Una volta spacchettato, il materasso risulta indubbiamente già usato, addirittura sporco.
Alle proteste della scandalizzata neo-proprietaria, la commessa alza un sopracciglio e raggiunge al telefono il principale, spiegandogli che ha bisogno di lui per chiarire "come stanno le cose" a una cliente "insoddisfatta."
Lui è viscido, sovrappeso e molto sicuro di sé. Non solo nega l'evidenza, non solo fa sentire la cliente una nullità impotente, ma su quello stesso materasso la scopa e la sodomizza – sotto lo sguardo sostenuto della sua collega.
E la cosa peggiore è che ora la suddetta cliente non è più così insoddisfatta, che pensa di essersi fatta uno dei migliori tiri – come li chiama lei – della sua vita... Certamente migliore di quelli – pochi e rapidi – che si aspetta di fare col marito sul quello stesso materasso.
20151223
#900
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20151222
#899 (Le nuove mosche #186)
IL PENE, ULTIMA VERITÀ
In definitiva non fu una sorpresa, per Tom Mix, pescatore di frodo lento e farraginoso ma a suo modo geniale, scoprire che Dio era una trota enorme e argentata: avrebbe figurato come portata principale nella grande cena che aveva organizzato quella sera per i suoi colleghi.
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#898 (Elegia partigiana)
Usciamo di casa un po' prima dell'alba per prendere il treno che ci porterà a Genova, e di lì un bus per i monti. Anche se è sabato e vorremmo dormire ancora, siamo i primi a svegliarci nel condominio, forse in tutto l'isolato. Ma è un piccolo sacrificio se paragonato a quello delle persone che vengono ricordate oggi.
Per un po' fantastichiamo che la Resistenza sia stata qualcosa del genere, alzarsi ogni mattina prima dell'alba per andare a timbrare un cartellino; che anzi sia stata sì dura come, che so, lavorare in fabbrica, ma che l'adrenalina e l'orgoglio di servire una causa così alta – il contrario, in pratica, di produrre oggetti per il guadagno di un padrone – abbia facilitato ai partigiani il difficile compito di scendere dal letto così presto, e gliel'abbia reso meno ingrato che a noi, impiegati di concetto e videoterminalisti benestanti che fanno ogni giorno la spola tra casa e ufficio.
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20151221
#896/897 (Le ultime mosche #184/185)
SUPERFRAGILISSIMO
Cari Etienne e Jean-Luc Picard,
non sarebbe giusto continuare così, né per me né per voi; e anche se questa è una frase stronza per mettere fine alla faccenda, è quello che penso. Chiamatemi pure stronza. È stato bellissimo, direi, non solo per me. Siete fantastici. Spero che continuerete a divertirvi un sacco assieme a rompere le scatole al prossimo,
Camille
SUPERAMIDOSO
In quel periodo facevo sogni da cui qualcuno avrebbe potuto trarre un bel soggetto cinematografico. Una volta ero una spia a caccia di streghe, un'altra un cavaliere Jedi che salva il governo intergalattico. Roba da Hollywood, dico io. Peccato che Fellini abiti solo nel mio letto.
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#895
Mediocre in tutto, non era riuscito a lasciarsi andare alle nuove tecnologie, né a diventare un collezionista delle vecchie. Tra i vinili e gli mp3 continuava farraginosamente ad accumulare CD...
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20151220
#893/894 (Le nuove mosche #182/183)
PIANOFORTE A TANGENTE
E, appena poteva, fuggiva da tutto quel freddo. Famiglia, casa, lavoro e amici erano come una gabbia, e la sua auto la chiave, e il suo uomo lo stuoino sul quale pulirsi i piedi prima di rientrare.
FORTEPIANO
La lettera è ancora sul tavolo, aperta, le parole "TI AMO", niente mittente, niente di più.
Come può ancora oggi, dopo tanta immondizia, come può ancora sconvolgermi un fatto del genere? Il mio sogno di adolescente riesce ancora a farmi male.
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20151219
#892
Ne avevano restaurato la casa, ricostruendo gli ambienti dopo un lungo lavoro di attenta ricerca, e avevano poi inserito in ogni stanza un robot che ne replicava le molteplici attività, come per esempio quella in cui vestito da quacchero batteva la lama di una mannaia su un grosso tavolo di legno.
