JAZZERCISE
Moi, le sentiment parisienne
et la vie de la mort
et la vie de la mer
quand n'allons pas plus avant
20160930
#1353 (Le altre mosche #151)
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cornelius
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#1351 (a D.W.)/1352
Leggere i canti del marinaio dei Caraibi che canta la nostalgia per il suo mare al suono di una musica discreta mentre il sonno della magnolia comincia a fare il suo effetto è una pallida traduzione della lingua del sogno che si fa strada nella notte appena giunta.
Sulle ultime note della Ambient Music For Airports 1/1 si spegne nel tramonto la lunga ombra di Dennin Hopper, una croce di legno intagliato nel petto, lo sguardo che ancora cerca la chiesa di Taos tra le montagne sacre del New Mexico, dove non arrivano i serpenti e l'uomo, se vuole, potebbe raggiungere il Tibet.
Sulla stessa chiesa si apre l'alba dell'Ambient Music For Airports 2/1, questa volta nei colori di Georgia O'Keeffe, una quarantina di anni prima, come al risveglio da un sogno in cui voci di qualcosa di molto vicino ad angeli cantava l'eterno mistero della vita e della morte.
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20160929
#1350 (Le altre mosche #150)
DAYDREAM
Did anyone see my cat?
Did anyone see my cat?
Did anyone see my cat?
Oh, I was wearing it as a hat.
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#1349
Lo spoiler è l'ultima foglia spuntata sull'albero della conoscenza.
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20160928
#1348 (Le altre mosche #149)
LISA MARIE
Sir Peter Owen, un tempo semplice ma rinomato parrucchiere della nobiltà, era convinto che ogni singolo capello del Sig. Ichabod Crane fosse collegato ad un nervo, e che da ciò derivasse la stravagante acconciatura che nemmeno lui (sebbene ormai baronetto) era riuscito a domare.
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#1347
Non si sfugge a Beethoven. Per ogni musicista questa è una verità incontrovertibile, non gli si può sfuggire, anche se lui è morto e noi pensiamo di essere vivi. Beethoven è il Terminator della musica occidentale: che voglia elmininarvi o salvarvi, non gli si può sfuggire.
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20160927
#1346 (Le altre mosche #148)
UH-OH!
Baciare la strana donna dalle grandi labbra, questo mi mise in testa la strana donna dai grandi occhi.
"Io è lei che vorrei baciare," mi diceva. "Guardala, com'è potente, Sì, io è lei che bacerei, guardala com'è..."
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#1345
Il vecchio è giustamente preoccupato per te, ma nella stanza in cui ci tiene al riparo da tutto quel che sta succedendo là fuori regna una calma umida e perfetta, e i tuoi capelli sono di nuovo lunghi e siamo sudati e non c'è tempo da pardere. Facciamo l'amore davanti allo specchio, a terra, inginocchiati l'uno dietro all'altra, con dolore e piacere. Potrebbe essere l'ultima volta, quindi 'fanculo il vecchio.
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20160926
#1344 (Le altre mosche #147)
ATE THE APE
Non è affatto vero che qui si sta meglio che là. Darei vent'anni del mio paradiso per vivere un altro solo giorno.
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#1343
Un gesto noncurante ma deciso al di sopra della sveglia allarmata: "Questa non è l'ora a cui voglio alzarmi." La sveglia fissa attonita: "Questo non è l'orario a cui vuole alzarsi," e torna a tacere.
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20160925
#1342 (Le altre mosche #146)
IL LIBRO DEL VINO E DELL'ADDIO
"Per di là," gli indicarono. "Sempre diritto."
La strada che l'avrebbe portato alla felicità o alla morte era così, diritta e lunga, come tutte le strade in America, come i filari del telegrafo, come i binari transcontinentali.
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#1341
Le dita dei piedi molto più lunghe della media del genere umano, Montiel si avviava verso ciò che tutti consideravano ormai il distruttore della città. Per il momento eravamo salvi, ma a Montiel, destinato al sacrificio dai libri profetici, non andò altrettanto bene: lo ritrovammo diversi giorni dopo, le dita innaturalmente lunghe, steso in un fosso provocato dal suo stesso impatto al suolo.
