20140506

#314

Raccolgo la spilla sulle scale della metropolitana. È d'oro, a forma di chicco di caffé. Cosa ne faccio? La metto in tasca e la porto a casa, come faccio con tutti gli oggetti strani che trovo? O la lascio al gabbiotto della fermata, perché il legittimo proprietario la ritrovi? Sarà sicuramente di un ricco magnate del caffé, mi dico, se ne farà fare un'altra. E la mano va già alla tasca. O apparterrà forse a un commesso viaggiatore a cui l'azienda ha fatto dono di un segno di riconoscimento, la cui perdita sarà vista come un disonore? E il piede torna sui suoi passi. Ma quello speculatore miliardario campa di certo sulla pelle di poveri operai sottopagati nel Sud del mondo. E la sottrazione diventa un gesto politico. O non si tratterà piuttosto di un pover'uomo che l'industria del caffé ha salvato dall'indigenza, e che in quel piccolo oggetto devozionale ha riversato il dispari dello stipendio pazientemente accumulato negli anni? Faccio ammenda ed evito il sacrilegio. Un attimo: e le migliaia di indigeni che sono dovuti morire perché la civilissima Europa avesse la sua droga nera e bollente? Il gesto politico diventa un atto morale. Ma se fosse invece un nonno, magari prossimo alla fine, il cui unico piacere sia riandare ai felici anni passati in ditta, che i suoi colleghi hanno racchiuso in quel regalo per la pensione? Non posso derubarlo dei suoi migliori ricordi. Eppure ora quella spilla è in una scatolina di latta, ben chiusa in uno dei miei numerosi cassetti, a far compagnia ad altre decine di piccole cose perse, frammenti di vite altrui coscenziosamente raccolti, catalogati e conservati.

No comments: