20181123

#1946

Dal punto di vista del paesaggio le due rive erano essenzialmente uguali. Ma se volevo raccontare quello che davvero mi interessava, allora dovevo restare da questa parte del fiume. Arrivato a metà del ponte scattai qualche altra fotografia di poco valore e tornai indietro.

#1945

Gestisce un negozietto di articoli per le feste: palloncini, maschere, candeline e tutto il necessario, in un'attività stipata di colori, glitter e facce di cartoni animati sorridenti. Ma è la persona più incazzata del mondo: si aggira sbuffando tra tovaglie a fantasia e lingue di Menelik o staziona annoiato dietro al bancone, e quando qualcuno compra finalmente qualcosa, specie se è un articolo di poco conto, lo guarda disgustato e preme i tasti della cassa con pesante delusione, come se si fosse aspettato di diventare ricco proprio quel giorno ma qualcuno avesse ancora una volta inspiegabilmente infranto tutti i suoi sogni.

#1944

Allo stesso modo in cui, come tutti sanno (o dovrebbero sapere), sciacquare bene i piatti è altrettanto se non più importante che lavarli, così ogni volta che nella storia si è ritenuto giustamente necessario fare "giustizia", sarebbe stato bene proseguire con un'accurata revisione etica, perché i residui della precedente operazione non restassero attaccati alla società appena mondata, invisibili ma velenosi.

#1943

È sempre così: si prende una cosa antica, usata bene, invecchiata meglio, la si prende e la si torna ad usare, probabilmente con attenzione, magari anche con amore, e la si consuma, più che in passato, la si rovina, tanto che sembra che la si sia recuperata proprio e solo per questo scopo, per decretarne l'ultima fine.
Indumenti tessuti con cura, destinati a durare, fatti per l'uomo senza mezzi, che li ha indossati con rispetto, ora diventano in un attimo stracci e pezze, oggetti privi di valore e ormai da buttare, o alla meglio pronti per i cassonetti gialli.

Così, allo stesso modo, si prende qualcosa di vivo, diciamo una pianta (ma vale anche per un animale, per non parlare di un essere umano) e la si vuole per sé, la si usa contro natura, la si riempie di quel che si pensa sia amore, fino a inondarla e soffocarla a un tempo. Impauriti dal proprio eccesso di zelo, allora la si fa asciugare, la si prosciuga fino ad essiccarla, e alla fine non si sa più cosa fare: troppo amore? Troppo poco? La si lascia crescere per conto suo, sperando nell'autosufficienza, puntando sull'indipendenza, confidando nella tanto decantata resilienza, e quella si ammala per mancanaza di attenzione.Cosa rimane poi? Tornare ad amarla, certo, ma quanto? Qual è il limite? Come si evita di sopraffarla, seppellirla?
Le foglie prima verdi, ora irrancidiscono marroni. Le radici prima deboli e poi forti, ora sono fradice. Non aveva più senso lasciare la pianta nel vivaio? Non sarebbe meglio che crescesse solo in un bosco?

E adesso la quercia piantata per la nascita del futuro signore della casa è improvvisamente impallidita, e come di fronte a un evento spaventoso incanutiscono d'un tratto i capelli di un uomo nel fiore degli anni, così da una notte all'altra l'alberello ha mutato il colore delle sue foglie, tanto da apparire fin da lontano, ad essere fatalisti, come un presagio di sventura.

#1942

L'elastico. Senza dubbio è l'elastico la più grande invenzione della storia.

20181122

#1941

Qualche anno dopo aver iniziato a viaggiare—per lavoro o piacere che fosse—Janis Skujins si rese conto che cominciava a confondere i luoghi che aveva visitato.
Una chiesa in legno diventava un'altra chiesa, che magari di legno aveva solo le panche, e quella strada gli sembrava quell'altra strada, che forse aveva visto in quell'altra città.
In generale, ogni luogo gliene ricordava almeno un altro, lontano nel tempo e nello spazio, mentre ancora gli restavano ignoti alcuni angoli della propria casa, che di recente aveva visitato pochissimo.