Ma il pezzo forte era sicuramente il complesso automa che ne reinterpretava la declinazione di spadaccino: infilato a lato di una sorta di grande letto – all'altro lato del quale poteva mettersi il visitatore di turno – era capace non solo di tirare di scherma reagendo ai colpi dell'avversario e prendendo pericolosamente l'iniziativa, ma anche di parlare (la voce dell'adolescente mitomane che era stato) rispondendo alle domande del pubblico con tono ogni volta adeguato alla conversazione, e muovendo occhi e labbra in modo che difficilmente si sarebbe potuto dubitare che fosse di nuovo tra noi.
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20151218
#891 (Le nuove mosche #181)
HOMLET, PRINCIPE TRISTE
La mia regola è: scrivo quel che voglio, dico quel che voglio e mi vesto come voglio.
Considerate, essendo poeta, questa camicia a fiori come una licenza: me l'ha portata lo zio d'America, che l'aveva indossata in guerra nel '69. Sulla targhetta si legge ancora Made in Viet-Nam.
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#890
A rigor di logica l'inferno dev'essere un posto pieno zeppo di gente, la punizione eterna essendo il fatto di doverlo condividere con tutte quelle altre maledette anime. O, viceversa, è un posto dove nessuno vede mai nessuno, non perché sia vuoto quanto perché sostanza ultima del castigo è che non ci si incontri mai.
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20151217
#889 (Le nuove mosche #180)
VIET-MAN
Era per le donne molto belle, ma per il resto compatte, poco dispendiose, tascabili.
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#888
Dopo averci tenuto per giorni o settimane segregati nei grandi capannoni, maschi e femmine separatamente, in modo che non potessimo mai superare la linea immaginaria che separava il nostro dal loro mondo, avevano ora cominciato a lsciarci un minimo di libertà. Attraversando le altre aree del campo potevamo adesso entrare in contatto con prigionieri di altre razze e provenienze. Tra tutti mi colpirono le suore che si producevano nella miracolosa combustione spontanea degli arti, preferendola allo stillicidio della cattività.
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#887 (Le nuove mosche #179)
L'UFFICIALE DELLE GAZZELLE
Considerai la bellezza del corpo, le gocce di doccia, e quel tanfo caldo e umido quasi irrespirabile che si deve provare un attimo prima di morire. Quanta gioia si spreca, come lacrime nella pioggia.
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20151216
#886
E avrei lasciato che mio padre morisse convinto che non ero capace di farlo. Più che renderlo orgoglioso di me preferivo che credesse fino alla fine che avevo bisogno di lui.
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20151215
#885 (Le nuove mosche #178)
CAFFÈ CORRETTIVO
Decidemmo di farla uscire prima, era troppo bella per rischiare che si facesse male.
Poi entrammo, ci chiudemmo la porta alle spalle, cacciammo pistole e fucili a pompa e ci avvicinammo con calma allo sportello versamenti.
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#884
Non era per me che avevo comprato quella chitarra, ero un pessimo musicista e il solo fatto di potermela permettere non giustificava un acquisto del genere. Ma in quella città abbandonata e in quel periodo disperato conoscevo un mucchio di bravi compositori, ragazzi diplomati ma poveri in canna che non si sarebbero mai potuti permettere quell'abete invecchiato cent'anni, quel palissandro brasiliano ormai estinto, e sapevo che avrebbero fatto carte false per poterla suonare. Quindi li invitavo a casa e lasciavo che la prendessero e la stringessero, era per loro che la possedevo, perché potessero tirarne fuori la musica che avevano dentro, così che sia loro che lei sarebbero stati finalmente felici.
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20151214
#883 (Le nuove mosche #177)
SUA EVIDENZA
Questo è l'indirizzo. Scrivi, allora, anche se non sai cosa scrivere, anche se scriverai cose che già so, anche se non saprai cosa scrivere. L'inchiostro è tutto ciò che ci rimane, se non possiamo scambiarci il sangue. Perciò scrivi come se stessi usando il tuo sangue, in modo che nessuna parola sarà sprecata.
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#882
Quando arrica il dolore è già troppo tardi.
Davvero arduo considerarci esseri evoluti.
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20151211
#881 (Le nuove mosche #176)
COCCODRILL MULTIUSO
Lei gli lancià una mollica di pane.
"Acqua," disse lui.
"Invece secondo me è tutto fuoco," fece lei.
Di questo Vic aveva bisogno, di una donna che scommettesse su di lui a occhi chiusi.
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#880
In questo particolare stato di cose la guardia subisce la stessa costrizione del carcerato, è egli stesso prigioniero del suo lavoro, e malgrado guadagni uno stipendio e la sera possa tornare a casa dai suoi e all'aria fresca, è alla mercé del detenuto, per così dire nelle sue mani: stessa solitudine, stesso silenzio, stesso tempo pericolosamente passato con se stessi e i propri pensieri circolari.
