20140108

#229

Ritorno una volta di più nella città
da cui sono partito la prima volta
dicendo sotto voce, per non farmi
sentire nemmeno da me stesso,
non ritornerò mai più. Attraverso
il parco dello spaccio, dove sempre
ho avuto paura di entrare, e ne
assaporo così la bellezza triste
e malconcia, passando accanto
al centro estetico dove una volta
c'era il mio asilo. Percorro la strada
che dal liceo mi portava a casa
e cerco tra i citofoni i nomi delle
persone per cui ho provato qualcosa,
trovandone ben pochi, tanto da
dubitare del mio passato, della
possibilità che io abbia davvero
vissuto qui. In auto per strade mille
volte percorse, è un viaggio nel tempo.
Il consorzio agrario che una volta
sfoggiava trattori John Deere ora è
un museo di archeologia georgica.
Il carcere allarga i suoi confini,
i cimiteri rinnovano i propri orizzonti
e centri abitati appena costruiti
colonizzano gli spazi vuoti, del tutto
simili a campi di concentramento.
Conosco ogni curva, ma questa
carreggiata è più malmessa di quanto
ricordassi. Tutto invecchia ma i miei
parenti e quelli dei miei amici
invecchiano più lentamente, graziati
dal tempo, in moto contrario,
procedono per paradosso e
inversamente proporzionali. Poi li
rivedo, i vecchi amici, tutti per uno,
come fosse stato ieri l'ultima volta,
ne incontro i figli, e intanto recupero
ricordi, un libro da cui tutto è nato
e tutto continua a nascere, comprese
queste parole. Da solo, una volta
a casa, sfoglio il primo romanzo che
ho provato a leggere, ventimila leghe,
ferma più o meno a dodicimila.
Sarà l'ultima storia che leggerò,
e in questo modo il cerchio verrà
chiuso una volta per tutte.

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