20161213

#1494

Uno dei russi che aiutava mio padre per l'estate entrò in corridoio con la mia bici e mi chiese le chiavi del lucchetto, "per andare in centro," disse. Era grande e muscoloso, mi pare si chiamasse Yuri.
Lo guardai come a dire che lui con quella bicicletta non andava da nessuna parte.
"È la mia bici," si giustificò lui.
"È la mia bici," precisai io.
E dato che il suo sguardo di piombo non desisteva dal proposito, fui costretto a mettere in chiaro alcune cose.
"Dov'era quella bici quando sei arrivato qui in paese? Era già qui. E quando sei arrivato tu? Due anni fa. E io? Io in questa casa ci sono cresciuto. E quando sono tornato dal mio viaggio? Ieri. E il fatto che negli ultimi due anni tu abbia usato la mia bici la rende forse tua? No."
Lo ringraziai per avermela tenuta come nuova e gli feci capire che la sua eventuale insistenza non sarebbe stata ben vista da mio padre, se gliene avessi parlato.
A questa velata minaccia parve rabbonirsi, ma nelle rughe della sua fronte leggevo una contrarietà tutt'altro che sopita e che, lo sapevo, avrebbe continuato a minacciarmi nei giorni successivi.
Qualcosa andava fatto...

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