20160331

#1060

E cosa farai adesso, gli chiesi dopo l'interrogatorio, continuerai a scappare perfino da te stesso?
Al contrario, disse lui, continuerò a scappare dalla gente come voi finché non troverò me stesso.

20160330

#1059 (Le altre mosche #13)


C'HO L'INTOLLERANZA


Sento la necessità di documentare quest'avventura umana, datemi una telecamera per evitare che i nostri figli facciano i nostri stessi errori.

20160329

#1058

Il pullman aveva attraversato in corsa la splendita Città Araba, tutta scalinate e archi come in un'illustrazione di Escher, infilandosi nei tunnel in discesa e risalendo i ponti in salita come fossero montagne russe, tra l'eccitazione e l'approvazione di tutti i passeggeri.
MA dopo tutte quelle emozioni una brutta sorpresa ci attendeva al varco: entrati infatti nella Zona Fredda, un muro di neve e ghiaccio ci sbarrava la strada verso la libertà. Bisognava proseguire dunque a piedi, pena la morte sicura; peccato che qualcuno si fosse dimenticati di caricare gli scarponcini e i ramponi nel portabagagli.
Come affrontare ora quell'interregno di inverno che ci separava dalla nostra stessa sopravvivenza?

20160328

#1057 (Le altre mosche #12)


BUSSOLI GLI ORARI

C'è una sorta di complicità tra le menti semplici.

20160326

#1056

E cosa ci fa, Sua Signoria la Stronza, a far finta di ripulire la strada assieme al suo codazzo di eunuchi e compiacenti varii? Si è degnata di scendere da Palazzo per farsi vedere tra la gente in un momento così delicato come quello dell'annuale Spalatura Generale proprio quando la sua reggenza ha iniziato a vacillare, politicante in merletto nero e ampia gonna affatto adatta all'uopo che non è altro. E intanto che noi spalatori volonari sgombriamo il Corso dalla terra, dall'immondizia e perfino dagli enormi, morbidi, organici, arredati formicai che vi sono cresciuti dall'ultima alluvione, i negri chiudono i loro negozii e corrono a ritmo di una musica incalzante che viene da chissà dove (forse dalle loro stesse teste) verso le fermate degli omnibus per non perdere il posto sulla prossima corriera che li porterà lontano dalla città, in salvo, almeno finché l'onda e il peggio non saranno passati.

20160325

#1055 (Le altre mosche #11)


A CHI VUOL CAPIRE

Facile facile, ogni volta giustificava il suo ritardo dicendo "l'avevo detto che ci avrei messo un quanto d'ora!"

#1054

Per me è molto importante essere sempre a un passo dai tempi.

20160324

#1053 (Le altre mosche #10)


TERRORE DE AZUCAR

Il freddo aveva addirittura portato via l'odore alla crema di castagne fatta in casa.

#1052

Perché diciamo mal d'auto e mal d'aereo, e invece di mal di nave parliamo di mal di mare?
Non è il mare a farci male, ma la nostra voglia di attraversarlo.

20160323

#1051 (Le altre mosche #9)


DI COME VICTOR RAFELIO, ORFANO D'AMORE, PASSÒ IL GIORNO PIÙ LONTANO DELLA SUA VITA

La prima cosa che notò fu la finestra accostata, con la serranda semischiusa e le tende tralucenti.

1. L'ASSANZA
S'era svegliato in un letto non suo, in una camera non sua, in definitiva non sua nemmeno la città.
Il posto accanto al suo era vuoto, ma qualcuno quella notte lo aveva tenuto in caldo.
Almeno era di nuovo vestito.

Ora la lama di luce della finestra aperta tagliava la stanza in due.

2. LA STANTE
Doña Alba, anziana matrona, aveva preparato del caffè e delle ciambelle strane che chiamavano 'medialunas'.
In città tutti parevano conoscerlo.

Sembrava un velo che dal blu tende al grigio fosse calato sulla finestra.

3. I SACCEVOLI
Doña Ines, fignia di Doña Alba, gli aveva raccomandato di restare a letto. Tutti, in paese, sapevano quello che Victor aveva passato la sera prima e, a meno che non avesse un santo in Paradiso, non gli conveniva andarsene in giro senza nemmeno sapere chi fosse.

