È indiscussa campionessa di aerobic data insertion. Ma è molto brava anche nel lancio della smartbox.
20140530
#331 (Le mosche #42)
THE ADDICTION
Il dubbio lo assaliva innocentemente
anche nel cuore del giorno:
"Con chi passerò quest'altro capodanno?
Quale sarà la mano che stringerò
per attraversare quest'altro confine?"
E un velo azzurro gli calava sugli occhi.
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20140529
#330
Il barbiere è come un confessore:
anche lui ha bisogno del tonsore.
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#329 (Le mosche #41)
ADOLF WOLFLI
Una giornata produttiva per Greta,
bellissima ventenne che conosco già.
Questo nome mi gira per la mente, vorticoso,
scritto casualmente sul muro che guardo
appena mi sveglio.
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20140526
#328
La chiamavano la ragazza del venerdì, perché era l'unico giorno in cui era possibile avvistarla. Compariva al campo quasi dal nulla, aveva un sorriro per tutti, a qualcuno rivolgeva perfino
una parola, e quello di sentiva scelto, privilegiato, e se ne vantava con gli altri. Poi, così com'era venuta, spariva, lasciando in giro il suo profumo di libertà per le grandi stanze piene di uomini, e una settimana di inconsolabili sospiri.
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#327 (Le mosche #40)
MATTER OF FACTS
Viaggiavo sempre con una piccola macchina
fotografica e un solo rullino. Ogni volta che
finivo i dodici scatti rimettevo tutto indietro
e cominciavo a scattare di nuovo sullo stesso
rullo, e così per tre o quattro volte. Persone,
strade, camere d'albergo, insegne e bar si
accumulavano sovrapponendosi in un unico
diario di viaggio, fatto di sole dodici pagine.
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20140523
#326
E siamo dunque arrivati al momento in cui per ogmi nuova tazza che arriva, una vecchia tazza è costretta all'esilio.
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20140522
#325 (Le mosche #39)
TAIJIQUAN
Mi girai dall'altra parte
e la sveglia si chiese perché non fosse
riuscita a distogliermi dal sonno.
Non sapeva che avevo verdsato del veleno
nei suoi circuiti.
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#324
Nel suo lungo e inconsapevole tentativo di diventare un personaggio, ora ha anche un ciuffo ribelle che gli cade sulla fronte, quasi fosse disegnato, come in uno di quei cartoni animati giapponesi.
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20140521
#323 (Le mosche #38)
OBLOMOV
Una città senza balconi, sole e panni stesi,
fatta di fretta.
Brigida Ochain
si sentiva spoglia come l'autunno
in attesa che il cielo la coprisse.
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20140516
#322
È una parte della periferia che non avevo mai visto, per metà antico borgo ormai praticamente annesso alla città, e per metà metropoli a venire ancora in costruzione. Mio padre e mia sorella tentano di prendere il sole restando seduti nel monovolume, ma io preferisco sentirmi l'aria sulla faccia. Scendo sul selciato di sassi e cemento e faccio qualche passo nel vecchio quartiere abbandonato, mentre gli abitanti di quello in espansione già si sporgono attraverso gli infissi nuovi delle loro finestre al dodicesimo piano. Sulla piccola collina che cresce in un angolo del cimitero sconsacrato un gruppo di ragazzi si riposa all'ombra dei fichi centenari, e quella tipa sembra del tutto decisa a farmi vedere cosa c'è sotto le sue mutandine fuchsia.
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20140515
#321 (Le mosche #37)
LOIE FULLER
Questi frigoriferi che ronzano nella domenica
mattina, la ventola prende il vento tonda nel
vetro della finestra mentre l'uomo aspetta
facendo scricchiolare il cucchiaino nel caffè
come un cancello oleato male.
Chi è la donna che lo fissa silenziosa
e nascosta dietro quella finestra del terzo piano?
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20140513
#320
Era chiaro a entrambi che non ce l'avrebbe fatta, glielo leggevo negli occhi anche se non parlava. E il fatto che fossimo al quinto piano di un edificio pericolante non aiutava: sì, la strada era stata completamente abbandonata e mucchi di macerie la rendevano un posto perfetto per un'imboscata, ma l'aria era ormai irrespirabile e sapevamo che quelle creature stavano comunque per arrivare. Nonostante sapessi benissimo che lasciargli la pistola era un errore (al mio rientro il capitano mi avrebbe degradato per quell'attimo di umanità), tolsi tutti i proiettili tranne uno e lo costrinsi a tenerla per sé.
