20160304

#1016 (Elegia di Lisbona)

I gabbiani ci svegliano alle cinque di mattina
e se non sono loro allora sono i piccioni
e se non sono nemmeno loro allora sono le campane
strutture melodiche sempre più complesse
man mano che ci avviciniamo all'ora tonda.

Ma se l'insetto di Kafka è lo scarafaggio,
quello di Pessoa dev'essere la pulce.
Sono pulci quelle che ci attacca il randagio Bacco
tra le mura del quartiere che ospitò Mario Dioniso
e gli arabi prima di lui.

In cerca del misterioso Kino per restituire le chiavi
della casa infestata "good luck finding him",
i viene detto. E tocca spulciarsi, proprio come i bonobi,
cosa romanticissima secondo alcuni, letteralmente,
chi avrebbe mai potuto immaginarlo?

Solo attraversare il fiume può calmarmi,
solo il fiume per dimenticare... dimenticare...
Dimenticare cosa?
I pescatori ci attendono tra i ricordi
dei portuali che nessuno ricorda più
e solo quando arrivo al Ponto Final capisco
che sono giunto al termine di questo giorno.

Gli esseri umani corrono, amministratori di se stessi,
dietro alle carrozze della metro.
La stazione di Parque è già un ricordo,
un mondo degli abissi lasciato a fermentare
nel passato: il mio pensiero è un fiume
sotterraneo. Da dove viene, e dove va?

Lisbona è la propria immagine stereoscopica,
impossibile da vedere senza gli strumenti adatti,
e altrimenti una città doppia
un lato leggermente spostato d'asse rispetto all'altro.

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