20171108

#1803

Avendo perso la fermata a causa della mia abitudine di leggere in pullman, mi ritrovai al capolinea.
Fu lì che conobbi Mario: di mezza età, con  un principio di pancetta ma ancora muscoloso, capelli di un nero irreale e catenazza d'oro sul petto peloso, al comando della sua 127 verde pisello si offriva di riportare le persone in città da quella piazza spersa nella controra provinciale. Non sapevo ancora cosa mi aspettava.
Salimmo in cinque, e mi ritrovai sul sedile posteriore stretto tra due sciure imbacuccate, coperto anch'io come loro dal mio fedele plaid, mentre Mario teneva il finestrino abbassato e sfoggiava una polo aperta sul largo collo.
Fare un giro con Mario voleva dire arrivare a destinazione solo dopo una lunga digressione nell'ignoto. L'ignoto e la nostra campagna, e la nostra periferia, piene di segreti sparsi al sole; pievi in mezzo al nulla, treni carichi di oggetti non identificabili, campanili nella lontananza di fabbriche abbandonate... Improvvisamente tornare a casa non sembrava non solo l'unica opzione possibile, ma nemmeno la migliore.

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