20080623

#27

Un obice spara un colpo nelle strade di Berlino, che non è ancora nè ost nè west. C'è qualcosa di ritmico nel rinculo del cannone e nei soldati che si accovacciano con le dita nelle orecchie come in una suite di danza contemporanea.
Un bambino raggiunge lentamente i genitori che si stanno riparando sotto un architrave dal futuro decisamente incerto. Anche lui ha le dita nelle orecchie, e non fa in tempo a toglierle che seguendo la sua perfetta partitura bellica l'obice spara ancora. Stavolta il colpo va a segno, e si porta via l'angolo di un palazzo che crolla in strada collassando su se stesso. Una donna entra in scena tirando un carrettino, cammina anche lei molto lentamente, non c'è molto senso a cercare riparo mentre tutto intorno il mondo sta esplodendo; la sua tranquillità sommessa mi colpisce all'inverosimile, specie quando si accorge della cinepresa e guarda in macchina.
La famiglia sotto l'architrave, intanto, fissa inebetita un punto indefinito al di là della strada, fuori dalla nostra percezione; quella che potrebbe essere la madre del bambino si gira dall'altra parte e muove un passo verso il buio dell'androne.
Allora, per l'ennesima volta, si torna all'obice che spara per la prima volta, e al bambino con le dita nelle orecchie, e poi all'architrave, e di nuovo all'obice, al palazzo che crolla, all'incrollabile rasegnazione della donna col carretto, e quindi alla famiglia sotto l'architrave, alla madre che si gira e così via, quindici secondi in tutto ogni volta, il loop interminabile che non posso fare a meno di guardare, il super8 in rotazione continua che non mi lascia andare.
Poi però il proiettore di ferma. Il fotogramma bloccato della donna che si gira è attraversato da un taglio orizzontale coi bordi che si anneriscono, e il bianco accecante della realtà prende il suo posto mentre la pellicola brucia e nessuno, dopo di me, potrà più vederla.

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