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20151210
#879 (Le nuove mosche #175)
HANOI HAI NOI
Avevano rapito e clonato sua sorella. La sua missione era quella di eliminare tutti i falsi e salvarla. Ma come riconoscerla? Tutte gli riservavano sorrisi familiari e chiedevano di essere portate via, ma un attimo dopo gli erano addosso e lo assalicano fameliche. Così lui prese a sparare a tutte, senza distinzione. Non era proprio come Blade Runner: se avesse sbagliato avrebbe eliminato il sangue del suo sangue.
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#878
Il petto squassato dai continui colpi di tosse, la gola piena di muco, il naso occluso come un velo di gomma dentro al cranio che tutto blocca e niente fa uscire. La consapevolezza di una totale impotenza, come di fronte a una tortura che non cerca alcuna informazione, che sia solo una punizione, non si sa per cosa. La conseguente sensazione di una grande ingiustizia. Presso alcuni paesi la privazione di sonno è usata come proprio come tortura: il sospetto che il corpo sia appena uscito dalla Convenzione di Ginevra.
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20151209
#877 (Le nuove mosche #174)
SVEGLIA STONATINA
Il libro si chiama Padre Pio Blues.
È la storia di uno che suona la chitarra slide usando un'immaginetta in metallo di Padre Pio. Da lì tutti i suoi compari prendono il vizio, scatenando una gara di irriverenza a chi trova il santo più potente.
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#876
I tornado stavano arrivando tutti assieme, da direzioni diverse, incrociandosi e rimbalzando l'uno contro l'altro come trottole avversarie, obliqui ma rigidi come pilastri di una chiesa abbandonata eppure tenacemente in piedi. Auto e curiosi stupidamente in mezzo al deserto, fedeli di fronte a un giorno del giudizio in cui non avevano mai creduto veramente, e che ora trovavano assurdo e ingiusto.
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#875 (Le nuove mosche #173)
USA THURMAN
Si salutarono. Era quantomeno singolare che ora lei fosse l'unica a chiamarlo nel modo in cui un tempo solo l'uomo che era venuto pria di lui lo chiamava.
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20151204
#874
Non era un buon fotografo, né un bravo scrittore. Non era sportivo, né sapeva cucinare. Non era stato un buon figlio e non sarebbe stato un buon padre. Era però un buon lettore, e sapeva ascoltare. Ma se una sola cosa di sé avesse dovuto dire, è che era un buon consumatore: oculatamente ma costantemente, era certo di saper consumare, e che questa abilità nessuno gliela poteva togliere.
In questo caso però la cosa che aveva in mente di comprare se la voleva davvero meritare, il che voleva dire studiare, sudare e sbagliare e poi stavolta però ricominciare. Così, oltre che a consumare, forse avrebbe trovato qualche altra cosa che era bravo a fare.
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20151202
#873 (Le nuove mosche #172)
SONO ARRIVATI
Aprì la porta dello studio per portare il tè al padre. Il televisore era sul secondo canale, il lume acceso, la finestra aperta.
Ma il padre non c'era più.
Sul divano, ancora la forma del suo corpo.
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#872
Tornato da un lungo viaggio oltremare, Astor Zuñiga non riconobbe la sua casa, e nemmeno la via dov'era ubicata, tantomeno gli parve di riuscire a determinare l'ora o quale fosse il giorno della settimana.
Nelle città che visitava ci lasciava spesso il cuore, ma stavolta sembrava proprio che ci avesse lasciato anche la testa.
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#870/871 (Le nuove mosche #170/171)
LA STANZETTA
E c'era un fantasma, lo giuro sulle mie palle, un fantasma bianco latte proprio accanto alla mia porta. Non dico puttanate, non è uno dei soliti racconti, è la verità. Un fantasma! Non dico l'angoscia e il sudore... E pronunciava il mio nome come se mi chiamasse, come se mi conoscesse.
LA CHIAVE
Non ero un vagabondo, né un barbone, e certamente non chiedevo l'elemosina. Ma la signora, del tutto Australiana, mi cacciò nella mano un intero dollaro.
Mi affacciai all'angolo della strada per vederla sbuffare via nella sua gonna e nella sicurezza di aver fatto del bene.
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20151201
#869
Quando non intoppa come una porta malandata, o non cigola come una porta dai cardini mal oleati, il mio malessere trema, vibra e singhiozza come una porta chiusa male.
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