20170621

#1709

Quando dico che era un lettore affamato non intendo necessariamente dire che leggeva tantissimo, ma che lo faceva con gusto e avidità, e che durante quella sua attività niente poteva disturbarlo. Leggeva in ognuno dei rari momenti lasciati liberi dalle incombenze della vita quotidiana, che erano tante e asfissianti: non solo la sera a letto, quando tutto era fermo e silenzioso, ma anche la mattina in bagno o mentre, a tavola, beveva tè nero o caffè americano, o al bar, se era lì che faceva colazione, o camminando da casa alla metropolitana, e ovviamente sulla metro stessa—seduto o in piedi che fosse, anche quando era pressato dalla folla—e lungo il percorso—sia che prendesse le scale mobili o che facesse quelle a piedi—dalla stazione al lavoro, e a volte pure a lavoro, tra un impegno e l'altro, se non anche a mensa, in caso pranzasse da solo. Non era una questione di pagine lette, quanto di devozione all'atto della lettura.

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