#1940 (Elegia Estone)

1.
Appena usciti dalla cartolina, in basso a destra, c'è un'altra Tallin, che profuma di aneto, finocchietto selvatico e carvi, dove i cetriolini non sono stati ancora curati e vecchie babushke vendono calzini, sciarpe e cappelli fatti a mano lungo i marciapiedi fuori dall'austero e malandato edificio del mercato sovietico. È un'Estonia russofona, messa in disparte, coi vestiti a fiori e i capelli fushsia, che scrive in cirillico preghiere ortodosse e mette in mostra finferli, frutti di bosco, mele dell'orto e angurie aperte in due.

2.
A nord della cartolina, passato il vecchio valico delle Nazioni Unite, si accede a quelal che fu la Zona, russa anch'essa, dove la tetra area di prigionia usata prima dai nazisti e poi dai sovietici è separata dal Baltico da una cortina di fil di ferro. La famiglie vengono a fare il bagno qui, nell'ultima risorsa che è anche l'ultimo resort, le banchine crollate, i capelli di ferro che vengono fuori dal cemento urlando arrugginiti verso il cielo d'afa.

3.
Abbandonata e decrepita piattaforma di atterraggio di una gloria seppellita, sprofondata, ormai affondata, è il punto sfocato in cui la mania di grandezza dei dirigenti di partito ha partorito un monumento al socialismo di cemento, concreta cultura a contrasto della coetanea soft culture, contraria punto per punto al punto che alle domande sulle ultime vestigia del passato la signorina dell'ufficio turistico risponde contrariata, come a stupirsi che non ci sia nulla di meglio da vedere di quei residuati cui la moderna Estonia non concede nemmeno la pietà dell'abbattimento e riserva invece l'incuria del tempo che passa inesorabile per tutti.

4.
Molto in alto a destra della cartolina si replica col memoriale ai caduti del 1918, quelli dalla parte sbagliata della guerra, ora lasciato a disgregarsi come vendetta perfetta di un popolo che preferisce l'oblio degli anni alle spese di smantellamento. Il popolo che ha barattato la gentilezza e l'ospitalità col sospetto e la freddezza di una nazione due volte tradita, se non tre.

5.
È il cuore della cartolina, la parte più dolce, meno russa, più orgogliosamente folk, vestita in abiti tradizionali, stampata a mano con torchi di legno, come è giusto che una cartolina sia. Dicono che l'acqua sia potabile, anche se ha lo stesso strano sapore del resto della città, ma ci si fa un pane buonissimo, da mangiare fritto nel burro e salato per accompagnare carne d'alce, omelette di funghi, paté di coniglio, torte di formaggio blu, e birre scure del colore di un paese vecchio, che nessuna cartolina può più evocare.

6.
Al mattino i dolci sono relegati a un'ora ancora da venire, inoltrata, solo per turisti, mentre nelle stazioni degli autobus c'è spazio solo per caffè, uova, pancetta, panna acida e salsa di mirtilli, unoca concessione agli zuccheri. (O è forse passata di barbabietola?).

20181113

#1939

Accortisi di essere sotto osservazione, il toro e il gallo reagirono nell'unico modo in cui mai si vorrebbe che gli animali reagissero: ci fissarono per un attimo infastiditi, e poi ci caricarono.

#1938

Solo quando iniziammo casualmente a scattare col flash ci rendemmo conto che quegli strani ammassi che spuntavano dal suolo erano resti di persone sepolte alla meno peggio. Circondati dagli oggetti che avevano usato fino a un attimo prima di venire falciate, avevano ancora addosso le divise dentro cui erano morte, le carcasse a metà strada tra la tomba e il cielo. Stavamo camminando in un immenso cimitero.