20120531

#148

Il suo volto compare la prima volta dietro a un finestrino del treno che ho intenzione di prendere; poi è improvvisamente in ogni vagone di ogni treno della stazione in cui aspetto. Il treno comincia a muoversi, e da ogni finestrino di ogni scompartimento l'uomo si affaccia ancora, continuamente nella stessa posizione, ripetutamente davanti a me, indipendentemente dal movimento del treno, come un incubo a ripetizione. Quando corro per saltare di nascosto tra un vagone e l'altro, è ancora lui che mi tende la mano e mi aiuta a salire.
"Con questa stretta" dice accendendo poi due sigarette e porgendomene una, "sei ufficialmente diventato anche tu un viaggiatore acrobata."
Facciamo un lungo tratto di strada assieme senza quasi mai parlare, e ci salutiamo fraternamente quando arriva il mio momento di scendere per tornare a casa.
La villetta sorge presso una curva lungo i binari, il giardino è curato anche se sembra abbandonato, gli attrezzi ancora ammucchiati ordinatamente presso il muretto che abbraccia l'orto. Quando entro in casa mia madre è lì, come l'anno scorso, più vecchia di un anno. È di spalle, e non si volta a guardarmi. E lui è anche lì, accanto a lei, e mia madre si rivolge a lui chiamandolo col mio nome, trattandolo come un figlio, come se fosse suo figlio. Come se fosse me. E capisco che con quella stretta ho dato molto più io a lui di quanto lui abbia dato a me.

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