20170810

#1747

Fui perciò incaricato di portar via i tesori confiscati nel grande palazzo ormai espugnato.
Ovviamente i vasti corridori erano a quel punto ancora semi-sommersi, e l'unico modo per trasportare quell'enorme quantità di ricchezze era a bordo di grosse chiatte gonfiabili. Il problema era l'instabilità,dovuta da un lato al peso delle casse e dall'altro alle rapide—se non alle vere e proprie cascate—che si creavano ovunque ci fossero dislivelli e scalinate da discendere.
Esploratori furono allora mandati in avanscoperta ad aprire gli enormi portali che dividevano le varie stanze, e che in alcuni casi funzionavano ora sostanzialmente come dighe. In questo modo il nostro passaggio fu reso più facile, ma più volte qualcosa cadeva comunque dal bastimento, e a turno ci immergevamo per le operazioni di recupero.
Il fondo era invariabilmente geometrico, come la base di una scatola da scarpe, e ricoperto con una sorta di carta da parati, decorata in pallidi colori sull'azzurro e sull'oro, come voleva lo stile di quel luogo. Restare sotto il pelo dell'acqua in quelle stanze che un tempo avevano albergato tanta bellezza, con la luce che filtrava dai finestroni e parte del mobilio ancora al suo posto, dava una sensazione di calma sovrannaturale: in seguito, più d'uno tra noi confessò di aver provato il desiderio di non tornare indietro.

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