20170807

#1744

La sirena aveva suonato. Il che voleva dire che la crociera era giunta al termine.
Il nostro piano, come gli altri cento, era in ordinata mobilitazione, le file di letti che ruotavano sul loro posto tutte assieme, spostandosi contemporaneamente verso i montacarichi che ci avrebbero portato al piano terra, da dove avremmo abbandonato definitivamente il sanatorio.
Ma dei miei compagni di viaggio non c'era traccia.
Scesi allora dal letto, decidendo che potevo rimandare le operazioni di evacuazione fino a che non fossero ricomparsi, ma confesso che non avrei saputo dove cercarli, che, come all'insediarsi di una lenta ma inarginabile amnesia, quasi non ricordavo nemmeno dove fossero i bagni.
Pensai allora di chiamare Davide al telefono—almeno quelli funzionavano ancora—e chiedere dove si fossero cacciati tutti.
"Che c'è?" mi rispose assonnato e infastidito, la voce bassa e roca che si sovrapponeva ad un'altra, più alta ed allarmata ma che non riuscivo a distinguere con chiarezza. "Ma lo sai che ore sono?"
"Dove siete?" domandai.
"Dove siamo? Ma che... A casa, siamo."
"...."
"Tutto ok? Perché non torni a dormire e ci vediamo domattina come d'accordo? Manca ancora qualche ora alla partenza e vorremmo provare a dormire un altro po'..."
La voce più alta continuava a urlare cercando di superare il muro di quella più bassa ma più forte, e in un attimo mi fu chiaro che i miei compari non mi avevano affatto lasciato indietro ma che in qualche modo ero stato io (il mio corpo? la mia mente?) ad abbandonare loro, che non erano mai partiti.

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