Cosa vedeva oltre la finestra, quella notte?
Niente.

4. LA PREMONITURA
Il cuore di Victor batteva ormai solo per Doña Ines, che sarebbe rientrata alle nove. 
Il vapore del suo respiro annunciava, nella stanza umida, sua passione e timore.
L'amore è inverno, pensò. Inverno all'infinito.
E la finestra era di nuovo accostata.

#1050

Eccola, la strada dove sono cresciuto, una piccola via di passaggio generalmente deserta, che in occasione del mercato rionale il mercoledì e il sabato si trasforma in parcheggio. Dal punto di vista commerciale, una strada sfortunata come poche: l'alimentari della mia infanzia è diventato la filiale di una banca, poi un'agenzia di viaggi, poi niente più; il veterinario ora è un negozio di arredamenti per uffici, quello di abbigliamento sportivo un fruttivendolo, l'enoteca un ristorante, poi una pizzeria, un'artigiana della lana realizza maglioni e cappelli dove una volta si vendevano articoli per l'equitazione, mentre al posto del riparatore/rivenditore di computer adesso c'è un tutto per i tuoi cuccioli e un antiquario fronteggia un negozio di giocattoli là dove non ricordo nemmeno più cosa ci fosse. Il parrucchiere resiste, sono anni ormai.

20160320

#1049 (Le altre mosche #8)


TERRONES DE AZUCAR

E così, guardandosi le nocche delle mani, fu definitivamente convinta che non si poteva cominciare una nuova vita il 31 gennaio.

#1048

Quella sera finì la sua dose quotidiana di libro a letto, nella stanza dove era stato bambino, alla luce che filtrava attraverso il mappamondo su cui aveva sognato di viaggiare verso i sette mari.

20160319

#1047 (Le altre mosche #7)


ERIDANIA

L'amore è inverno.
Inverno all'infinito.

#1046

Dato che ogni volta che si sentiva pizzicare – e succedeva ormai più volte al minuto – non riusciva mai a sorprendere l'insetto di turno sul luogo del delitto, dovette arrendersi all'idea che i morsi venivano da dentro.

20160318

#1045 (Le altre mosche #6)


ZUCCHERO È DOLCE BUONGIORNO

Mi svegliai in una camera non mia. La prima cosa che notai era la finestra accostata con la serranda semischiusa e la tenda tralucente. Il posto accanto al mio era vuoto, ma qualcuno, quella notte, lo aveva tenuto in caldo. Ed io ero di nuovo vestito.

#1044

Amo il sapore del sale sulle tue labbra dopo che hai mangiato un cracker.

20160317

#1043 (Le altre mosche #5)


LE KORNA GIÀ LE TIENE

E dal muro della piccola stanza proveniva un suono cupo, come di vento in tempesta.
Succedeva, in case del genere, di sentire o credere di sentire il respiro degli antichi abitanti, o le voci di vecchie stufe.

#1042

Già il nome era inusuale di suo, poi Giulio la chiamava 'Amelia Gioventù'...
"Fascista a bestia," Lucia entrando in cucina.
"Ma no, dai," Giulio, guardando Amelia che giocava sul pavimento, "a me fa solo sorridere."
"Suona fascista," Lucia aprendo il frigo.
"Effettivamente," Chiara, asciugandosi le mani dopo aver lavato i piatti.
Amelia non sembrava nemmeno cosciente che si parlasse di lei, solo quei mattoncini di legno contavano, brava di papà e futuro architetto.
"Amelia gioventù..." Giulio sussurrando alla bambina.
"Fascista a bestissima," Lucia uscendo dalla cucina con una tonica.
"Effettivamente," Clara, con le mani ormai asciutte.

20160316

#1041 (Le altre mosche #4)


NO-GAS GIULIANA

"Sembri un'altra," le disse notando che aveva i capelli neri, ora.
Tutto ciò che si desidera, di tanto in tanto, è che qualcuno ci dica frasi del genere.