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20160924
#1340 (Le altre mosche #154)
LA POLITICA DEI SUONI SPARSI
Fu Pamela Anderson, la donna dalle scorreggie luminose, a convincermi che il PH della bocca è un castoro su uno scivolo. Forse guardo troppa TV.
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#1339
Gli occhi del cuore vedono meglio di quelli della mente, e quelli della memoria vedono ancora meglio. A patto di non credere a quel che vedono.
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20160923
#1338 (Le altre mosche #153)
OBI-NINE KENOBI
Sono come le bambole di una volta: riesco a tenere gli occhi aperti solo se sto in piedi, ma appena mi stendo faccio la ninna, faccio la nanna.
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#1337
"Ho paura di sparire," disse lei.
Non fu l'ultima cosa che disse, ma la prima di una lunga serie, e nessuno vide mai cosa più luminosa e rinfrancante.
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20160922
#1336 (Le altre mosche #152)
LA QUINTA SINFONOIA
Il vento inquieta le mie finestre. Ma stanotte sono andato a letto con due donne di bellezza incomparabile, Gioia e Serenità, l'una dell'altra sorella.
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20160921
#1335
Non erano in grado di badare ognuno a se stesso e pretendevano di prendersi cura l'uno dell'altra. O forse si prendevano cura l'uno dell'altra per evitare di scoprire di non essere in grado di badare ognuno a se stesso. Più probabilmente speravano che il risultato delle loro reciproch cure non sarebbe stato una banale somma matematica ma qualcosa di più grande e più forte della loro stessa unione.
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#1334 (Le altre mosche #151)
WALK/DON'T WALK
Stava nel suo.
Finché nessuno l'avesse chiamato, avrebbe potuto restare in quella posizione sdraiato su quel letto a leggere quel libro anche per anni. Nulla poteva cambiare la forma della sua mente.
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20160920
#1333
La cosa strana non è tanto che ci sia una tale mucchio di gente convinta che quel che pensa e ha da dire sia interessante per qualcun altro, quanto che ci sia sempre un sacco di altra gente disposta ad ascoltarla.
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#1332 (Le altre mosche #150)
BARBIE E CAPELLI
Ora erano complici in quell'atto d'amore molesto: avevano deciso di far innamorare quante più donne possibile. E sorridevano ogni volta che si guardavano.
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#1330/1331
C'era un tempo in cui svegliarsi tardi era non solo un lusso della giovinezza, ma quasi un vanto. Ora la biologia fa il suo corso, il sonno termina prima, la giornata dura di più. È un lusso anche questo, visto con gli occhi della maturità, che permette il vanto di fare molte cose al giorno. Non sarà sempre così, però: cos'è infatti la vecchiaia se non tanto tempo a disposizione e molto poco da fare? Questa, la terribile prospettiva da riempire ogni mattina.
Non c'è nessun vantaggio a fare la spesa al mattino presto, con solo i nonni in cerca di conversazione a farmi compagnia, se poi c'è solo una cassa aperta e la suddetta compagnia, in coda, diventa prolungata e forzata.
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20160919
#1329 (Le altre mosche #149)
MOBBING BLUES
Lei, che mi aveva colonozzato come una malattia, non era più dentro di me.
Me ne ero libero.
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20160918
#1328
Come si sentiva?
Dopo anni sulle orme del maestro, era diventato senza dubbio il suo allievo migliore, e ora veniva lasciato indietro proprio per la sua bravura: a capo di un'attività sua, certo, ma lì ai confini dell'Impero, mentre il maestro – a cui l'Imperatore stesso aveva riconosciuto questo privilegio – si spostava nella capitale con alcuni discepoli meno dotati.
Era un grande onore, qualcosa di cui andare molto fieri. Come si sentiva, dunque?
Non lo sapeva. Defraudato, forse, preso in giro, ma anche superbo e poco riconoscente.
Solo il maestro sapeva che dopo questo conflitto interiore sarebbe nato il suo unico successore.
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#1327 (Le altre mosche #148)
PERSOLA
Sono lontanissimo, tanto che potrebbe toccarmi, ma sono irraggiungibile. Mi guarda. Mi guarda fisso, ma non riesce più a vedermi. Non ha più gli occhi giusti. Per quanto resti a fissare io sono tanto lontano che potrebbe anche toccarmi ma non mi vedrà mai più.
