20170228

#1611 (Le ultime mosche #128)


LA MELAMIA

Probabilmente sono stato morso da una di quelle mosche del sonno. Ma non perdo tempo, nel mio letto: medito come un Monty Python sul senso della vita.

20170227

#1610

Negli ultimi anni i suoi gusti sono cambiati in modo sottile ma sostanziale. Il risultato è che ora ai calzini a righe preferisce quelli a pois.

#1609 (Le ultime mosche #127)


BEBOLMENTE DA SUD

La prego, dottore, non mi tratti da stupido, la smetta di descrivere i processi chimici del mio corpo cercando puerili metafore da adolescenti, eviti di indorare la pillola riguardo a quel che dovrà farmi, e soprattutto la finisca di ripetere in continuazione il mio nome di battesimo nell'improbabile e imbarazzante tentativo di farmi credere che per lei io rappresenti una persona e non soltanto una serie di numeri e sintomi su quella cartella clinica.

#1608

Non l'ennesimo matrimonio, ho pensato quando me l'hanno detto, vi prego!
Ma con le scarpe nuove nel fango del cantiere tutto sommato alla fine mi diverto, sono comunque tra amici, ci mettimo d'accordo sul regalo, si tratta pur sempre del fratello di Luca, l'abbiamo visto crescere, e anche se mai avremmo creduto che sarebbe caduto anche lui nella trappola delle convenzioni sociali di alto livello ora siamo qui per lui, e c'è il sole, e fischia il vento, e sentiamo il mare dietro ai palazzi in costruzione.

20170225

#1607 (Le ultime mosche #126)


VANITY FACTORY

Mi chiamavano "Susanna dei girasoli",  per sfottermi della mia abitudine di vivere nella semioscurità e riservare le uniche macchie di luce della casa ai miei fiori. Smisero tutti di ridere quando Monet mi scelse come modella per quello che nei decenni a venire sarebbe stato considerato il suo ritratto più bello.

#1606

Sono armi giocattolo, ma vanno comunque ricaricate come quelle vere, e mia sorella ha già fallito un paio di colpi tutto sommato facili. La sento muoversi dietro ai mobili della sala, cercando di non far rumore mentre cerca un punto migliore da cui sparare, ma mi sposto anch'io, provando a sorprenderla. Le faccio sprecare le ultime cartucce, e intanto striscio verso la fine della cassettiera dietro cui mi sono barricato. Ora la vedo bene, sta ricaricando, aspetto, attiro la sta attenzione, mi vede, nel suo sguardo la sconfitta. La colpisco in pieno petto e lei cade sul pavimento con fare teatrale.

20170224

#1605 (Le ultime mosche #125)


IL CRONOMETRO DI OZU

L'uomo camminava nel vento, per la strada, coinvolto in numerose volute di foglie secche e buste bianche. Rigirava tra le mani una cartolina con il campo di papaveri di Claude Monet.

#1604

E vuol farmi credere, signor fisico che ha parlato per tutto questo tempo di Fritjof Capra coi uoi colleghi, che davvero non capisce come fa questo treno ad andare in due direzioni? Nessuna legge scientifica è stata infranta, nonostante il suo stupore, e non serve sapere di fisica per capirlo.

20170223

#1603 (Le ultime mosche #124)


TOKYO ROCK.A.BILLY CLUB

L'uomo dei chiodi eseguiva il suo lavoro con una diligenza che avrebbe potuto essere scambiata per passione, ogni giorno, pachinko dopo pachinko. In verità la passione non era contemplata nel suo canone di comportamento zen. A tradirlo era la sua smisurata quanto celata voglia di possedere tutto quel mucchio di palline di ferro perfette, ma solo per soddisfare la sua insana smania estetica.

#1602

Qui c'è ben più di una coincidenza: l'ultima puntata di The OA e "In the Arm of an Angel" ascoltata su Spotify, il che ci porta per traslazione a Der Himmel über Berlin, dunque, e a quel punto salta fuori Victoria Chaplin in equilibrio sul filo e Jean Baptiste che la guarda dal basso, cioé Le Cirque Invisible, e "The invisible self" è il titolo dell'ultima puntata della serie TV da cui tutto è iniziato. Fine e inizio, alpha e omega, OA: il cerchio — o il circo? — per stasera si chiude qui.

