La leggenda dice che un Romano può attraversare le colonne della porta solo due volte nella vita.
E qual è il problema? Siamo mica romani noi, le dico.
Così salgo sulla barca di marmo e, una botta qui, una spinta lì, oltrepasso le due colonne di marmo candido ed esco nella città nuova.
E pazienza se la guida turistica vuol convincermi che devo procedere sulla destra nonostante la strada sia in salita perché "più oltre inizia la discesa". E pazienza se p vero che anche questa città è piena di uomini in fedora e donne in boss of the praire che litigano e poi si riappacificano senza che le une sentano le parole degli altri. E pazienza se lei non vuol correre come si corre incontro al futuro nei film della Nouvelle Vague, e non capisca che se non vogliamo perdere il metrò dobbiamo catapultarci giù a destra per le scale a quell'angolo e su di nuovo per quella rampa. E pazienza se abbiamo perso la corsa per un pelo, ma fanculo, fanculo, fanculo!
Pazienza dunque anche per il povero senzatetto che si prende i miei calci di frustrazione, rabbia e risentimento.
20190925
#1988
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20190922
#1987 (a R.C.)
"Your eyes don't shine/
like they used to shine/
And the thrill is gone/
When your lips meet mine/
I'm afraid the masquerade is over/
and so is love/
and so is love"
But, c'mon, he's talking about is mum, right?
I mean, he was just twelve, for Christ sake.
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#1986
Al centro del garage il pubblico, e due grandi tavoli a mo' di palco sui lati corti.
Accanto ai tavoli il sound–system e, sopra, i gruppi di sfidanti, rigorosamente ma non obbligatoriamente abbigliati in stile retrò: farfallino o camicia senza colletto, coppola o bombetta, gilet o bretelle, pantaloni alla zuava o scarpe con le ghette.
Uniche regole: la strumentazione acustica, il ricorso alla melodia, e l'improvvisazione su un tema dato all'ultimo momento. Praticamente il rap ai tempi dello swing.
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20190920
#1985 (a C.K.)
Non tra gli Iperborei —
dove qualcuno immagina tu abbia passato i vent'anni d'avventura
tra la guerra e il ritorno a casa —
non tra loro dovrai approdare,
ché già il mare conoscono e gloria non porteresti alcuna
a colui che col suo volere potente per quei vent'anni
all'isola tua t'impedì di volgere le vele.
E nemmeno tra i Vichinghi
che alla ricerca della sponda opposta
il largo Oceano già solcano da anni.
Non tra i Romani
che non sono più o non ancora da venire,
e che secondo alcuni arrivarono o arriveranno
dal mare e prima ancora dalle terre
che sventurate dal tuo stesso piede
calcate e schiacciate.
E nemmeno tra i Mori
che del Mediterraneo a mezzogiorno abitano,
perché quello stesso mare a loro spese
un giorno numerosi attraverseranno.
È al cuore dell'Europa che devi volgere la prua,
tra le pallide genti cha mai onda o flutto
o distesa d'acqua salata hanno visto o sentito,
e la cui mente può solo sognare,
desiderare, fingere, sperare, fantasticare
e, senza prova, credere.
Qui, in un paese diviso
più di quanto le sue distese non facciano immaginare,
qui, lasciato il legno,
a piedi o a cavallo o a dorso di mulo
devi finalmente giungere per poterti riposare.
E quando ti chiederanno da dove vieni,
o chi ti manda,
lasciali sognare ancora un po'
e portali in giro coi racconti dei tuoi pellegrinaggi.
Solo a sera dì i tuo nome e quello
di colui la cui forza sei venuto ad annunciare.
Se non to crederanno persevera,
se ti derideranno difenditi,
se ti accuseranno combattili,
e se ti colpiranno sorridi e loro mostra il remo
che fin da casa hai portato,
e chiedi che lo conficchino nel tumulo
che ti sarà da tomba
perché del tuo passaggio sia il segno
e la gente si chieda
"Cos'è?"
"Da dove arriva?"
"E a cosa serve?"
"Ma che cosa vuol dire?"
e leggende su di te raccontino negli anni a venire
finché il tuo mito
e di colui che ti ha mandato
non crescano a tal punto che nessuno possa più dubitare
della grandezza del mare.
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#1984 (Wódka Szymborska #18)
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#1983
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#1982
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#1981
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#1980
Questa notte ho dato un passaggio sotto al mio ombrello a una modella; mi precedeva di qualche passo sotto una pioggia quasi invisibile, che sembrava non bagnare ma che invece appesantiva pian piano il cappotto.
Aveva dei pantaloni da pompiere, e una canotta bianca intrisa d'acqua, capelli biondi scompigliati dal tempo e occhi azzurri persi nella notte, come in un sogno.
Il suo ombrellino pieghevole era rotto, e così accettò volentieri il mio aiuto, almeno fino alla fermata del treno dove l'aspettava un'amica, altrettanto bella e altrettanto bagnata.
Dopo averla salutata con un pugno contro pugno molto urbano, ho preso le scale per la superficie, solo per trovarmi suoi binari dove un treno stava per giungere proprio in quel momento, e o rischiato di morire nel più stupido dei modi.
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#1979
La tua bocca è un'arma che lascia disarmati: colpisce, carnosa e suadente, come qualcosa di profondamente umano che viene però da un altro mondo.
Spinge al bacio proibito, al morso doloroso, al desiderio carnale, ma senza perdere un grammo di eleganza durante le peccaminose proiezioni.
Nasconde segreti umidi, la forza del non detto, la provocazione del non verbale.
Un sorriso trattenuto, i denti baluginano veloci, la lingua guizza curiosa.
Un bacio, lungo, passionale, non per forza sulla bocca.
La tua bocca è il tuo colpo vincente, il punto di forza, lo sai, vero? Ma anche quello più debole, terreno infido per le tue battaglie. Continuamente in movimento allude, richiama, seduce, ma allo stesso tempo denota, rivela, confessa: nervosismo, instabilità, ansia. E in questo desiderio di piacere, insicurezza.
Non sta ferma un attimo, non sa qual è il suo posto e la sua posizione muta come l'espressione di una bambina, e allo stesso modo fugge, si schermisce, diventa irraggiungibile e, in ultima analisi, incomprensibile.
Sempre socchiusa, suggerisce anche ulteriori complicazioni: chi s'inumidisce spesso le labbra lo fa perché queste sono secche, chi tiene la bocca aperta lo fa perché respira male dal naso. C'è da supporre che tossirai nella quiete domestica, che russerai durante la notte, che avrai l'alito cattivo per il resto del tempo.
Non è dunque di un futuro assieme che parlano le tue labbra.
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20190910
#1978
Qualcuno pensava che quel suo modo di portare i pantaloni del pigiama, alla zuava, il bordo inferiore arrotolato in quello superiore dei calzini, fosse uno dei tanti vezzi di cui si vestiva, ma c'era una ragione ben precisa: in questo modo faceva sì che il lungo indumento non gli finisse sotto le suole delle ciabatte pericolosamente inficiando, e anzi mortalmente annullando, il loro connaturato potere antiscivolo.
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#1977
Non bisogna aver paura della frittura. Quantomeno non della sua preparazione: se fatta a dovere (cuocere poco alla volta, per breve tempo, in tanto olio di semi molto caldo) è decisamente meno invasiva di quel che si crede generalmente.
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