20150226

#515

E ai margini della città viveva questa comunità di vecchi hipster, tutti barbuti e con i tatuaggi, gli occhiali in vinile e le t-shirt con disegni di ancore, proprio come sui libri di scuola. I miei dicevano continuamente di non andare mai in quel quartiere, che era pericoloso e via dicendo, ma sapevamo tutti che in realtà quelle era brave persone, solo un po' sfortunati, e che non avrebbero fatto male a nessuno.

20150225

#514 (Le mosche #137)


TRAVERSA

All'improvviso la donna lo baciò, tutta tremante. Il treno scorreva silenzioso come nei sogni, e il cane nero restò accucciato per tutto il tempo sotto al loro sedile.
"Questo è l'unico bacio che otterrete da me" disse lei. "Potete accontentarvi oppure continuare a baciarmi, ma in questo caso le cose tra noi, devo avvertirla, potrebbero complicarsi."
Lui non stette neppure a valutare la situazione e la baciò di nuovo.
"Siete convinto di quel che avete fatto?"
"Sì. E dato che è l'ultimo bacio che potete concedermi, se potessi rifarlo mille volte per tutta la vita lo rifarei."
Fu così che lei s'innamorò perdutamente di lui, e continuarono a baciarsi fino al risveglio.

#513

Fate finta di non essere affamati, predicava il profeta Zebedia ai suoi discepoli. Fai finta di non bruciare, gli risposero quelli mentre ardeva sul rogo.

20150224

#512 (Le mosche #136)


NE JETEZ AUCUN OBJECT PAR LA FENETRE

Non potete immaginare, mia adorata, lo strano destino delle mie sensazioni in quell'istante. Oltre il finestrino del treno (un treno lunghissimo, terra ovunque, viaggio che non finisce mai) c'era la quiete di un paese mai visto prima: un treno antico di ruggine sulle rotaie, due case uguali in lontananza sul colle. E poi odore di carne cotta, quasi bruciata (un odore di casa, direi). E poi ancora due note di flauto, tra gli alberi, distinte, oltre le case, laggiù oltre la notte. Avrei voluto scendere, ma ebbi una strana paura.

#511

Per una volta siamo capitati uno accanto all'altra. Le porte di vetro si chiudono in silenzio, il timer parte e sui comodi lettini di finta pelle il sonno pian piano ci vince. E così il governo accumula la nostra energia mentre dormiamo. Ma tutto sommato non è poi così male, ogni settimana ci danno il programma con i turni e gli orari, l'impegno non è proibitivo, basta organizzarsi, e poi in fondo si tratta solo di dormire. No, alla fine non è poi così dura; è un po' come un prelievo del sangue, ma si viene fuori rigenerati da un sonno ristoratore, anche se un po' artificiale. E c'è di bello che in questo modo ogni tanto riusciamo anche a incrociare qualche vecchio amico che magari non vediamo da mesi.

20150223

#510 (Le mosche #135)


DE-JA VU

Jean-Paul Sartre era sicuramente seduto a questo tavolino quando incontrò per la prima volta Simone de Beauvoir, proprio qui (mentre cercava l'accendino e il barman molto molto letterario gli toglieva davanti la tazzina di caffè in cui usualmente leggeva il proprio futuro).
Simone peut-être, a été sûrement ici avec ses contradictions et un ciel blanc sans soleil quand Jean parlait se soi-même et a été maintenant, aujourd'hui, quand la riviére enfin s'en allait dans le bruit de fond, quand elle a été en train de lui dire que a été ici que un jour l'à rencontré vraiment ici, a Paris, dans le desert.

20150218

#509

Troppo grande ma ancora non abbastanza vecchio per vivere con serenità la caduta dei denti: per questo è l'angoscia sulla punta della lingua che dondola il molare basculante. Assieme vengono via anche un lungo canino sporco e il dente ancora accanto, già malato e svuotato. Una madre deve esserci sempre, quando conta, ma prendere subito quelle reliquie tra le mani è molto più di quanto ci si possa ragiovevolmente aspettare da lei.

#508 (Le mosche #134)


SENZA ZANZIBAR

Odiava tutti quei bigliettini che rimangono alla fine di una more, tutte le frasi dette ma ormai ricredute e rimangiate, tutti i regalini che ora dovevano sparire da mensole e librerie, magliette dai cassetti e fotografie dai portafotografie. Pensava, e questa era sua ferma convinzione, che fosse meglio per tutti garantirsi un futuro privo di ricordi spiacevoli ipotecando lo spazio della casa, perché gli oggetti durano molto più della memoria.

20150216

#507

Sapete tutto, voi. Solo voi conoscete il modo in cui va esattamente fatta una cosa, possedete l'intelligenza per comprendere la scienza che serve per pensarla, e l'abilità che ci vuole per applicarla. Che delusione dobbiamo essere per voi, noialtri, così imperfetti, così approssimativi. Ma almeno avete sempre l'occasione per mostrarci come si sta al mondo, qual è la maniera migliore di vivere. Solo voi, infatti, meritate di essere chiamati uomini. E se incontrate qualcuno come voi (difficilmente migliore) sarà solo l'occasione per invidiarlo, segretamente studiarlo, industriarvi poi per imitarlo e spacciarne infine l'involontario insegnamento come frutto di una vostra evoluzione personale, un parto della vostra mente in continua azione. Sapete tutto, non avete bisogno di niente e di nessuno, siete isolati e soli, e sono certo che ve ne andrete così come avete vissuto, e cioé nel migliore dei modi.