20170222

#1601 (Le ultime mosche #123)


THE REAL ME

Probabilmente quella era la prima volta che in quello stereo era stato messo un disco di Schubert e che quelle casse non diffondevano comunicati interni sullo stato dei pazienti e sugli orari da rispettare. Non importava che il merito fosse mio, ma solo che finalmente quei poveracci potessero sentire un po' di musica, anche se chiusi tra quattro pareti perfettamente bianche.

#1600

Venne così il momento di rinnovare la sala grande. Tra tutte le cose che vi si erano accumulate negli anni, quella sul cui destino eravamo meno certi era la statua della Vecchia, che per tutto quel tempo avevamo sempre tenuto voltata verso il muro. Era perché la Vecchia ci aveva sempre inquietato, da viva e da morta.
Quando la girammo sembrò tirare un sospiro di sollievo.
"Non ho mai voluto causare problemi," disse, quasi per scusarsi della sua presenza, così vecchia, in casa nostra, "e quindi me ne sono sempre stata qui zitta e buona. Però non è stato bello, questo no. Non dovreste stupirvi se sono così offesa."
E infatti non lo eravamo.

20170221

#1599 (Le ultime mosche #122)


I'M PINTA AGAIN

Ti sono tanto vicono che potrei toccarti ma, visto che quando t'innamorerai non sarà di me, torno a casa solo, e solo vado a dormire. Così, da amico, vorrei aiutarti a scegliere la persona giusta, ma di quelli che conosciamo non me ne piace nemmeno uno.

#1598

La giovane zia acquisita gli era sempre piaciuta un sacco, i capelli biondi e lunghi sempre tagliati di fresco, le gambe svelte e ben disegnate sotto ai vestitini a fiori, i movimenti sicuri e aggraziati perfino mentre preparava l'impasto e la crema per i dolci di carnevale. Ma sarebbero dovuti passare molti anni prima che gli capitasse l'occasione di farla sua (con il parentado nella stanza accanto, per altro): ora era una cosiddetta splendida cinquantenne, il volto segnato da qualche ruga, certo, ma gli occhi ancora molto vivi, gli zigomi arrossati, i capelli corti ormai biondo cenere che mentre la stringeva da dietro gli impedivano di vedere completamente il porto e il mare dalla finestra.

20170220

#1597 (Le ultime mosche #121)


CALIMMA

Quanto doveva durare quell'abbraccio perché dall'affetto non sconfinassimo in qualcosa di più spinto e profondo? Ci stringemmo come se non ci vedessimo da anni. Sapevo che teneva a me come a un fratello e questo, per un uomo, dovrebbe significare più di quel che sembra. Allora perché avevamo tanta paura che quell'abbraccio durasse ancora?

20170219

#1596

I bisbigli arrivano dal corridoio. I quattro fratelli, tutti sopra i cinquanta, stanno piangendo, e la cosa mi colpisce non poco.
"C'è qualcosa che non va?" chiedo.
"No," risponde mia madre, la più grande. "Piangiamo di gioia perché siamo fortunati."
Nel giro di mezz'ora tutta la mia famiglia allargata dal lato materno è riunita a casa, anche se non c'è nessuna ricorrenza, nulla da festeggiare. Ma sono tutti allegri (due cugini sono appena diventati papà) e si siedono a terra, in cerchio, salutandosi con sorrisi e pacche sulle spalle.

#1595 (Le ultime mosche #120)


LE PROPRIETÀ TRANSITIVE DEI PISELLI

La lista degli invitati parlava chiaro, ed era la più bella poesia d'amore mai scritta: "Tu sei il mio +1"

#1592/1593/1594 (Trilogia d'amore, a J.J e W.C.W.)


A furia di mangiare riso
un giorno non molto lontano
quando saremo un po' più vecchi di ora
come palle di riso forse esploderemo.