#1040

Facile, per lorsignori europei, venire a farsi un Grand Tour in Italia. A me, che in Italia ci sono nato e cresciuto, il mio tocca di farmelo in tutta Europa, che anche a trovare il tempo – il che essendo già cosa lunga e complicata – diventa impresa titanica a dir poco.

20160315

#1039 (Le altre mosche #3)


PEPE

Nessuna lingua di Menelik può competere con la ciuccia di Zi' Alberto.

#1038

Tutti gli uomini e tutte le donne vengono al mondo grazie a un equivoco. Quello per cui i loro genitori, a un certo punto, cominciano a pensare che la vita non sia così male e che valga la pena di dare alla luce una nuova creatura. I più fortunati sarebbero quelli che non sono mai nati, se solo se ne rendessero conto.

20160314

#1037 (Le altre mosche #2)


FRONNE

E così passò l'intero pomeriggio a leggere Philip K. Dick nella cucina della nonna aspettando, mentre le patate cuocevano, che qualcuno gli augurasse buon compleanno.

#1036

Spense la luce a mezzanotte esatta, ed esattamente alle cinque del mattino si svegliò bagnato di sudore come solo un uomo nelle sue condizioni avrebbe potuto.

20160313

#1035 (Le altre mosche #1)


ELETTRO/B

Adorava i piccoli deliqui postorgasmatici; era come morire ogni volta per un attimo.

#1034

Lo zio Gianbattista non poteva fare altro che fidarsi di noi, gli unici del continente che avevano già guidato lungo le strade della Barbagia e che sarebbero stati in grado di portare quei maiali da una parte all'altra dell'isola.

20160312

#1033 (Le nuove mosche #255)


SONO STUFO DI AMARTI

Non ho più nessuna mira su di te.
Non posso più permettermelo.

#1032

I grossi vermi canterini erano di un blu chiaro e intenso, ma a toccarli coi piedi si gonfiafano in morbide palle multicolori e pelose. A quanto ne sapevo era proprio a quello stato di eccitazione che dovevano essere portati per essere capaci di scioglrere e ingerire la pistola che dovevo far sparire. Nessuno mi aveva però spiegato che digerivano solo materiali inorganici, e che il calcio in osso, irrimediabilmente collegato al mio nome e al mio indirizzo, sarebbe stato espulso dopo qualche giorno, a beneficio delle autorità.

20160311

#1031 (Le nuove mosche #254)


ANIMAL CRACK

Sabato eri bellissima (forse non te ne sei nemmeno accorta); è perché tendi a evitarmi.
Starmi lontana ti fa bene.

#1030

Impegnata in una conversazione interiore, gli inequivocabili gesti del capo, annuire, negare, confermare, insistere, rifiutare. No, non sentiva le voci. Era piuttosto lei che parlava a loro. Che del resto non volevano ascoltarla.

20160310

#1029 (Le nuove mosche #253)


HEROES

Cominciai a denigrare dalla platea, sottovoce, le poesie di questo nuovo autore, mentre l'attrice le leggeva sul palco, impostata e totalmente fuoriluogo.
Un crocchio attorno a me iniziò a rimproverarmi e zittirmi, che non capivo niente d'arte e che ero un maleducato privo di gusto e del senso dell'estetica.
"Ma che roba è questa?" facevo io, tra gli sguardi inorriditi.
La smisero solo quando fui chiamato sul palco quale autore di quelle poesie.