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20160917
#1326
E se, a differenza di quel che penso, un figlio non limitasse l'espressione della mia individalità ma (semplicemente, inaspettatamente, sorprendentemente?) la intensificasse? Se essere padre fosse solo uno degli stadi evolutivi del mio stato naturale? Una versione migliore? Addirittura il compimento? Se ci fossi tagliato più che per qualsiasi altra cosa che penso di saper fare ora? Se mi desse soddisfazione più di qualsiasi altra cosa fatta finora? Se fosse una forma di realizzazione davvero plausibile? E se fossi impazzito anch'io come tutti gli altri? Troppe domande per una sera sola, e per una sola testa.
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20160916
#1325 (Le altre mosche #147)
NIN
E adesso tieniti le tue tettine fredde, trattienile nella maglietta, la tua faccia cattiva e i tuoi modi osceni, tutte quelle gambe nervose che nascondevi nei pantaloni, la tua pelle rovinata, i tuoi polmoni appassiti, le tue ossa d'argento e quel buco che presto riempirai con un mucchio di altri rigidi ospiti.
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#1324
Fin da piccolo sentivo che in quelle api che venivano a morire nella veranda di casa c'era qualcosa che non andava. Ora lo sguardo mi si riempie ad ogni ape che viene ad assaggiare i miei fiori di limone e di melo. Ben tre, oggi, tutte assieme, assieme a me in una lotta più o meno inconscia per la sopravvivenza di queste piante, di questi insetti, e forse di questa intera umanità.
"Oggi ho mantenuto la pace nel mondo," direbbe Shiro.
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20160915
#1323 (Le altre mosche #146)
Un mare di luci si distendeva nei cieli, coriandoli.
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1322
Da quando avevo comprato quella busta di bonito in scaglie, mettere il naso nella credenza era come sniffare il cruscotto di un'auto nuova di pacca.
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20160914
#1321 (Le altre mosche #145)
I CUGINI DELL'UMANITÀ
Sono solo un piccolo uomo, ma non ho solo una piccola fame.
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#1320
Perdonate se mi sentirete dire cose che vi sembreranno strane, ma per ragioni di cui non sono completamente responsabile pare che al momento io sia ubriaco.
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#1319 (Le altre mosche #144)
PROMPTER (PROMOTER)
Il Papa passa, inghirlandato come un carciofo d'oro, mentre il gorilla si aggiusta la coca nei denti d'argento e la malafemmina truccata titilla il suo piercing di titanio che un musulmano agorafobico le aveva trapanato nel labbro inferiore.
Che ci facciamo qui noi due, a rischiare gli incidenti che avevamo imparato a evitare?
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20160913
#1318
"Dove vai?"
"Verso l'altro lato del letto."
"Da dove vieni?"
"Dal luogo in cui sei tu."
"Cosa porti?"
"La nostra coperta."
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20160912
#1317 (Le altre mosche #143)
RADIO CHAKRA 6
Riconoscerei il tuo petto tra mille.
Cercando il tuo culo che ondeggia, tra mille ti ritroverei.
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#1314/5/6
1.
Staccare dal muro la cassetta di sicurezza di mio padre con un piede di porco non è particolaremente elegante, ma quei soldi mi servono subito, e mentre lui – deluso dal mio stile più che dall'atto in sé – va a prendere la pistola, io sono già sulla spider e abbandono la villa di famiglia. Notte agitata.
La mattina dopo cerco a fatica di restare sveglio sul pullman che, costeggiando il fiume, mi porta verso i quartieri più popolari di Baires. Quando riapro gli occhi, la ragazza seduta accanto a me mi sta tenendo la mano e sorride. Si chiama Nina.
2.
Diversi mesi dopo, non si sa bane al soldo di chi, quella gattona di Ania Avermann e il suo schiavetto Simon Silverman mi hanno trovato. Anche come abbiano fatto non è dato sapere, ma è certo che Nina li ha visti mettere acqua nel serbatorio della sua auto: la descrizione (e del resto il movente) quadrano a pennello. È escluso che ceda alle loro lusinghe.
3.
