20141031

#436 (Le mosche #97)


JET CLUB

Lo chiamavano Biela (il bianco) perché dicevano che la madre lo aveva concepito con uno del nord, non con uno zingaro. Le donne impazzivano, si scaldavano e crollavano al suolo nel campo di terra addobbato per il suo ritorno. Ballava come Rodolfo Valentino, col coltello in bocca e quel suo strano cappello straniero. L'unica che gli tenesse testa era Ivna, rossa in faccia come un papavero, capelli d'erba e profumo d'oriente, che danzava come per fare l'amore col diavolo. Biela se ne innamorò, ma il destino l'aveva già promessa a una morte prematura.

20141030

#435

Una volta forse, ora certo non più, c'era un paese dove viveva un solo artigiano per ogni arte e un solo negoziante per ogni negozio, cosicché non c'era da sbagliarsi: chi voleva il pane andava dal panettiere e chi cercava un fiore andava dalla fioraria. E così via per tutti i commerci: un solo ciabattino, un solo fabbro, un solo macellaio e un solo verziere. Maledetto il giorno in cui arrivò un nuovo falegname, e aprì la sua bottega due strade più in là del vecchio. Da allora fu tutto doppio, se non triplo, quadruplo o quintuplo, e la gente non seppe più dove andare e di chi fidarsi, e il mondo divenne una gran confusione.

#434 (Le mosche #96)


D'HO

Dei due fratelli a uno piaceva scendere dagli autobus in corsa, all'altro salirci al volo. Questo la diceva lunga sui loro rapporti con la vita.

20141029

#433

Ora ho finito tutti i nonni.

20141028

#432 (Le mosche #95)


CALL ME JOYCE

Fottersi l'Americana, certo, chiavarsela sul letto a due piazze infilandola dall'alto mentre lei, cosce all'aria, s'incunea tra i due materassi e sprofonda sempre di più a ogni sussulto, sgaurdo all'aria e capelli sul cuscino, guardarle la bocca aperta che fiata violenta, e tenersi le sue cosce bianche e fredde sopra le spalle, le gambe che ballano sulla schiena, i talloni che sbattono sui fianchi, col corpo, il collo e tutta la testa in mezzo, la lingua tra le tette, e infilarle il cazzo bagnato e intanto con le mani tenerle il culo tra i materassi e spingere dentro fino a scoppiare e urlare, a questo pensava Chris Isaak, fottersi la straniera per tutta la settimana, un'americana del tipo capelli rossi e alquanto stronza, piercing e bancomat, non ci poteva pensare, lentiggini e una fica rossa che sarebbe ripartita il sabato seguente, ma a che gli sarebbe servito? a tirare un po' avanti vantandosi del ricordo?

20141027

#431

È possibile sentire la fame nella pancia e contemporaneamente nella stessa pancia provare la netta sensazione di pienezza assoluta? Dev'essere una tipica facoltà contemporanea in questa ricca e costantemente insoddisfatta parte di emisfero, si disse Sergio Atzeni.

#430 (Le mosche #94)


BLUES

Il signor Honer Harp (di Hersel, Holland) non fumava e non aveva mai fumato. Ma possedeva tre cigarillos cubani avuti in regalo non si ricordava da chi, e cinque fiammiferi bordò nella loro elegante confezione sottile e in tinta dell'Hotel Royal Di Lussemburgo (al 12 di Boulevard Royal).
I sigari, brevi e sottili, odoravano della casa che aveva avuto in Italia anni prima, e i fiammiferi erano lunghi sei o sette centimetri. Si ripromise di usare quei suoi piccoli segreti per fumare, un giorno, quando non ci sarebbe stato più niente da fare.

20141020

#429

E poi avvenne quello che tutti temevamo: entrò nella stanza e vide che quel coglione stava suonando la sua chitarra. In un attimo gliel'aveva strappata di mano e aveva cominciato a tempestarlo di pugni sulla faccia, mentre quella testa di cazzo cercava rifugio nella camicia di flanella tirandosi il colletto fin sopra gli occhi.

#428 (Le mosche #93)


CAMILLA EXPRESS

La gente si chiedeva cosa ci facesse lui sul suo balcone all'una e un quarto di notte chino con la schiena nella pallida luce al tungsteno del muro. E si rispondeva che metteva ordine e che, in qualunque caso, era pazzo.
Invece lui non faceva altro che eliminare gli scarafaggi da quel posto, che per lui rappresentava l'unico contatto con l'infinito.

20141018

#427

Questo mondo è una merda.
Sperava nell'altro.

20141017

#426 (Le mosche #92)


ORIENT EXPRESS

Le scarpe erano il suo principale problema. Erano nuove, comprate coi risparmi di sei mesi di lavoro. Le scarpe più belle che avesse mai avuto. Sembravano rubate, sotto quei pantaloni sporchi e rattoppati. Ma gli facevano male, perché erano dure e per nulla usate. Faceva finta di niente, per darsi la dignità necessaria a portarle.

20141016

#425

Nei composti panni della dottoressa Bylge, entro le elezioni e con i suoi soliti sotterfugi il diavolo doveva accaparrarsi almeno il 51 per cento della popolazione di N.
Quando fu giunto a trecento decise che poteva tirare il fiato e prendersi una pausa. Ma proprio alla vigilia del voto scoprì che in paese c'era un nuovo nato, frutto di un incesto che del suo diabolico operato era nient'altro che uno tra i tanti effetti collaterali.
Non essendoci altro tempo per luciferine raffinatezze dovette saltare addosso al fornaio e a sua figlia, che erano lì a portata di mano, e farli suoi nella peggiore delle vecchie maniere.

