20080516

#8

L'intersecarsi di oggetti alti e stretti con lo stipite della porta del bagno sul limitare del suo campo visivo ad ogni suo spostamento mentre si lavava i denti facendo su e giù da e verso il lavandino (oggetti come una scopa rimasta in sala dall'ultimo tentativo - diverse settimane prima - di porre fine al dominio altrimenti incontrastato della polvere in casa sua, o l'attaccapanni di design spoglio come un albero in inverno a causa dell'ormai così lunga da sembrare congenita assenza di ospiti) gli dava l'agghiacciante sensazione che ci fosse qualcuno in casa, fuori dal bagno, una presenza fisica eppure evanescente, di sicuro ultraterrena e malintenzionata.
Finì di lavarsi i denti in fretta e furia e si precipitò al telefono per comporre uno dei tre numeri che conosceva ormai a memoria.
Da quando sua moglie lo aveva lasciato (all'improvviso, a suo dire, più di due anni prima, per un magnate della carne in scatola che avrebbe potuto essere il nonno di suo nonno) passava al telefono una quantità di tempo letteralmente spaventosa. Anche quando non era in casa e non era in ufficio, andava in giro col cellulare in una mano - leggermente e mollemente protesa in avanti - e l'auricolare infilato in un orecchio, parlando a bassa voce e fissando qualcosa che poteva essere un aereo che non c'era, il che dava a tutti e a buon diritto la non così errata impressione che fosse in contatto costante col suo analista.

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