Nel frattempo il mio cuore batte
più forte ogni volta che ti vedo
e il mio fegato continua
a funzionare molto bene.

Il mio fegato funziona bene
e la mia pelle è pulita
c'è chi pagherebbe per averla
ma per averla tu non devi pagare.

Voglio che sia chiaro
questa è una poesia d'amore.




Ce ne andiamo in giro,
coppia bellissima,
per infilarci in un bar
a bere una birra,
e poi di corsa al cinema.

Siamo l'invidia del mondo intero.




Non c'è alcuna vergogna
a fare il ballerino per te,
anche se non so ballare.
Soprattutto se non so ballare.
E rischiare di cadere e morire
in un banale incidente domestico
è un prezzo non troppo alto.
La maggior parte degli incidenti
sono incidenti domestici,
e molto più banali di questo.
E anche se mi preferisci vivo
io preferisco farti ridere.
Il mio regno per un sorriso,
l'intera vita per un tuo sorriso.

#1591 (Le ultime mosche #119)


LE FOGLIE D'AUTUNNO

Non ci crederete, ma sulla macchina da scrivere aveva installato un tachimetro per contare i chilometri di carta scritta e la velocità di battitura, e una serie di spie per controllare del carburante restante, il livello dell'olio, quello del liquido di raffreddamento, temperatura, luci, eventuali pericoli.

#1590

Quando mi sveglio il telefono non si collega a internet, quindi per capire che tempo farà, e quanto l'umidità relativa influirà sullo stato di conservazione della mia chitarra acustica, e se posso quindi uscire per portarla a riparare o mi conviene tenerla a casa, devo alzarmi per forza. E anche l'acqua non va! Dato il freddo previsto devo però umidificare la casa, ma i contenitori attaccati ai termosifoni sono vuoti!! E tutta l'acqua delle bottiglie è quasi finita!!! Allora sacrifico tutta l'acqua al dio dell'umidità, e dopo aver riempito gli umidificatori bevo latte di riso e spremuta d'arancia. Questa giornata è cominciata molto male, e solo la discendenza mediterranea mi fa ricordare che oggi è venerdi 13.

20170218

#1589 (Le ultime mosche #118)


PRIMISSIMA

Non sopporto le sue esasperazioni culturali, le sedicenze artistiche, le paranoie anoressiche, l'ipocondria astronomica, l'idiosincrasia idiota; è un'autrice di stile contenuto, di contenuti stilemi, e di stillicidi contenutistici.

#1588

Se sono d'accordo col Nobel a Dylan? Certo che lo sono. Il premio va anche ai poeti, no? E le sue cosa sono se non poesie? In più c'è pure la musica! Dire che non merita il Nobel perché la sua non è letteratura vuol dire ammettere che la sua è ben più che letteratura, e i suoi detrattori sono solo scrittori che al Nobel non potranno mai ambire, mentre i complimenti arrivano ovviamente da quelli che riconoscono alle parole il potere imperituro che esercitano sull'uomo. Finché non ci sarà un Nobel per la Canzone d'Autore, quello a Dylan è uno dei Nobel per la Letteratura più meritati.

20170217

#1587 (Le ultime mosche #117)


L'OMBRA LA LUCE

Dalla pozza di petrolio e acido foriuscivano ora solo le sue ossa d'argento, pelvi, tibie e femori che splendevano al sole arabo e che un giorno erano stati ricoperti di carne e pelle dolcissime.

#1586

Un taglio asimmetrico! Come avevo fatto a non pensarci prima? Kasumi era stata la prima a notare che l'attaccatura dei miei capelli sulla sommità della testa cambia da destra a sinistra, o almeno la prima a farlo notare a me, e a spiegarmi che per far sì che l'acconciatura risulti sempre in ordine c'è bisogno di tagliarli in modo differente a seconda della zona: una compensazione per l'occhio desideroso di armonia.
Ikebana, bonsai, origami... tutto molto, molto giapponese, a ben vedere.

