20080627

#30

Cercare di capirla era come provare a fissare uno di quei corpuscoli trasparenti sospesi nell'umor vitreo che a volte compaiono nel campo visivo di chi resta sdraiato a guardare inebetito il cielo o il soffitto che sia: il movimento della pupilla che tenta di centrarli ne provoca invece lo spostamento, e più lo sguardo cerca di seguilrli, più quelli si allontanano, fuggendo verso i confini dell'universo liquido contenuto dall'occhio. Di loro si può avere solo un'esperienza sfocata e marginale, mai completa; così di lei, che per natura più che per volontà, non rendeva possibile di se stessa alcuna forma di comprensione.

20080625

#29

E finalmente ce l'avevamo di fronte, il nostro eroe, il mito della nostra tarda post-adolescenza inquieta, quando suonavamo pezzi palesemente scopiazzati da quelli che lui aveva scritto vent'anni prima con i Party Of Strangers, robe tipo 'And I Was, Uhm, Like, You Know? Wow!', il cui ritornello, allora resto a casa a grattarmi le palle mentre aspetto che torni, ancora ci ballava in testa mentre lui si rimetteva i pantaloni alla meno peggio e veniva verso di noi incerto, la mano tesa, per quanto possibile, a ricevere le nostre in un incontro che non sarebbe mai avvenuto.

20080623

#28

Di ritorno nella Grande Pera fortunatamente non trovo più la pioggia, bensì afa come se piovesse.

#27

Un obice spara un colpo nelle strade di Berlino, che non è ancora nè ost nè west. C'è qualcosa di ritmico nel rinculo del cannone e nei soldati che si accovacciano con le dita nelle orecchie come in una suite di danza contemporanea.
Un bambino raggiunge lentamente i genitori che si stanno riparando sotto un architrave dal futuro decisamente incerto. Anche lui ha le dita nelle orecchie, e non fa in tempo a toglierle che seguendo la sua perfetta partitura bellica l'obice spara ancora. Stavolta il colpo va a segno, e si porta via l'angolo di un palazzo che crolla in strada collassando su se stesso. Una donna entra in scena tirando un carrettino, cammina anche lei molto lentamente, non c'è molto senso a cercare riparo mentre tutto intorno il mondo sta esplodendo; la sua tranquillità sommessa mi colpisce all'inverosimile, specie quando si accorge della cinepresa e guarda in macchina.
La famiglia sotto l'architrave, intanto, fissa inebetita un punto indefinito al di là della strada, fuori dalla nostra percezione; quella che potrebbe essere la madre del bambino si gira dall'altra parte e muove un passo verso il buio dell'androne.
Allora, per l'ennesima volta, si torna all'obice che spara per la prima volta, e al bambino con le dita nelle orecchie, e poi all'architrave, e di nuovo all'obice, al palazzo che crolla, all'incrollabile rasegnazione della donna col carretto, e quindi alla famiglia sotto l'architrave, alla madre che si gira e così via, quindici secondi in tutto ogni volta, il loop interminabile che non posso fare a meno di guardare, il super8 in rotazione continua che non mi lascia andare.
Poi però il proiettore di ferma. Il fotogramma bloccato della donna che si gira è attraversato da un taglio orizzontale coi bordi che si anneriscono, e il bianco accecante della realtà prende il suo posto mentre la pellicola brucia e nessuno, dopo di me, potrà più vederla.

#26

Osservando dal finestrino del treno i cumuli di terra e detriti, i depositi di attrezzi abbandonati lungo le strade dissestate, la quantità enorme di materiale da costruzione in disfacimento e gli scheletri stessi degli edifici lasciati ad invecchiare al sole, si chiedeva se fosse possibile che tutta quella roba sarebbe rimasta lì, così per sempre.

