20120824

#158

L'edificio di due piani era stato tirato su un milione di anni prima all'angolo tra le due strade, piantato nel punto in cui la provinciale getta una traversa fin dentro il paese. Chi lo guardava dal davanti vedeva solo il bar al piano terra, le vetrine oscurate, le sedie spaiate, gli ombrelloni chiusi, i tavolini di plastica sbiaditi dal sole e l'insegna che prometteva mariscos (tapas e raciones) in un rosso rosicchiato dal vento e dalla salsedine. Ma chi girava l'angolo e lo guardava di lato scopriva il grande muro di onduline frangifuoco imbiancato alla meno peggio e un'unica finestra al secondo piano, le imposte chiuse, le tende tirate, e sotto al davanzale un neon con scritto EDEN a fare l'occhilino. È così che tutti la conoscevano ormai, Eden, è così che la chiamavano, anche chi sapeva che il suo nome era Teresa. E anche se ormai il neon non funzionava più e lo si poteva vedere praticamente solo di giorno, tutti sapevano che di notte, quando il bar chiudeva, Eden metteva in vendita le sue freschezze (tapas o raciones), prigioniera come una principessa in un incubo di provincia.

#157

La fine del mondo è un po' più in là, dopo il parcheggio, proprio dietro quella curva. E poichè qui in zona suonerebbe blasfemo affermare di sapere cosa c'è oltre, il Signore o chi per lui ci ha regalato una splendida mattina di nebbia.
Sono tentato di fare qualche domanda all'autista del bus, che con la fine del mondo fa avanti e indietro ogni giorno, ma alla fine mi accontento della mia ignoranza. E dopo aver rischiato varie volte la vita per arrivare fin qui, oltrepasso il faro, salgo sugli scogli, fisso lo sguardo nel vuoto grigio e umido davanti a me e mi arrendo all'evidenza che non ho visto niente.

#156 (Dittico gallego - iQ#16/17)

Gli alberi compaiono
come fantasmi
nella nebbia.

E le navi sono spettri
nei porti
mangiati dal tempo.