20161117

#1450

Fu così che più o meno a metà degli anni '10 del nuovo millennio, in conseguenza della spesso congenita e comunque persistente mancanza di adeguati spazi appositamente dedicati o all'uopo riadattati, la cultura dello skateboard fece il suo ennesimo scatto in avanti, dimostrando ancora una volta la sua estrema quanto connaturata predisposizione adattiva mediante l'evoluzione allo stadio di disciplina domestica. Arrivato come logico successore di freestyle, street e vert, e drammaticamente in linea con la tendenza solipsistica che era andata diffondendosi nell'ultimo decennio a causa dell'influenza dei devices tecnologici e del cosiddetto social networking da essi veicolato, l'houseskating segnava il passaggio a una dimensione più intima: lo skater doveva spostarsi nel minor tempo possibile lungo un percorso non prestabilito ma ricco di ostacoli obbligatori, all'interno di grandi case – messe a volte a disposizione da proprietari compiacenti, ma più spesso abbandonate o ancora meglio temporaneamente disabitate.

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