20170216

#1585 (Le ultime mosche #116)


SADISMURY

E quando non ebbi più nulla da fare mi accorsi che forse sarebbe stato bello lavorare in una libreria, per esempio.
"Ha già esperienza?"
"No, ma leggo molto, adoro le librerie e mi piace consigliare alla gente il libro adatto."
O anche entrare in quel locale non come cliente, per una volta, e invece di accomodarmi al bancone chiedere alla mia cameriera preferita "C'è bisogno di aiuto, qui?"
Chissà che faccia avrebbero fatto tutti quei nullafacenti dei miei compari, che si spacciavano per artisti solo per non sporcarsi le mani col lavoro vero.

#1584

Accadeva quel che era già successo per le automobili, che qualche anno prima avevano cominciato ad essere tutte grigio metallizzato: ora le suonerie di tutti i telefonini erano uguali, la cosa più simile al trillo elettrico di un vecchio apparecchio a tasti, resa possibile dalla tecnologia contemporanea. Stanchi degli esperimenti polifonici (per non dire delle vere e proprie canzoni, con testi, voci e arrangiamenti radiofonici), erano tutti tornati alle vecchie, care monofoniche prive di melodia, l'idea platonica di un telefono che squilla. E ogni volta che qualcuno riceveva una chiamata, tutti mettevano mano alle tasche.

20170215

#1583 (Le ultimem mosche #115)


I CONTERRANEI

Ho avuto una madre fino a cinque anni, poi non l'ho avuta più. Ho avuto fratelli, amici, amore, perfino una casa o un cane, tutte le cose che si regalano a una bambina di cinque anni. Ma poi non ho svuto mai più cinque anni.

#1582

Con buona pace di Padre, Figlio, Spirito Santo e Terence Hill, per lungo tempo Carrie-Ann Moss è stato il mio unico modo di adorare una trinità in carne e ossa, e femmina per giunta.

20170214

#1581 (Le ultime mosche #114)


KLEBESTIFT

Uscì con uno scopo ben preciso. Poi tornò indietro, e uscì di nuovo con un secondo fine.

#1580

Apparve e mi venne incontro come la prima neve: fredda e silenziosa, sì, ma anche incerta e quieta e candida e improvvisa, anche se prevedibile; insomma benvenuta.

20170213

#1579 (Le ultime mosche #113)


MU

Ci sono persone più o meno intelligenti. Entrambe le categorie possono lavorare per il bene o per il male con ottimi risultati e profitti, ma alle più intelligenti è data una possibilità in più degli altri: difendere le meno intelligenti. È per questo che Robert Norman si era innamorato di lei, ed era questo che i suoi amici non avevano ancora capito.

20170212

#1578

Cercavo Shahrazād e invece trovai my safety girl.

#1577 (Le ultime mosche #112)


MIO PADRE AMERICANO

C'è stato un momento di pazzia totale, in cui le tre Parche, che potevano annoverarsi a buon diritto tra le mie migliori amiche, spulciavano arachidi e pistacchi (o bruciaculo, come amava definirli qualcuno) senza guardare in faccia a nessuno, tralasciando perfino gli affari per cui erano pagate.

#1576

La melodia era comune per tutti, ma ognuno poteva metterci le proprie parole e cantarle assieme agli altri nella confusione che ne risultava. Io ero addetto a ricontare fino a quattro ogni volta che, dopo il ritornello in settima maggiore, iniziava una nuova strofa, ma mi divertivo a inserire pause o anticipazioni, e a modificare la velocità ad ogni giro, in modo da accelerare il ritmo della canzone verso un finale che, come le cose migliori, giunse inatteso.

20170211

#1575 (Le ultime mosche #111)


COLTI DALLE FECI AMERICANE

Eravamo in tre, tutti d'accordo: odiavamo la gente in quella stanza e così, anche se eravamo in considereveole inferiorità numerica, decidemmo di sbarrare le porte, chuderli dentro e picchiarli selvaggiamente.

