20160203

#952

Quando era ormai chiaro che che l'esercizio di matematica sarebbe andato malissimo, l'amico del maestro, che lui ci aveva presentato come un fisiatra, lasciò la sua sedia e venne a mettersi dietro di me, in piedi.
Prima mi tastò le spalle all'attaccatura del collo, notando con sorpresa e piacere che non ero teso, che non era lì il problema. Poi cominciò a scendere sul petto, e giù, sempre più giù fino all'inguine, dove voleva accertarsi del motivo per cui, secondo lui, non riuscivo ad affrontare quella come anche questioni di altra natura.
Questo fu troppo: mi alzai dal mio posto e gli urlai di tornarsene al suo, e alla prima obiezione gridai ancora, e ancora e ancora finché non indietreggiò, instupidito e forse affascinato, e tornò a sedersi sulla sua seggiola accanto alla cattedra.

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