20141015

#424 (Le mosche #91)


CAFÉ EXPRESS

Quattro volte si lavò i capelli quella sera, e per quattro volte rimase fermo davanti allo specchio con le forbici in mano. Ma quale atto di umiltà?! si disse, lui che non aveva nessun motivo per essere umile, e quindi nessun motivo per rasarsi.
Si accorse di tenere immensamente ai suoi capelli e, guardatosi un'ultima volta allo specchio, uscì per compiere il delitto che gli era stato commissionato.

20141013

#423

Il papa suo padre, non trovando nessun erede degno quanto lei, e non avendo putroppo avuto alcun figlio maschio, all'età di tredici anni la fece venire in città dal luogo segreto in cui era vissuta; la costrinse allora a tagliarsi i capelli e indossare una toga, e la fece ammettere al noviziato, pronto a guidarla attraverso un privilegiato e fruttuoso futuro. Non sapeva però che ogni notte la bambina incontrava un pastorello suo coetaneo, che l'aveva seguita dalla campagna fino alla capitale e che per nulla al mondo l'avrebbe lasciata andare. E così fu, anche dopo che ella ebbe seduto sul trono di Pietro.

20141012

#422 (Le mosche #90)


FRANçOISE THREE-FOUR

Non c'è tanto onore nella virtù, né tanta colpa nell'errore. Così pensavano i due giovani sposi, lei profumata di bianco, lui con gli occhi arrossati di deserto, entrambi affamati del banchetto nuziale da cui erano scappati.

20141009

#421

Le notizie vanno dove le telecamere stanno.

20141008

#420 (Le mosche #89)


12% VOL. (750 ml E)

Era soprannominato da tutti "King Size" perché era un'enorme forma camminante nei sobborghi (temuto più che rispettato). In verità, sotto la giacca portava confezioni di cibo per cani, da distribuire di nitte tra i suoi unici amici.

20141007

#419

Il resto del pubblico prese pian piano posto negli enormi spazi della chiesa decaduta, sedendo nell'erba tra i resti di colonne e statue là dove mille anni prima tre navate avevano accolto viaggiatori affatto diversi. Parlò il primo, e la seconda parola che pronunciò fu Mosè. Io, che proprio questo temevo, mi alzai quanto più rumorosamente potevo e annunciai che dovevo andare a pisciare. Cosa potevo aspettarmi da loro, in fondo? La feci alla base di quello che doveva essere stato il piedistallo in marmo di una grande statua, scomparsa come il resto della nostra civiltà.

20141003

#418 (Le mosche #88)


THE BOMBERS

Teo il monello ingegnava
la sua scarsa sera bruna
nella ricerca della giusta
combinazione. I parenti
stretti gli avevano insegnato
a non affidarsi né al caso né
al destino, ma in quel momento
sentiva che la fortuna stava
togliendosi la benda per lui.

20141002

#417

Non è una lolita, almeno non cosciamente. Quando ci scontriamo durante la festa prima fa finta di nulla, poi cerca la mia attenzione con lo sguardo e io, senza nemmeno badare al doppio senso, mi scuso per esserle venuto addosso. Si allontana sorridendo senza parlare, la seguo lungo i filari di lampioncini illuminati tra i tavoli imbanditi. Quanti anni potrà avere, mi chiedo. L'ho sentita parlare di cresima: massimo quindici, mi rispondo. Attraversiamo la strada, rientriamo in albergo. Un lungo corridoio ci separa da dove non pensavamo nemmeno di voler arrivare. Una donna, in ritardo per il taglio della torta, sbuca dall'ascensore e ci supera senza nemmeno vederci. Entriamo in una stanza rossa e poco illuminata. La metto con le spalle contro il muro damascato e mi rendo conto che è di una bellezza strana, vagamente animalesca, ma tenuta a bada da un'educazione ferrea e da un paio di occhiali da secchiona. Come si addice alle ultime fasi dei festeggiamenti, i capelli rossi sono sciolti, in un disordine che odora di adolescenza. Sotto al pantalone ha un paio di mutandine di cotone a fiori colorati. Tiro un po' l'elastico verso di me e le bacio la pancia. Che sia o meno un sogno, sospetto che sia arrivato il momento di avere paura.

20141001

#416 (Le mosche #89)


MR SAMSON

Il signor Theodorus Niemeyes (nato a Groening-Holland, 1819) era convinto di essere la reincarnazione di un paladino di Carlo Magno. Nelle sue mirabili imprese accompagnava inconsapevoli donzelle,
ma anche, ottimamente: insaccati, bruschette, formaggi robusti,
minestre con verdure, pastasciutte con salse rosse, brodetti di pesce, vitello, pollame, maiale, carni arrosto, bolliti, grigliate, selvaggina, piatti unici a base di verdure e carni, timballi.
Servire a temperatura ambiante.

#415

Le monete che ti allungo non servono ad alleviare il senso di colpa per essere benestante, perché in questo non c'è colpa. Né tentomeno quello di non far nulla per alleviare le pene degli altri, perché non bastano certo gli spiccioli. Forse il loro scopo è solo di evitarmi il fastidio di evitarti: è proprio questo, che la tua povertà sia solo un fastidio, a provocarmi il senso di colpa.