Qualche giorno dopo sono di nuovo a casa, e il mio ufficio è un disastro totale. A papà non interessano le mie scuse – e questo dovrebbe già mettermi in allarme – e quando mi chiama al telefono perché vuole che lo raggiunga al laboratorio nell'attico, mi rendo conto che c'è un agente federale a un altro capo della cornetta. (Ecco chi c'era dietro, come avevo fatto a non capirlo subito?).
Il grande orologio che decora il soffitto al centro della hall segna le 1200h. Esattamente al piano di sopra, mio padre (interpretato da un grande Bryan Cranston, che mi colpisce non solo per la somiglianza fisica ma anche per la dedizione profusa nello studio di movenze e tic) mi mostra il suo ultimo esperimento: in una enorme vasca chiusa in una sala iperbarica ha ricostruito una catena alimentare perfetta e terribile, dove un gigantesco pesce è attaccato da un serpente d'acqua ancora più grande, a sua volta morso da un caimano azzannato da un alligatore. L'incredibile forza nervosa generata da questa lotta per la sopravvivenza viene incanalata in un flusso elettrico di forza inaudita, che mio padre è infine riuscito a controllare e ingabbiare in grosse aragoste metalliche controllabili a distanza per mezzo delle quali, inserendoci all'interno del sistema alimentare mondiale, riusciremo a raggiungere i nodi cruciali del potere.
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20160911
#1313 (Le altre mosche #142)
LA ZOCCOLA DELL'ARIA
Voi pensate alla vostra morte, che io penso alla mia.
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20160910
#1312
Tutta l'area femminile del reparto era stata trasformata in un lungo corridoio degli orrori, i manichini truccati da malati con le più strane patologie, scritte ambigue e di cattivo gusto ("persa, persa, presa, presa!"), giostre rubate da qualche fiera e ricomposte in forma di macabro altare, costumi carnevaleschi indossati da scheletri presi in prestito dalla sala di anatomia, perfino un gigantesco Charlie Brown di plastica la cui testa svettava su un vassoio per ferri chirurgici.
Poi, evidentemente, l'intero ospedale era stato abbandonato in tutta fretta al momento della reale tragedia, disgraziatamente evocata dall'orribile sabba, e ora quel teatro fantastico era rimasti lì come un terrificante museo eretto a tutto il peggio cui l'uomo possa pensare.
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20160909
#1311 (Le altre mosche #141)
SEI ARRIVATO
Tutte le persone in questo parco sembrano interessanti.
Ma solo da lontano.
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#1310
All'inizio pensavo che quella specie di piccolo lavabo fosse l'urinatoio, e preso dall'urgenza ho provato a centrarlo alla meglio, ma con scarsi risultati – era troppo in alto, essendo davvero un piccolo lavabo. Poi ho capito che il luogo deputato era in realtà sulla parete accanto, quel largo pannello che avevo dapprima scambiato per un termosifone. Ormai il pavimento era coperto di urina, che non accennava a finire, ed è stato allora che to padre è entrato e mi ha visto in quello stato pietoso. Per fortuna credo non mi abbia riconosciuto, nonostante fossimo così vicini che, a un certo punto, si è dovuto per forza accorgere che gli avevo completamente imbrattato il risvolto del pantalone.
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20160908
#1309 (Le altre mosche #140)
ADIGAS
Notte milanese coi topi nel cesso. Si sveglia in un altro letto e aspetta nebbia e freddo nella notte. Ma una bambina gli urla qualcosa dalla finestra e ogni muro cade. Tutto questo caldo, tutta questa gentilezza sospetta già di primavera, odora di imbroglio, il più grande imbroglio della sua vita.
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20160907
#1308
Capito a cosa mirava l'africano col cane sul treno con tutte quelle smancerie? A chiedermi se gli "prestavo la fidanzata" perché alla frontiera facesse finta di essere la madre di suo figlio...
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#1307 (Le altre mosche #139)
LA NOTTE DEI LIVIDI VIVENTI
Le due donne che avevo amato più di tutto al mondo erano ora sedute l'una accanto all'altra di fronte a me, prevedendo di fare amicizia.
