (Wódka Szymborska #3)

La morte? È una parola
preceduta da un articolo
su cui è inutile mettere l'accento
perché resterebbe comunque là
nel mondo dei se che non sono sé
nel mondo del sarà che ancora non è già

Descriverla? È una parola
fatta di troppe parole
e se vi si aggiunge il verbo
diventa la Parola del Signore
che non conosciamo
e a cui non bisogna dar retta
che sia la via o che vada da A a B
perché non si dà retta agli sconosciuti
seguirebbero caramelle
poi il corpo poi il sangue
e che li si accetti o meno
sarebbe un gran peccato

E il peccato cos'è 
se non un'altra parola
pensata per descrivere 
quel che non esiste?
Un'invenzione della nostra lingua
lingua che batte 
dove il dente duole
batte a macchina un linguaggio
che ci distingue dagli animali
e ci rende superiori 
quel tanto che basta 
a sapere di non sapere

20180404

#1896 (Wódka Szymborska #2)

L'uomo è un animale che si annoia.
Centinaia di migliaia di anni di evoluzione,
il pollice opponibile, lo sviluppo del linguaggio,
il fuoco, la pastorizia, l'agricoltura,
l'erotismo, l'arte, la stampa,
il cinema, la TV, internet,
perfino i soldi, la guerra e la ricerca aerospaziale,
per non dire l'invenzione della filosofia,
della storia e della psicanalisi,
le scienze dure, quelle molli
e quel che c'è in mezzo...
Tutto il sapere umano
ha da sempre avuto un unico involontario scopo:
perché cosa sono le conseguenze indesiderate
se non gli inconsapevoli tranelli della volontà?
La noia è l'obbiettivo che l'uomo ha perseguito
in segreto da se stesso
e con cui ora e per sempre dovrà fare i conti.

20180403

#1895

Cosa fare in questi casi? Restare in cabina a fissare il mare che si erge a tratti in verticale fuori dalle paratie del cargo? O salire in coperta e partecipare della paura e dell'empatia collettiva?
Onde blu petrolio e venate di bianco come grasso spumoso, alte diversi metri e simili a vette frastagliate, in cui il nostro vascello non è che un parallelepipedo di metallo in balia di un orizzonte che cambia continuamente la sua inclinazione.
Fuori non è meglio: le proporzioni non sono dalla nostra, e l'oceano non è più un semplice cerchio d'acqua infinita ma una distesa senza più dimensioni che si estende in ogni direzione. Il cargo ondeggia sulla linea della sua lunghezza, finché un'onda trasversale non viene ad alzare la prua di modo che tutto lo scafo si alza quasi in verticale.
Gettati a poppa come dadi senza fortuna, vediamo la nostra fine sotto di noi, nell'ombra tra la chiglia e la superficie del mare, nella velocità incontrovertibile con cui la carena scende attraverso il vuoto che si è creato e che ora ci inghiotte richiamandoci a sé.
Diverse ore dopo, mentre a galla resta solo il corredo inutile della nostra vanità, non ci resta che fare le presentazioni, gente che si era vista solo di sfuggita unita ora dal destino comune, sorrisi lanciati come salvagenti, nomi snocciolati come corde, nudità che ormai sarebbe inutile provare a nascondere.