20171001

#1779 (Elegia di Amsterdam)

Ho visto persone senza casco in motorino. Adulti, intendo. Senza casco. Sulla pista ciclabile.
Si insinuano a meno di 25 all'ora nel traffico di biciclette che qui ha la sua espressione più fluida e diversificata. L'olandese è l'anello di congiunzione tra l'attuale stadio di compimento dell'essere umano e un nuovo livello, dove il bipede diventa biciclide. O altrimenti è un essere mitologico, metà uomo e metà bicicletta.
La metà uomo è spesso una donna, bella, bionda e con gli occhi azzurro fluo, le gambe fortificate dell'esercizio fisico e tese in perfetto equilibrio con la quantità sovrumana di burro quotidianamente assunta, non è chiaro se nasce prima l'uovo o la gallina.
Ho visto le ore passare in attesa di un coffe-to-go, per non dire di una birra, la macchina organizzativa che ha fatto di questo popolo il congegno coloniale perfetto incepparsi nell'inesperienza di una nuova generazione di commercianti, hipster in camicia Arizona 2000, fermaglio texano al colletto, jeans chiari e stretti e stivali più lunghi del necessario, lo sguardo intontito sotto le sopracciglia troppo folte e l'apparecchio ai denti. O la maglietta a righe da marinaretta fuorimoda e i pantaloni a zampa da pronipote dei fiori.
Ho visto tassisti di ogni provenienza, tutti nati qui ma con le radici sprofondate in qualche cultura molto lontana, esotica ma non troppo, a portata di frusta. La stessa auto, ibrida, scura e col tettuccio trasparente sotto al cielo non sempre clemente.
Ho visto il tempo cambiare repentinamente, ed è dir niente.
Ho visto gente in t-shirt mentre l'umidità saliva dai prati al tramonto del sole, bambini attraversare la strada da soli, giocare a cricket, andare immancabilmente in bicicletta, spesso da soli, niente genitori in vista, non solo nei parchi.
Ho visto conigli venire fuori dalla notte, gli occhi pacifici un lampo improvvisamente pazzoide sotto al flash del mio smartphone incredulo.
Ho visto anatre zampettare impunemente tra le gambe dei tavoli di un ristorante, le gambe degli avventori incrociate al loro posto senza stupore.
Ho visto qualcosa che definirei un cormorano lanciarsi color cenere in una bassa planata sul canale nel buio che vige accanto ai ponti tra un lampione e l'altro.
Ho visto le piante crescere dove non dovrebbero, le case salire dove non potrebbero, le scale incunearsi tra colonne di mattoni di Delft e avventurarsi con sicurezza nordeuropea su per un'architettura contemporaneamente razionalista e ragionevole, a suo modo gotica, come la storia giustifica, ma in modo misteriosamente poco cupo, nonostante la supremazia della materia sulla preservazione del vuoto.
Ho visto strade trasformarsi in crocevia di vita, concedersi ad incontri casuali tra persone divise da molto meno di sei gradi di separazione, le coincidenze accumularsi sotto ai numeri civici e sui gradini all'esterno delle vetrine.
Ho visto vetrine esporre donne molto esposte, in tutti i sensi e al solo senso della vista, persa nell'offerta e offesa di riflesso, e luci rosse emanare bagliori poco equivoci su corpi fantastici che si muovono in cerchi poco fantasiosi e lasciano poco alla fantasia e molto da pensare a una ragione che si professa critica e poco pura e che lotta ogni giorno con la morale, con l'etica di una maturità forse troppo occidentale.
Ho visto persone vestite di rosso darsi da fare immobili come aiuto nel presunto bisogno alcolico, nella presunta caduta psicotropa, ma anche derise dagli stessi elementi destabilizzanti che cercavano di stabilizzare.
Ho visto poliziotti molto calmi in situazioni apparentemente poco calme, apparire in coppia e passeggiare come amici in linea retta sul discrimine tra normalità ed eccezionalità, tra sicurezza e pericolo, sapendone chiaramente più di me, valutando la situazione, apparentemente giudicandola di effettiva calma.
Ho visto la concreta possibilità di un mondo senza moneta contante.

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