#1028

Dopo la sfuriata la stanza era in completo stato confusionale. Mary sedette sul letto e prese a fissare l'unico quadro che, obliquo, era rimasto ancora appeso alla parete.
"Tuo padre ce l'ha davvero a morte con me" le dissi.
"È solo che non ama l'idea che tu resti a vivere qui."
"Non ama l'idea? Pensa se l'odiasse!"
La battuta le strappò un sorriso, ma niente di più.
"È una semplice questione di affari" cercai di giustificarmi. "Quando sarai più grande lo capirai."
Ora Mary stava fissando me, non come se fosse cresciuta improvvisamente ma come se fosse sempre stata adulta.
"Guarda che lo capisco benissimo."
Quando sentii i passi di Ted e Johanna nel corridoio desiderai che tra noi ci fosse un gesto di comprensione, qualcosa che tornasse ad unirci. Stavano uscendo dal bagno, lei dritta come un fuso aiutava lui, che invece sembrava aver accusato peggio il colpo.
Finsi di dover andare in bagno anch'io e quando li incrociai lasciai che la mia mano si poggiasse sulla spalla di Ted e che esercitasse una leggera e veloce pressione.
Lui mi guardò quasi sorridendo, il volto per un attimo disteso.
"Stammi bene" disse.
"Guarda che non me ne vado" dissi io.
S'irrigidì improvvisamente, e Johanna parve spaventata, ma entrambi sapevano che non c'era nient'altro da fare.
"Sarà una vita dura" disse Johanna.
La guardai come fosse mia madre.
"E quando mai non lo è stata?"

20160309

#1027 (Le nuove mosche #252)


SOGNO O SON DEZIO?

Era in bagno. Mi chiesero di aspettare al telefono. Un televisore, dall'altra parte del cavo, mandava un documentario: "Mamma orsa s'è allontanata. Potrebbe essere pericoloso per i due orsacchiotti. No, ragazzi! Quella non è vostra madre!"

#1026

Quella conversazione bastò a convincermi che le hostess sono come i clown: tanto educate e attente per mestiere e convenienza quanto antipatiche ed egoiste nella vita privata.

20160308

#1025 (Le nuove mosche #251)


NON ABITO DA SOLA

Ieri mia sorella entra in camera mia e mi fa: "Sono pazza o cosa? Forse entrambe!"

#1024

Il prete non sapeva esattamente perché si fosse fermato proprio quel giorno a guardare la città da quel miradouro. C'era passato davanti tante di quelle volte che ormai per lui faceva parte del paesaggio che da lì si poteva osservare.
La città era meravigliosa, stesa nell'ultima luce del giorno, e quello era un posto perfetto per ammirarla. Così perfetto che quarant'anni prima era proprio da lì che era stata tenuta sotto assedio dai mortai e dalle mitragliatrici di monarchici.
Un luogo solitario e silenzioso, perfetto per prendersi qualche minuto di pausa dalle incombenze del monastero. Per un altro uomo, un uomo con un'altra carica e altri doveri, il nome diverso e diverso il colore dei capelli, un posto perfetto per sparare agli insorti.

20160307

#1023 (Le nuove mosche #250)


VERRÒ NEL TUO GIARDINO

Sogno spesso di volerti bene.

#1022

Per la prima volta le loro due sveglie, che nonostante fossero puntate alla stessa ora non erano sincronizzate, cominciarono a suonare nel medesimo istante, perfettamente accordate.
I loro rispettivi tempi avevano cominciato a scorrere esattamente allineati, l'uno accanto all'altro.
Va bene, ma fino a quando?

20160306

#1021 (Le nuove mosche #249)


LETTI (MAI) LETTI

Così dormirono nel suo letto, abbracciati, senza fiatare, segretamente felici.
Si potevano udire battiti cardiaci.
La mattina seguente la luce filtrava dalle serrande. Anne si tolse la maglietta e le mutandine e salì su di lui.
"Perché non l'hai fatto un anno fa?" disse Han considerando il peso di lei sul corpo, la morbidezza della sua carne "invece di innamorarti di Sean? Ti ricordi di me solo quando vi lasciate."

#1020

Marcela Piñero guardava la propria terra dal finestrino del treno che la stava riportando a casa, osservando la distesa di tetti a perdita d'occhio e ragionando su che cosa volesse davvero dire "senza soluzione di continuità". Arrivò invece alla conclusione che il concetto di "cielo altissimo" significasse in realtà orizzonte bassissimo.

20160305

#1019 (Le nuove mosche #248)


FRINGUELLI DANNATI

Il cane Cané e il gatto Gattò erano due animali remoti, ma da cortile, e vivevano col veccho fattore Meke Meké in una fazenda al confine con tutte le culture.

