20150430

#556 (Le mosche #158)


GRAVE CAVE ATE

Sylvia Plath, monca e col destino monco, figlia di sua figlia, e di sua figlia madre.
Non sono lacrime quelle che abbandona davanti alla finestra diritta, ma sono calde comunque; dietro al vetro i fuochi d'artificio sono probabilmente solo un riflesso, rosso e verde, lontani dalle sue mani che le strozzano il cuore.

#555

Sono più cristiano io, che mi sono fermato alla prima comunione. Sono più cristiano io, che in chiesa nemmeno ci vado più. Sono più cristiano io, che nego l'esistenza del peccato. Sono più cristiano io, che se pure il peccato esistesse non lo confesserei di certo a un altro essere umano. Sono più cristiano io, che non rispetto il potere spirituale della chiesa. Sono più cristiano io, che abborrisco l'idea di un rappresentante di Dio in terra. Sono più cristiano io, che non credo nemmeno in Dio.

#554 (Le mosche #157)


FARRAR, STRAUS & GIROUX

Il ronzio del frigorifero mi ricordava le fusa di un gatto elettrico. Attraverso la finestra del cucinino al primo piano fissavo, dietro al cancello del palazzo difronte, la coppia abbracciarsi convulsamente nell'auto bianca e antica, e restai lì come un maniaco imprecisato, in dubbio tra godere del vetro a specchio che permetteva il nostro incontro univoco e fremere dell'odio che provavo per la loro felicità.

20150427

#553


Preoccupati come eravamo di tutte quelle zanzare, non facemmo caso all'enorme ragno che pendeva dal soffitto. Più che a un ragno somigliava a due ali di pollo spennato sovrapposte, ma una piccola testa ricoperta di occhi si affacciava tra la pelle glabra. Ci mise poco a crescere e a diventare un piccolo mostro peloso: simile ormai a un roditore, scese sul pavimento e prese a saltare sui muri, a cui si appiccicava come un rettile. Spaventati dalla sua agilità corremmo a rifugiarci in cucina, da cui, attraverso il balcone, avevano accesso anche ai bagni. Fu nostro padre a uccidere la bestia, che si rivelò infine molto simile a una martora, col solo aiuto di uno spazzolone.

#552 (Le mosche #156)


LADY LAZARUS

Quell'uomo, calvo come un uovo peloso, vedeva tra gli ochiali draghi ovunque, ne sentiva il fiato dietro le porte, lo sbatter d'ali, la puzza, addiruttura.
"Il mostro!" urlava guardando in un punto qualsiasi ma non mai nei miei occhi, "il mostro!" ed era quasi calmo, come se aspettasse solo che lo venissero a prendere.

20150422

#551 (#549b)

Poteva già vedere il suo futuro: si stava avviando a essere uno di quei misantropi da letteratura classica (a limite del didattico, quindi), privo di amici e di amore, solitario e chiuso in casa tra le sue collezioni di oggetti che, sebbene mai tradiscano, mai nemmeno rispondono con passione alla passione. Nessuna telefonata, nessuna lettera e, diocenescampi, nessun contatto di tecnologica virtualità. Un eremita del vecchio mondo, completamente integrato nel pressoché naturale solipsismo di quello contemporaneo.

#550 (Le mosche #155)


NON

“Un uomo che per colpa dell’allergia non possa godersi un prato d’erba in una domenica pomeriggio di primavera non può essere veramente romantico.”
“Io credo invece che un uomo che può godersi un prato d’erba in una domenica pomeriggio di primavera nonostante l’allergia sia davvero romantico.”

#549

Mai si sarebbe aspettato da se stesso questa evoluzione, di diventare cioè uno di quei noiosi casalinghi appassionati di musica antica e strumenti desueti (faceva sempre fatica ad apprezzare le ultime romanticherie d’oltralpe, per non parlare di quelle per solo pianoforte, strumento moderno che lo infastidiva oltremodo — eccezion fatta in entrambi i casi per L.Van Beethoven), vestiti di setosità orientaleggianti come la moda prevedeva, circondati dei libri di mistica, folklore e mitologia che la cultura imponeva. Di invecchiare oltremodo anzitempo, insomma.

#548 (Le mosche #154)

 
DELLE PENE D'AMORE DI VICTOR RAFELIO,
AVVILITO PER LA LONTANANZA DELLA SUA DONNA


6.