#1574

Il piano terra dell'albergo, che era stato costruito all'interno di una moschea in disuso, era completamente militarizzato, tanto che nemmeno il trucco del tram dirottato bastò a svuotarne la hall. Eppure un solo soldato, che eliminai facilmente, mi seguì mentre cercavo di defilarmi verso il retro. Qui sorgeva una specie di pronao al contrario, probabilmente anteriore alla costruzione della stessa moschea, con un cancello e delle colonne, che aveva l'aria di un sito archeologico perfettamente tenuto. Impossibile accedere da lì. Ma mentre alcuni compagni mi avevano raggiunto solo per poi desistere, trovai un accesso arrampicandomi su degli altissimi scalini laterali scavati dal tempo e dall'incuria. Fu lì che fui colto dall'ombra: un essere che venne fuori dal buio della parete strisciando come un animale, lento e minaccioso, con più arti del normale, oscuro e maligno e ghignante. Ma ero ormai alla porta sul retro: ciò che nascondeva, ciò che era stato celato a tutti per tanti anni, era lì nella vasca, una donna che avrebbe potuto essere un uomo, molto bella, a suo modo, che continuava a lavarsi come se la cosa non la riguardasse. Ma se da un lato avevo trovato la cosa per cui tante vite erano state sacrifiate e tanto denaro bruciato e tante forze dispiegate, dall'altra, anche se non lo sapevo ancora, l'ombra era entrata dentro di me. Era questo il prezzo per la salvezza del mondo.

20170210

#1573 (Le ultime mosche #110)


IL SOSTITUTORE

Dormivo tantissimo, per settimane intere, o anche mesi. Una volta dormii per quasi due anni filati, come punto da un insetto tropicale. E ogni volta che mi svegliavo ero più stanco di prima, piombo nelle vene e in ogni orifizio, con la netta sensazione che il sonno fosse un'attività affatto riposante.

#1572

Il sistema telegrafico messo a punto da Roosvelt permetteva di intercettare sempre e solo quella barca turistica, di capire quando era posizionata in quel punto molto pericoloso della baia, e di sapere se a bordo c'erano gentildonne – magari in cerca di marito. Precipitandosi sul posto con la sua lancia privata e super attrezzata, si era già in questo modo procurato due mogli.

20170209

#1571 (Le ultime mosche #109)


VISIONI

Portai spumante e cioccolatini alla ciliegia. Così cercai di rendere meno difficile il momento in cui avrei dovuto divorziare dall'altro me, quello con la vita in parcheggio abusivo.

20170208

#1570

"C'è un solo modo per liberarsi di una dipendenza," dissi al mio caro amico deluso d'amore. "Passare a una droga più pesante."

#1569 (Le ultime mosche #108)


TRACT 8271

Qualcosa s'è rotto, stanotte, non so cosa. Forse il filo della donna innamorata, forse l'occhio della ragazza osservata, o forse solo il cuore della bambina che ha ballato e cantato fino alle tre, portando un cappello, stringendo un coltello.

#1568

E così non ero l'unico a cui era stata inculcata fin da bambino l'idea che il succo d'arancia va bevuto entro pochi minuti dalla spremitura, altrimenti perde ogni proprietà benefica. Scolari terrorizzati dalle proprie mamme iperprotettive, cresciuti in un epoca di paranoia sottopelle.

20170207

#1567 (Le ultime mosche #107)


AIR AND ASH

Quand'ero piccolo la mia cultura fatta di cartoni animati e Zecchino d'Oro era tutto quel che avevo. Non potevo certo affidarmi ai giornali di confidenze femmnili e ai comunicati del sindacato che trovavo ammonticchiati nel bagno di mia madre. A quest'ora sarei un comunista femminista, e probabilmente già morto.

#1566

Penso a Rüdiger Vogler nel ruolo di Bruno "King of the Road" Winter per Wim Wenders in
Im Lauf der Zeit (1976) ma niente, non aiuta.
Penso a Sasha Grey, ma è ancora peggio, o a come deve sentirsi un attore porno dopo una scena anal, magari dopo la sua prima scena del genere, l'ano di un quarantenne non ha più l'elasticità di quello di un ventenne.
Mi concentro con profondità quasi zen sull'atto da compiere, in compimento, ancora incompiuto, da non interrompere malgrado il dolore, da lasciare andare lentamente ma tutto insieme, in un flusso continuo.
Respiro come una partoriente, sopravvivo a stento, e alla fine mi sento letteralmente svuotato: la cacata che tutte le feste si è portata via.

