20181122

#1940 (Elegia Estone)

1.
Appena usciti dalla cartolina, in basso a destra, c'è un'altra Tallin, che profuma di aneto, finocchietto selvatico e carvi, dove i cetriolini non sono stati ancora curati e vecchie babushke vendono calzini, sciarpe e cappelli fatti a mano lungo i marciapiedi fuori dall'austero e malandato edificio del mercato sovietico. È un'Estonia russofona, messa in disparte, coi vestiti a fiori e i capelli fushsia, che scrive in cirillico preghiere ortodosse e mette in mostra finferli, frutti di bosco, mele dell'orto e angurie aperte in due.

2.
A nord della cartolina, passato il vecchio valico delle Nazioni Unite, si accede a quelal che fu la Zona, russa anch'essa, dove la tetra area di prigionia usata prima dai nazisti e poi dai sovietici è separata dal Baltico da una cortina di fil di ferro. La famiglie vengono a fare il bagno qui, nell'ultima risorsa che è anche l'ultimo resort, le banchine crollate, i capelli di ferro che vengono fuori dal cemento urlando arrugginiti verso il cielo d'afa.

3.
Abbandonata e decrepita piattaforma di atterraggio di una gloria seppellita, sprofondata, ormai affondata, è il punto sfocato in cui la mania di grandezza dei dirigenti di partito ha partorito un monumento al socialismo di cemento, concreta cultura a contrasto della coetanea soft culture, contraria punto per punto al punto che alle domande sulle ultime vestigia del passato la signorina dell'ufficio turistico risponde contrariata, come a stupirsi che non ci sia nulla di meglio da vedere di quei residuati cui la moderna Estonia non concede nemmeno la pietà dell'abbattimento e riserva invece l'incuria del tempo che passa inesorabile per tutti.

4.
Molto in alto a destra della cartolina si replica col memoriale ai caduti del 1918, quelli dalla parte sbagliata della guerra, ora lasciato a disgregarsi come vendetta perfetta di un popolo che preferisce l'oblio degli anni alle spese di smantellamento. Il popolo che ha barattato la gentilezza e l'ospitalità col sospetto e la freddezza di una nazione due volte tradita, se non tre.

5.
È il cuore della cartolina, la parte più dolce, meno russa, più orgogliosamente folk, vestita in abiti tradizionali, stampata a mano con torchi di legno, come è giusto che una cartolina sia. Dicono che l'acqua sia potabile, anche se ha lo stesso strano sapore del resto della città, ma ci si fa un pane buonissimo, da mangiare fritto nel burro e salato per accompagnare carne d'alce, omelette di funghi, paté di coniglio, torte di formaggio blu, e birre scure del colore di un paese vecchio, che nessuna cartolina può più evocare.

6.
Al mattino i dolci sono relegati a un'ora ancora da venire, inoltrata, solo per turisti, mentre nelle stazioni degli autobus c'è spazio solo per caffè, uova, pancetta, panna acida e salsa di mirtilli, unoca concessione agli zuccheri. (O è forse passata di barbabietola?).

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