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20140510
#319 (Le mosche #36)
ENTRACT
Bel corpicino elettrico a ore nove e un quarto
tutta fatta brulica nell'erba si accende e si
spegne inarcandosi come bisce d'acqua, come
anguille angeliche morte nell'alcool e nel
sospetto che si è spento come sigarette fradice
come giovani ribelli perse tra i gerani.
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20140509
#318
Seguivano tornanti in salita per quarantasei chilometri, tra pozze di fango scivoloso da un lato e pareti di roccia pericolante dall'altra. Ogni volta che c'era una curva io e mio padre scendevamo dal pick-up con gli altri braccianti e spingevamo, mentre mia madre alla guida cercava di tenere il mezzo in carreggiata. Quello che veniva adesso però era un ponte, cioé due lunghe assi su cui bisognava far sfilare gli pneumatici in perfetta linea retta. Mentre affrontava l'ennesima prova, mia madre pensava a cosa sarebbe successo se non ce l'avesse fatta: si giocava non solo la vita (la nostra e la sua), ma anche e sopratutto la reputazione.
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#317 (Le mosche #35)
NUMBER 9
Balla il Nemico ascoltando Shostakovich.
Balla ancorato a un attaccapanni che
considera sua moglie
pieno di vestiti di guerra,
una sirena gialla al posto della testa
e il lamento di un soprano che pronuncia la
sua bocca. L'acuto dei violini nevrotici
lo porta alla tomba, una campana e un corvo
sulla campana, la luna dietro al campanile
e il campanile durante la notte.
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20140508
#316
La canottiera era stanca di sentirsi appesantita sempre dallo stesso uomo.
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20140507
#315 (Le mosche #34)
LATITUDINI
Ragazza bruna
che profuma di Big Babol alla fragola
sorride come una bambina
calze spesse strette
nelle vecchie scarpe da tennis bianche anni '80
belle gambe
strano crocefisso
e legge Čechov in pullman
masticando la sua gomma rosa.
"Il giardino dei ciliegi".
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20140506
#314
Raccolgo la spilla sulle scale della metropolitana. È d'oro, a forma di chicco di caffé. Cosa ne faccio? La metto in tasca e la porto a casa, come faccio con tutti gli oggetti strani che trovo? O la lascio al gabbiotto della fermata, perché il legittimo proprietario la ritrovi? Sarà sicuramente di un ricco magnate del caffé, mi dico, se ne farà fare un'altra. E la mano va già alla tasca. O apparterrà forse a un commesso viaggiatore a cui l'azienda ha fatto dono di un segno di riconoscimento, la cui perdita sarà vista come un disonore? E il piede torna sui suoi passi. Ma quello speculatore miliardario campa di certo sulla pelle di poveri operai sottopagati nel Sud del mondo. E la sottrazione diventa un gesto politico. O non si tratterà piuttosto di un pover'uomo che l'industria del caffé ha salvato dall'indigenza, e che in quel piccolo oggetto devozionale ha riversato il dispari dello stipendio pazientemente accumulato negli anni? Faccio ammenda ed evito il sacrilegio. Un attimo: e le migliaia di indigeni che sono dovuti morire perché la civilissima Europa avesse la sua droga nera e bollente? Il gesto politico diventa un atto morale. Ma se fosse invece un nonno, magari prossimo alla fine, il cui unico piacere sia riandare ai felici anni passati in ditta, che i suoi colleghi hanno racchiuso in quel regalo per la pensione? Non posso derubarlo dei suoi migliori ricordi. Eppure ora quella spilla è in una scatolina di latta, ben chiusa in uno dei miei numerosi cassetti, a far compagnia ad altre decine di piccole cose perse, frammenti di vite altrui coscenziosamente raccolti, catalogati e conservati.
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20140502
#313 (Le mosche #33)
IL PIEDE E LA SPALLA
1.
Mi sanguinano le gengive, quando fa freddo,
e le unghie delle mani quando discuto col
mio pianoforte o con le macchine per scrivere
degli altri.
2.
E so benissimo che mi cadranno tutti i capelli.
Dunque non mi importano le torture
a cui li sottopongo, né dei cappelli
che porto sempre per tenere assieme la testa.
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