#25

Nel giro di poco meno di cent'anni siamo in pratica passati dal concetto duchampiano secondo cui l'idea alla base di un'opera d'arte è più importante dell'opera d'arte stessa - in effetti diventando a volte l'opera d'arte stessa - a quella tutta attuale di un'opera d'arte che non necessita obbligatoriamente di un'idea che vi sottenda. Di fatto, se per Duchamp l'opera poteva non esistere concretamente a patto che esistesse l'idea alla sua origine, oggi assistiamo alla produzione continua di opere che prescindono totalmente da un'idea di base.

#24

"Le piace il jazz, Herr Wjzky?"
"Non di recente. Ascolto solo roba un po' fuori moda: Theloniuos Monk, Charlie Mingus, il primo Miles Davies..."
"Ah. Comprendo."
"In realtà non ne capisco molto."
"Vedo... Herr Wjzky, la sua modestia qui non le sarà di nessun aiuto."

#23

Brutto, bruttissimo periodo il Natale per andare a dire ai vecchi ebrei che gestiscono il nostro piccolo punto vendita in città che l'azienda non vuole che siano più loro a gestirlo, ma io; e brutta, bruttissima cosa che sia io in persona a doverglielo comunicare (questo il pessimo stile aziendale). I due signori che ho di fronte hanno già gli occhi lucidi, le braccia magre appoggiate con rassegnazione sullo stesso bancone pieno di adesivi e depliants per i cerca-casa su cui hanno poggiato quelle stesse braccia negli ultimi quarant'anni. Non avendoli trovati al mio arrivo, avevo lasciato un biglietto molto vago proprio su quel bancone, e una ragazza credo indiana e molto bella e molto antipatica mi aveva poi rincorso urlandomi contro che non ci sono più case disponibili ed era inutile che insistessi. Mezz'ora dopo sono qui a spiegare ai suoi datori di lavoro che non sono nemmeno sicuro di voler davvero fare il lavoro che penso che loro abbiano fatto meravigliosamente bene negli ultimi quarant'anni, e che è semplicemente successo che l'azienda pensa che dell'azienda diano al cliente un'immagine un po'vecchia. I clienti però continuanio ad entrare ed uscire. Si parlano decinde di lingue, qui dentro, tra cui l'italiano. Gli chiedo perchè mi hanno fatto fare tutta questa fatica, fino ad ora, parlando in tedesco.
"Per me è un casino imparare una nuova lingua, non è mica come per voi."
Ridono. Cosa sta succedendo tra noi? Mi dimentico di dirgli che è semplicemente successo che il padrone dell'azienda ha semplicemente pensato che fosse arrivata l'ora che suo figlio si desse da fare per l'azienda di famiglia, e che secondo lui il piccolo punto vendita in città era il modo migliore per iniziare, e che incidentalmente io ero suo figlio. Non c'è tempo per chiarire la cosa, comunque, per spiegare che siamo tutti vittime dello stesso sistema: il blackout da sovraccarico raggiunge la città verso le otto di sera, come al solito a Natale, le lumimarie cominciano a spegnersi in progressione le une dopo le altre, gli interni domestici si svestono degli addobbi natalizi e passano ad un buio anonimo ed austero. La neve in strada riflette nient'altro che la luna. E' allora che la banda di mocciosi casinisti del quartiere irrompe nel piccolo punto vendita e comincia la sua performance a base di candele, ululati e pattini a rotelle. Dei lumini di tipo cimiteriale vengono accesi. Una lanterna al neon viene posizionata da qualche parte su una trave del soffitto in modo da illuminare spettralmente a turno gli occhi dei bambini. La ragazza che prende posto sul divanetto per mettrsi i pattini si chiama Marja (15 anni al massimo) e mi chiedo se sia davvero possibile innamorarsi di lei ed essere ricambiato. Prende vita un gioco demenziale, metà trenino, metà danza tradizionale balcanica. Mi vengono dati un paio di pattini. Nel giro di cinque minuti entro a far parte del cerchio indemoniato, le mie mani sui fianchi di Marja, che si gira a guardarmi più spesso del necessario.