E ascoltando l’unico vero erede di Astor Piazzolla
Victor Rafelio si accorse di provare
nostalgie che non aveva, per cose
e posti che non aveva mai vissuto e visitato.
L’assenza della sua donna lo avviliva
ma queste erano sensazioni che a volte
è meglio provare da soli.

#547

Di lei riusciva a vedere solo il profilo di sfuggita, una parte del corpo da un’angolatura improvvisa, il colore dei capelli per un istante irripetibile. A volte gli sembrava di poterne percepire l’odore in una stanza da cui era probabilmente appena uscita, o di sentirne la voce in fondo a un corridoio troppo lontano per essere raggiunto. Ed era così che doveva amarla, misteriosamente e a pezzi.

20150421

#546 (Le mosche #153)


DELLE PENE D'AMORE DI VICTOR RAFELIO,
AVVILITO PER LA LONTANANZA DELLA SUA DONNA

5.
Di lei gli piaceva la pancia, dorata
e mostrata con cura e senza vergogna.
Lo sguardo divertito e le smorfie,
e i capelli donati al caso
gliela fecero desiderare nuda
scoperta come una madre implume
e color del sole,
come un corpo che lo aspetta al tramonto
sulla sabbia.


20150420

#545

È strano che fino ad oggi non ci fossi arrivata. Ma ora che ho settant'anni, e sono brutta e apatica, e la mia pelle è pallida e spiagazzata, l'idea mi ha colpito come un cazzotto in faccia: anche quando invecchiano gli uomini continueranno a desiderare le ragazze giovani e sane, perché a chi piacerebbe, solo perché vecchio e malato, un orologio che non funziona più o un'auto che non parte?

20150419

#544 (Le mosche #152)


DELLE PENE D'AMORE DI VICTOR RAFELIO,
AVVILITO PER LA LONTANANZA DELLA SUA DONNA

4.
Legge il giornale nella candela bassa
di questo locale per arie di bandoneon
e non si cura del fracasso di forchette
e di bocche masticanti.
Una classe francese, pensò Victor Rafelio
ricordando i suoi mesi parigini
e desiderando, con lei, di parlar d'altro.

20150413

#543

Ci sto così dentro che non riesco più a uscirne.

20150411

#542 (Le mosche #151)


DELLE PENE D'AMORE DI VICTOR RAFELIO,
AVVILITO PER LA LONTANANZA DELLA SUA DONNA

3.
Esperta di vini come della vita, si disse Victor
osservandola da qualche gradino più in basso,
coi denti storti e il naso lungo
riusciva comunque a essere sensuale,
mentre con le erre fischianti rimproverava al suo uomo
di essere tanto poco esperto di vini quanto di vita.

#541

Completo YSL, camicia Dior, panciotto Antonio Marras, cappello Borsalino, scarpe inglesi artigianali e orologio di Glashütte. Ogni elemento perfettamente fuoriluogo, col risultato che si sentiva completamente fuori posto. E voi? cominciò a sbraitare, pensete di essere eleganti, voi, colo perché avete quei vestiti addosso? L'eleganza è cosa interiore, e in questa stanza nessuno saprebbe dove sta di casa nemmeno se glielo indicassero su una mappa.

20150410

#540 (Le mosche #150)


DELLE PENE D'AMORE DI VICTOR RAFELIO,
AVVILITO PER LA LONTANANZA DELLA SUA DONNA

2.
Giovane cameriera dai capelli corti e neri
avanti e indietro per le scale sporche di vino,
bellissima e impassibile
senza sfiorare l'antipatia
della commessa irascibile
lo fece innamorare nel momento
in cui col dito lo sfiorò sulla schiena
per dirgli di spostarsi.

20150409

#539

Sessantasei chili e sei, il numero della bestia: anche stamattina la bilancia segna quel chilo e mezzo abbondante che non gli permette nemmeno la salvezza terrena.

20150408

#538 (Le mosche #149)


DELLE PENE D'AMORE DI VICTOR RAFELIO,
AVVILITO PER LA LONTANANZA DELLA SUA DONNA

1.
Bella e intransigente
con le gambe nude e la gonna leggera azzurra
la straniera scese dal tram rantolante
nel traffico di Buenos Aires
senza avergli ceduto un solo sguardo.
Victor Rafelio non ne poté vedere
che le belle gambe e il riflesso
del volto abbronzato nei propri pensieri.