20150213

#506 (Le mosche #133)


OCA RABBINA

Gli occhi le brillano come mine vaganti. Sta. Pronta ad esplodere e ti ascolta, e quando esplode salta in aria e senza volerlo (anzi spesso fin troppo rifugge) ti entra nel cuore. Lei ti incute amore.

20150212

#505

Un giorno tutto questo sarà di qualcun altro.

20150211

#504 (Le mosche #132)


ENHANCED PURPOSE

Così fecero l'amore nella stanza accanto a quella in cui gli ospiti stavano mangiando.
E per non far rumore si tennero tutto il tempo le mani l'una dell'altro sulla bocca ansimando, e tanto più avevano voglia di urlare quanto più l'uno mordeva dell'altra nel piacere la mano.

#503

Dopo una settimana nella Grande Magione il ragazzo non aveva ancora capito chi tra tutte quelle persone fosse Jacopo Ortis. Era forse lo Spilungone un po' tardo che assomigliava tanto al Grande Vecchio? O l'Effemminato dai capelli rossi, sempre così silenzioso?
Un giorno il Grande Vecchio gli diede una decina di pietre bellissime, spiegandogli che ognuna valeva almeno trentamila lire, e che non quelle andasse a fare la spesa. Con quel mucchio di pietre preziose in tasca il ragazzo si avviò allora al mercato, dove comprò pesce e zucca.
"Questa la Signora la preferisce cruda, se ha tempo di cucinarla" si raccomandò la Verziera, "o già cotta da me, se di tempo non ne ha."
La Signora? si chiese il ragazzo. Evidentemente quello di Jacopo Ortis non era l'unico mistero da risolvere.

20150210

#502 (Le mosche #131)


METRI DI CACCA

Alcune persone non sono nate col dono della barba, non sono portate per portarla, non sono tagliate per non tagliarla. Ad altri addirittura non cresce per niente. Ma chi ce l'ha sa che è nato per averla. La mia barba è un dono del cielo: Dio me l'ha data e guai a chi me la taglia.

#501

Qui il confine tra i due stati correva lungo l'immensa linea del fiume; arrivati a questo punto il camion non ci serviva più, anzi era d'intralcio. Decidemmo allora di lasciarlo ai nostri nuovi amici, che avevano fatto in modo di portarci fin là e che l'avrebbero potuto poi utilizzare nei campi. Ci riempirono di doni e ringraziamenti, e il commiato fu più commovente di quanto ci saremmo mai aspettati.

20150209

#500 (Le mosche #130)


NAPOLI EXP.

Sei un edile? chiede l'uomo col colbacco fermando chiunque condivida la sua stessa banchina alla stazione. Lavori nell'edilizia? e tutti, assolutamente tutti, si fermano e rispondono di sì, e prendono uno dei volantini che distribuisce.
Poi, in massa, vanno a costruire il loro treno di mattoni, calce e sudore. È lunghissimo, una torre di babele stesa sul binario tredici.

20150208

#499

Ognuno ha un romanzo nel cassetto. Asim Nefeth ne aveva un ciclo completo, che sarebbe bastato a essere pubblicato per una vita intera.

20150206

#498 (Le mosche #129)


BLACK / MAGIC

L'estate è inclemente, si disse Yoshi, giapponese coi capelli malauguratamente lunghi. Inclemente come i parenti che avvertono del oro arrivo e sono già dietro la porta.

20150203

#497

A volte quella ragazza era davvero insopportabile: si rivestiva molto più rapidamente di quanto tendesse a spogliarsi.

20150202

#496 (Le mosche #128)


DARK OVER

Gli disse che non riusciva a guardarlo così, che non era possibile che quel coso con tutta quella barba sulla faccia fosse uscito dal suo ventre. Ma lui rispose che se voleva rivederlo a casa ogni mese avrebbe dovuto abituarsi a quell'uomo barbuto, suo figlio, e che poiché gli aveva fatto promettere di radersi per il suo funerale avrebbe dovuto imparare ad augurarsi di vedere ancora per molti anni quella barba lunga e folta.

#495

Quando sono andati quasi tutti via mi avvicino al papa. Mi riconosce subito. Così, per riprendere il nostro vecchio gioco, mi tocco il bavero della giacca buona e poi prendo con due dita quello del suo giubbotto di jeans, evidenziando con un cenno degli occhi la netta differenza di stile.
"È la prima cosa che ho trovato, stamattina" dice lui ma senza scusarsi.
"Sempre meglio di quello che aveva addosso l'ultima volta" faccio io.
Rimasti poi soli: "Mi avverta quando parlo troppo" gli dico.
La sua attenzione è tutta presa dall'immensa distesa di sedie da rimettere a posto. "Hai parlato troppo fin dall'inizio," dice. "Ricordi la storia del melograno con solo quindici chicchi?"
Mi fa ridere che ci pensi ancora.
"Per non dire di quel pugno" riprende.
"Oh, quello è stato anticlericalismo incontrollato", confesso, anche se non c'è nulla da confessare. "Quando vuole darmi indietro quel che mi merito, io sono qui."
Pare non capire, ma non credo sia perché entrambi crediamo che il peccato non esista e che dunque non debba esistere nemmeno la sua espiazione. Allora fingo di darmi un pugno in faccia, e lui sorridendo mi fa un cenno di assenso, che non è un'assoluzione.

N.B. Questo rappunto è il risultato di un sogno che ho fatto almeno un paio di mesi prima del famoso episodio del pugno di papa Francesco, e ritengo dunque con quella storia non abbia nulla a che fare.