#22

Esattamente il giorno in cui vidi quell'enorme colonna di fumo nero dalla finestra del mio ufficio, una nuvola verticale sulla cui origine tutti io compreso ci sentimmo autorizzati chissà da quale potere divinatorio a fare congetture, ed uscii abbastanza tardi, e camminando verso casa dopo ore di mezzi pubblici maleodoranti ed assordanti vidi questa ragazza bellissima ad un incrocio, potete ovviamente non crederci, la ragazza più bella che avessi mai visto, capelli rossi ondulati, sandaletti bianchi e piedi ossuti con le unghie dipinte di rosso, golfino bianco aperto su un gran bel seno a fatica composto in un abitino nero e diviso in due, in maniera imbarazzante, dalla tracolla di una vecchia borsa di pelle, jeans aderenti quanto basta su gambe snelle e muscolose e culo alto e sodo, sguardo pulito e una bocca da morirci dentro, e le parole sei la ragazza più bella che abbia mai visto mi affiorarono tra i denti sbocciando direttamente dal petto, e perchè dovresti credermi? e come potresti mai pensare che dico maledettamente sul serio? che ti amerei davvero da questo istante fino a quello dopo la mia morte? cosa potrebbe convincerti che non sono come tutti gli altri? e anche in quel caso, perchè mai dovrebbe interessarti il mio amore? e ovviamente svanì attraversando la strada, allontanandosi verso la fermata degli autobus, eclissandosi tra due tram con uno di quei giochi da escapista che tutte le ragazze veramente toste conoscono, ed io rimasi con la musica di qualche gruppo di provincia nelle orecchie, qualcosa di periferico ma non di confine (erano i Feelies? i Life Without Buildings? o forse gli Smog?), e tutti venivano dalla direzione opposta alla mia, e tutti avevano facce sconvolte e dalle loro bocche uscivano urla che non potevo udire, e le luci in lontananza erano quelle della polizia ed erano quelle dei pompieri ed erano quelle delle ambulanze, e l'aria era diventata improvvisamente irrespirabile, e quell'edificio in fiamme totalmente distrutto, quello era stato casa mia.

20080612

#21

Avanziamo. Io e il mio fido secondo, a fatica e sudati sotto la coltre di lenzuola bianche stese tra le nostre trincee e quelle del nemico, nel corridoio della casa dove ho passato tutta la mia infanzia. I Cimbri sono accampati nella veranda in fondo, pronti ad invadere Roma. La legione aspetta solo un mio ordine per attaccare.
Sorpresa, sgometo e scompiglio, dunque, per il nostro improvviso ritorno sotto al fuoco nemico, mentre le prime linee cimbre velocemente gattonano esperte verso di noi.
Lanciamo molotov di acetone, rubato nell'armadietto del bagno di mia madre, ma le nostre retrovie impaurite s'accalcano codarde giù per la scala a chiocciola, verso la tavernetta. Non ci resta che dar fondo a tutto il nostro armamentario speciale: chissà che dirà mio fratello al suo ritorno, vedendo la sua collezione di freccette professionali messa a soqquadro.

20080606

#20

I due tizi che si scopava abitualmente erano nell’altra stanza a fare cose che non avrei mai voulto sapere si potessero fare, mentre noi eravamo su un lettino nella camera accanto, e lei mi stava dicendo “non ho alcuna intenzione di diventare tua amica” e mi baciava per la prima volta sulla bocca.

