20170719

#1732

Dopo aver visitato la chiesa, notammo il vecchio bar abbandonato, una palazzina semicircolare circondata da una sorta di colonnato colorato in rosso pompeiano, con l'insegna cadente ma ancora in parte leggibile.
"No! Fatemi sedere," disse Guido, "è bellissimo."
"Le colonne sono di cartapesta," ci spiegò non senza un certo orgoglio la nostra guida, che effettivamente aveva più l'aspetto di un muratore in pausa pranzo. "Anche la facciata della chiesa l'abbiamo fatta noi," aggiunse infatti poi.
Chiesa che, barocca, policroma e istoriata, sorgeva in cima a un anfiteatro di scalini su cui sedevano altri numerosi turisti, ma che veniva usato abitualmente dagli abitanti del paese per le loro chiacchiere e i loro commerci, e dal quale venne giù addirittura un'amazzone in groppa al suo scatenato cavallo.
Fu allora che notai tra la folla del mercato quella che aveva tutta l'aria di essere una iena: fiutava l'aria e si guardava furbescamente attorno probabilmente in cerca di una vittima che, unico ad averla notata e a temerla, non potevo che essere io. Da qui al morso il passo era troppo breve per non approfittarne.
Fu anzi un balzo, agile e silenzioso, e tra l'indifferenza più diffusa mi trovai quel mostro attaccato violentemente al braccio per i forti denti sporchi. A niente valsero le numerose ramazzate che cominciai a menargli sul cranio col mio pesante mazzo di chiavi: quello, tenace, non mollava!
A salvarmi fu una mia vecchia conoscenza, il serpente Milwaukee—dall'espressione indiana che significa "sta attento, guardati attorno"—e che, da piccolo rettile delle praterie, si era ormai trasformato in un bel pitone di grossa taglia.
Fu lui a scagliare addosso alla iena la pietra nera e perfettamente levigata che la mise finalmente in fuga, e che ora conservo come uno tra i miei beni più preziosi.

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