#1018

Le regole del tempo sono semplici:
– il tempo scorre sempre in una sola direzione
– il tempo scorre sempre in senso orario
– il tempo non finisce, ma ha avuto inizio
– il tempo non si può fermare
– non si può tornare due volte allo stesso momento di tempo
– non si può essere più veloci del tempo
– il tempo non esiste a prescindere da chi lo misura
– il tempo è tridimensionale
– il tempo non è nemico dell'uomo, perché non ha volontà, ma come qualsiasi elemento inevitabile può essere affrontato o subito
– il tempo è sempre presente

20160304

#1017 (Le nuove mosche #247)


LA L'UNA

Se tu fossi la mia ragazza ti farei fare tre volte il giro del mondo. Se solo tu potessi conservare sempre il sorriso che hai adesso, sarei pronto a lasciare tutto e ad accompagnarti ovunque tu voglia, nella buona e nella cattiva sorte.

#1016 (Elegia di Lisbona)

I gabbiani ci svegliano alle cinque di mattina
e se non sono loro allora sono i piccioni
e se non sono nemmeno loro allora sono le campane
strutture melodiche sempre più complesse
man mano che ci avviciniamo all'ora tonda.

Ma se l'insetto di Kafka è lo scarafaggio,
quello di Pessoa dev'essere la pulce.
Sono pulci quelle che ci attacca il randagio Bacco
tra le mura del quartiere che ospitò Mario Dioniso
e gli arabi prima di lui.

In cerca del misterioso Kino per restituire le chiavi
della casa infestata "good luck finding him",
i viene detto. E tocca spulciarsi, proprio come i bonobi,
cosa romanticissima secondo alcuni, letteralmente,
chi avrebbe mai potuto immaginarlo?

Solo attraversare il fiume può calmarmi,
solo il fiume per dimenticare... dimenticare...
Dimenticare cosa?
I pescatori ci attendono tra i ricordi
dei portuali che nessuno ricorda più
e solo quando arrivo al Ponto Final capisco
che sono giunto al termine di questo giorno.

Gli esseri umani corrono, amministratori di se stessi,
dietro alle carrozze della metro.
La stazione di Parque è già un ricordo,
un mondo degli abissi lasciato a fermentare
nel passato: il mio pensiero è un fiume
sotterraneo. Da dove viene, e dove va?

Lisbona è la propria immagine stereoscopica,
impossibile da vedere senza gli strumenti adatti,
e altrimenti una città doppia
un lato leggermente spostato d'asse rispetto all'altro.

20160303

#1014/1015 (Le nuove mosche #245/246)


L'INGOMBRO

Vorrei che nostro figlio avesse i miei occhi, ma anche il tuo sguardo, e che vedesse quel che vedi tu.
Vorrei che avesse la mia bocca, i miei denti, ma la tua voce, il tuo sorriso.


LO SGOMBRO

Le cose si trovano perdendo la via. Ognuno segue il proprio vento. Così Francis seguiva il suo, personale, come un regalo privato dal cielo.

#1013

Quando si svegliò lei si era già alzata, come ogni mattina, e preparava la colazione in cucina. Al suo posto, il cavo d'alimentazione appena staccato si allungava sul letto come un serpente addormentato: non sarebbe servito fino alla notte seguente.

20160302

#1012 (Le nuove mosche #244)


UN CASO DI MORTE E ALLEANZA

Sulla mia schiena
orde di borotalco
come pronto a esser cucinato.

#1011

L'uomo di guardia fissava l'orizzonte attraverso il binocolo, mentre la formica esploratrice faceva strada alle compagne attraverso la porta proprio in mezzo alle sue gambe.
"Queste sentinelle degli uomini," stava dicendo "guardano troppo lontano per accorgersi di cosa gli succede sotto al naso."

20160301

#1010 (Le nuove mosche #243)


DEN BOSCH VS VITESSE

René tornò alla macchina, aprì lo sportello, mi fissò e lo fece.
"È questo che volevi, no?" ringhiò. "Dillo!"
Mi chiedevo cosa volevo sentirsi rispondere.
Dissi: "È stato un bacio d'addio o di benvenuto?"

#1009 (iQ#40)

Estate.
Sembravan grilli
ma invece era il frigo.