#19

Ora. Dovete pensare al suo corpo come ad un insieme di prismi preso grande a piacere (in verità prossimo all’infinito) le cui facce più esterne siano proiettate verso il vuoto in tutte le direzioni ad una velocità che supera di 1 km/s quella della luce. (Per trascrivere l’equazione che contenga tutti i dati relativi a velocità e direzione occorrerebbe un foglio così grande che, ripiegato più volte su se stesso, avrebbe uno spessore pari alla distanza tra la Terra e la Luna). Tutto ciò, causando la sua entrata nell’iperspazio e la successiva uscita in un numero pressochè infinito di dimensioni, gli permise di guadagnare, in quella che ci interessa, all’incirca un’ora sul momento in cui tutto era avvenuto. Ma c’era anche dell'altro: sulla sua felpa, per esempio, l’orsacchiotto che un tempo diceva ‘hallo’ voltato sottosopra e fissando l’osservatore attraverso le sua buffe zampette posteriori con occhi puntiformi, adesso diceva due volte ‘hallo’ (questa volta, e quella di un’ora prima). E, sempre per un caso straordinario e francamente inspiegabile, adesso si ritrovava con due cuori, dei quali solo uno era scoppiato nel momento in cui l’aveva trovata morta a terra accanto all’auto sul ciglio della strada in mezzo al bosco, il corpo scomposto e martoriato dallo stupro e dalle percosse subite, lì dove l’aveva lasciata mentre era andato a cercare benzina. L’altro, il secondo cuore che questa sconvolgente avventura gli aveva regalato, prese invece a battere all’improvviso e a velocità pazzesca (come ogni altra cosa), e gli fece ricordare quel che era successo, e poiché aveva ancora un’ora di tempo per fermare tutto, lo convinse a voltarsi indietro e a correre più veloce che poteva (con un paio di Kickers nient’affatto adatte a strade di campagna così accidentate) verso il punto del bosco dove l’aveva lasciata.

#18

Tutto era accaduto all’improvviso. Un istante prima non aveva bisogno di nulla, e quello dopo doveva pisciare come se non lo facesse da giorni e si rirovasse la prostata di un settantenne (sentì distintamente l’ondata di urina scendergi dalla vescica attraverso l’uretra fino alla punta del pene), il secondo precedente stava benissimo, e quello successivo aveva fame come se fosse stato tenuto forzatamente lontano dal cibo per una settimana (sentì perfettamente lo sbuffo di gas del kebab appena digerito risalirgli dallo stomaco attraverso l’esofago fino in bocca). E così il mal di denti, che fino ad un attimo prima era stato nient’altro che una paura comune a milioni di persone senza assicurazione medica privata, adesso era lì, improvvisamente e dolorosamente a contorcergli il volto in milioni di smorfie che lottavano l’una contro l’altra, ad insinuarsi in modo pneumatico attraverso la gengiva come un chiodo arrugginito fin nella mandibola, e su fino al cervello, e giù fino ai talloni.

20080604

#17

Ci sono delle volte in cui si sa con certezza che ci si sta per fare del male. Col grosso coltello in una mano e il pomodoro acerbo che aspetta sul tagliere, questa è una di quelle, si ripete.

#16

Lo scopo è di quelli che dovrebbero suscitare comprensione e solidarietà, ma il metodo con cui cercano di raggiungerlo mi costringe alla linea dura del 'niente pietà per i genitori disperati che cercano di far addormentare i bisbetici figli coinvolgendo tutto il vicinato'.
Lei li porta sul balcone e gli canta il leone si è addormentato in versione muta, ed è inquietante l'intonazione perfetta e la ritmica precisa con cui la esegue, in lei non c'è nulla della madre che fa quel che può con i mezzi che ha: anche nel momento più intimo e quotidiano esprime il perfezionismo che si ripercuoterà sull'educazione dei figli.
Lui invece fischietta la-prima-e-solo-la-prima-strofa di summertime, tre note seguite da altre sette note, con l'ostinazione e l'ottusità dello scolaro che prova al flauto il suo pezzo per il saggio di fine anno.
In entrambi i casi il rischio della mia pazzia ribolle nella ripetizione ossessiva (che in alcuni paesi è ancora usata come tortura), nel loop tanto più interminabile quanto più è chiaro che proprio nella paranoica reiterazione risiede il suo stesso fallimento. Lasciare i bambini a se stessi sarebbe un crimine contro l'umanità, ma, diosanto, le vie di mezzo sono infinite.

#15

Suoni che posso sentire steso nell'erba mentre aspetto la pioggia: le sveglie elettroniche dei grilli, le gare motociclistiche delle mosche in lontananza, il richiamo ecclesiastico dei campanacci delle vacche, i passi nella terra di una bandiera presa dal vento.