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#1306
L'unico modo che aveva escogitato per affrontare quella tortura era far finta che fosse proprio una tortura in piena regola, lui la spia catturata dal nemico, l'eretico imprigionato dall'inquisizione o, nelle sedute più truci, il classico sosia scambiato per un altro. L'unico inconveniente era ogni volta che pensava a quanto gli costavano quegli appuntamenti dal dentista, e allora assieme ai molari crollava tutto il suo castello.
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20160906
#1305 (Le altre mosche #138)
CIRCUS MICROSCOPICUS
Le voci, lancinanti, agonizzanti, ululanti, erano simili a grida di angeli in catene, grida comunque angeliche, gli angeli essendo animali con un istinto primordiale che pure se atrocemente feriti non riuscirebbero a emettere suoni non armonici. Erano voci ancestrali, senza sincronia ma piene di grazia, come il cigolio stridente di vecchi treni mal oleati che si rimettono finalmente in moto.
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20160905
#1304
E fu così che il fermo per attività sospetta (quella barba, quello zaino...) si trasformò in una lezione – in un inglese per mia stessa sorpresa perfetto – di fotografia analogica, dove il sottoscritto diventa a fine giornata il beniamino della stazione di polizia del JFK International Airport.
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#1303 (Le altre mosche #137)
LA BODEGUA DEL MEDIO
No, non è come quando ti muovi tu. Il gioco degli scacchi, per me, ha implicazioni molto più complesse e universali: ogni volta che muovo io cambia qualcosa nell'ordine del mondo, muta irrimediabilmente il corso degli eventi.
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20160904
#1302
Vorrei che fosse chiaro che non sento il desiderio né la necessità di rendere pubblica quella che è sempère stata, è e resterà la pratica della mia vita privata identità.
Fare il contrario presupporrebbe la convinzione che ciò che è interessante per me lo sia anche per gli altri, idea che mi ripugna; o, peggio, la presunzione che l'ordinario svolgimento della mia crescita intellettuale possa essere di alcun diletto o aiuto per altri che non per me stesso, cosa che equivarrebbe a fare della mia stessa attività cerebrale nient'altro che un diario.
Il fatto che la moderma tecnologia permetta di amplificare la propria individualità a scopo sociale – il fine ultimo essendo, quand'anche inconscio, il fascino, l'influenza, il successo, il potere sugli altri – non vuole del resto dire che quest'amplificazione debba necessariamente essere attuata.
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#1301 (Le altre mosche #136)
IL 9 ALLE 9
Bentornata nel mio telefono.
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#1300
Qui riposa [...]
rubata all'affetto dei suoi
nell'ora della pennica della vita.
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20160903
#1299 (Le altre mosche #135)
L'IMPRONUNCIABILE OMBUNDSMAN
Fingevamo a trattarci da signori. Fingevamo di essere signori che si possono permettere la bella vita, vino e donne in sovrabbondanza. A mangiarci, a questo giocavamo, ad essere più di noi stessi per numero e qualità.
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#1298 (iQ#42)
Il volto di Beethoven spunta con aria contrariata dietro a una pila di dischi: probabilmente lo affligge che la sua musica possa essere ascoltata in casa, o forse più semplicemente non riesce a sentire nulla e questo lo abbatte. Ma se sapesse che sono bloccato in questa posizione da interi minuti perché sto subendo la sua Grande Fuga, non sarebbe affatto stupito del mio rapimento.
Quando vengo liberato, torno a me stesso con un haiku nella testa:
Mattinata musicale.
La Grande Fuga
mi rapisce.
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20160902
#1297 (Le altre mosche #134)
IL BIDONE
Non erano gli applausi che mi interessavano. Ma solo la tua mano nella mia.
Non erano gli sguardi del pubblico. Solo i tuoi occhi.
Non i commenti, la tua bocca.
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20160901
#1296
Davvero poco civile, il comportamento del mio vicino. Che mi costringe a bussare alla sua parete per fargli capire che vorrei la smettesse di fare tanto fracasso alle 0500h del sabato mattina. Ma lui niente, continua imperturbato a rosicchiare e ingurgitare ed espellere, maledetto tarlo del legno. E povero il mio comodino.
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#1295 (Le altre mosche #133)
OPERE D'ALTRI
Questo cane è un po' pastore e un po' gregge.
L'uomo lo guardò e sorrise: "Sembra un eschimese felice."
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