20170206

#1565 (Le ultime mosche #106)


LA TEMPESTA SUL CUSCINO

Me ne andavo, gente, capite? Finalmente me ne andavo. Ero malconcio ma mi tenevo in piedi e me ne stavo andando. Tutti gli altri, donne, uomini, vecchi, bambini, si affacciavano dalle loro cuccette tendendomi la mano e fissandomi con gli occhi di sangue, cercando di toccarmi perché, capite, io ce l'avevo fatta, finalmente me ne andavo, mentre loro dovevano ancora aspettare su quella nave. Mi toccavano perché io rappresentavo la certezza che da lì si poteva andar via. Erano tristissimi ma contenti, e piangevano di gioia per me e per quel che significavo. Una ragazza magrissima e piena di lividi, col volto pallido e le occhiaie, camicia militare e mutandine sporche, volle baciarmi sulla bocca, come se avessi potuto benedirla.
Quarant'anni dopo una maestra chiede a una scolara di parlarle di quella famosa tragedia e descriverle la nave, e lei vorrebbe dirle delle centinaia di anime a bordo ma la maestra non è d'accordo, vuole solo sapere le misure, la stazza, la portata, la capacità di fuoco e cosa ha rappresentato quella nave per la nostra patria durante il conflitto. Solo la bambina ha capito, e solo la direttrice di quella scuola sa cosa quella nave abbia davvero rappresentato. L'alunna ottiene un tre, malgrado gli sforzi di spiegarsi, ma anche un encomio dalla direttrice.
Dopo quarant'anni la ragazza si ricordava ancora di me, e io di lei, ed entrambi pensavamo che l'altro ci abbia silenziosamente benedetto per il resto della vita.

#1564

Cominciammo con l'uccidere tutte quelle maledette cimici che si annidavano tra le travi e le assi del tetto, e finimmo per ammazzare quella povera donna, che non aveva altra colpa se non quella di trovarsi nell'incubo sbagliato.

20170202

#1563 (Le ultime mosche #105)


ENGAGEMENTS (BUREAU DES)

E dalle pantofole sfondate ad ogni passo sbuffi di polvere e lanuggine, come neve, foglie, coriandoli, petali di rose.

#1562 (Smog Bowl Ballad)

Il vento trasporta le foglie
strappate dagli alberi rinsecchiti
Il sole splende alto e spietato
anche se è giunto finalmente il freddo

Un uomo sosta cencioso nella luce
appoggiato al muro giù in strada
E non piove da più di un mese ormai
non piove da non ricordo più quanto

20170201

#1561 (Le ultime mosche #104)


DEFINITELY WRONG

L'uomo entrò in camera sfondando la porta e, come previsto, la moglie si stava rivestendo mentre un uomo steso sul letto fumava la sua ultima sigaretta.
Il marito li guardò e immaginò le solite scuse di lei, il solito imbarazzo dell'altro, e il solito modo in cui lui l'avrebbe fatta passare liscia a entrambi anche stavolta.
Ma "non è come penso," si disse invece, asciugandosi il sudore dalla fronte e staccando il bottone alla fondina della sua pistola d'ordinanza.

#1560

Nonostante una certa ripetitività – per altro congenita a quella declinazione di folk bianco, affabulatorio e moraleggiante – era indubbiamente un musicista di spessore; e lo preferisco così, chitarra economica e voce acuta e penetrante come quella di un angelo portalettere (una voce che avrebbe ispirato altri a cantare, anche se non ne avevano le capacità, anche se la loro voce non gliene avrebbe dato facoltà).
Ma come romanziere non riesco a digerirlo: anche ammesso che uno abbia molto da dire (e questo è sicuramente il caso) la logorrea non è un valore in sé, e quando ricorda la sua vita da bambino non è uno scrittore a raccontare, ma il bambino che si risveglia in ogni vecchio che ricorda.